Villa Manin, Codroipo

Localizzazione
Codroipo (UD) Passariano
Oggetto
villa
Denominazione
Villa Manin
Autore
Rossi Domenico (1657/ 1737)
Benoni Giuseppe (1618/ 1684)
Dorigny Louis (1654/ 1742)
Massari Giorgio (1686 ca./ 1766)
Avon Gianni (1922/ 2006)
Uso storico
residenza
Uso attuale
uffici
Codice scheda
A_1102

La villa, in stile longheniano, è affiancata da due barchesse porticate che racchiudono un giardino d'onore con peschiere a lato del cancello d'ingresso. La parte antistante è una corte di grandi dimensioni costituita da una piazza quadra definita da cortine monumentali a est e a ovest e una piazza di forma rotonda racchiusa da due edifici porticati a pianta semicircolare (esedre) e conclusi con due torri. Tra le torri, che si affacciano su due peschiere, passa il viale di accesso al complesso posto in asse con la villa. Sul retro del palazzo dominicale si estende un immenso parco recintato da una muraglia mistilinea, organizzato alla francese, sul modello di Versailles. A ridosso della barchessa est la cappella, originaria chiesa del borgo, è posta in modo da essere accessibile anche dall'interno della villa. Attorno, alcuni edifici rurali testimoniano il primitivo insediamento e le abitazioni di alcuni dei dipendenti dei nobili Manin.

Nel 1655 Lodovico acquisì i terreni necessari all'edificazione della villa si mise in contatto con le migliori maestranze locali e ordinò una grandissima quantità di pietre per la realizzazione di una sontuosa dimora, su disegno dello stesso Lodovico e di Giuseppe Benoni, “proto pubblico” e soprintendente alla realizzazione della fortezza di Palma, nonché architetto emergente. Successivamente venne contattato il veneziano Pietro Bagattella, architetto-tagliapietre, per altre strutture del palazzo nonché per studiare un sistema di collegamento tra la laguna e la valle del Tagliamento. Lodovico si occupò anche del restauro della poverissima chiesa del paese, opera cominciata dal defunto fratello Ottaviano. Il cantiere venne fermato alla morte di Lodovico, avvenuta il 23 febbraio 1659, e fu ripreso alcuni anni più tardi dal figlio Francesco IV. Il disegno del complesso venne rivisto e affidato a Giovan Battista Spinelli. Un documento del 1671 fa riferimento ai materiali che continuavano a giungere a Persereano a testimonianza che la villa era quasi completata. Negli anni successivi vennero realizzate le due barchesse con il porticato disegnato da Benoni. All'epoca la villa era costituita da un edificio centrale affiancato da due ali laterali assimilabili a torri. Le foresterie sul retro racchiudevano un giardino, mentre le barchesse porticate sul fronte principale delimitavano il cortile d'onore. La facciata riprendeva i caratteri delle ville palladiane unitamente allo stile barocco e alla tradizione friulana. Il palazzo venne riccamente decorato e l'interno affrescato con paesaggi, figure di donne e scenografie architettoniche. Contemporaneamente anche il villaggio andava modificandosi acquisendo via via l'aspetto di un paese. Francesco, continuando ancora una volta l'opera del padre, fece ristrutturare le case coloniche dando loro un aspetto più consono alla nuova realtà in cui si trovavano. Nel 1702 Antonio Manin ospitò in villa il patriarca Dolfin segnando così l'inizio dei soggiorni di ospiti illustri in villa. Quesfece nascere la volontà di ampliare ulteriormente il palazzo per renderlo ancora più ricco e imponente. Nel 1705 ripresero i lavori all'interno con Carlo Giuseppe Solari e Pietro Tadio, mentre in seguito furono risistemate le barchesseAll'architetto luganese Domenico Rossi fu affidato il compito di disegnare una piazza antistante il cortile d'onore per separare la villa dagli edifici rustici del paese. L'architetto progettò la "Piazza Quadra", due quinte polilobate con imponenti portali ed archi trionfali che costituivano un diaframma e chiudevano la visuale verso l'esterno. L'incarico non venne affidato a Rossi casualmente, ma il promettente architetto venne scelto dai Manin anche per altri lavori a Venezia poiché era stato osservato durante le sue esperienze precedenti nella città lagunare.Nel 1709 lavorarono all'interno della villa Louis Dorigny e Abbondio Stazio, esperto nella realizzazione di stucchi barocchi, per decorare gli scaloni e l’interno della cappella, ristrutturata nei primi anni del Settecento. A Dorigny venne affidata la decorazione di una sala al piano terra del corpo gentilizio. I Manin attorno al 1710 decisero di ampliare ulteriormente il complesso costruendo un giardino unico nel suo genere. Allo stesso tempo procedevano i lavori di abbellimento degli interni della villa a opera di Serini e di Oretti. Verso il 1730 venne rifatto lo scalone di accesso alla villa e vennero scavate le peschiere a lato del cancello. Tuttavia l'intervento più scenografico venne realizzato solo a questo punto su disegno di Domenico Rossi: una "Piazza Tonda" per il progetto della quale il Rossi si ispirò al colonnato di San Pietro del Bernini. Nel progetto, realizzato, dalle quinte trionfali si dipartono due edifici ad emiciclo con colonnato che si concludono con due torri. Al di sopra delle arcate del colonnato, in asse con gli archi, si trova un attico con aperture poligonali sormontate da vasi decorativi. La cappella venne anch'essa inglobata all'interno del complesso pur mantenendo la sua facciata classicheggiante all'esterno verso la piazza del villaggio. Fu Antonio Manin a occuparsi della sistemazione dell'apparato decorativo della sacrestia e della chiesa, ispirandosi alla sua cultura gesuita. L'altare venne realizzato con marmi policromi e putti alati, cherubini e raggi dorati posti attorno a una Madonna con Bambino, opere realizzate da Torretti che si occupò anche della decorazione della sacrestia. Nel frattempo pure all'esterno numerosi professionisti erano impegnati nella decorazione delle barchesse e delle esedre. Il ruolo delle statue era autocelebrativo per cui i Manin scelsero i soggetti da rappresentare tra i racconti mitologici. Attorno al 1730 si ampliò la barchessa di ponente e vennero ornate le terminazioni di entrambe rivolte verso la piazza. L’attenzione venne in questo periodo focalizzata sulle strutture e sulle proporzioni del palazzo dominicale e fu richiesto l’intervento dell’ing. Bernardino Zendrini. La relazione stilata rivelò le molte deficienze dell’edificio e con la collaborazione dell’architetto Giorgio Massari venne fatto il progetto di ristrutturazione. Il corpo dominicale assunse l’aspetto che ancor oggi possiamo vedere; la parte centrale fu soprelevata di un piano e decorata con sei paraste a capitelli corinzi

BIBLIOGRAFIA

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