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pavimento: D.O.M./ MAPHAEO A PORTA CANON. VTIN./ NOVISSIMA. SOLA. SOLI./ POSITA DOMVS/MDCLIX
La chiesa, incorporata nel settore nord-occidentale del complesso monastico di S. Chiara, si affaccia con il prospetto principale - fronte ovest - su una piccola area verde. Il terreno è prospiciente l'antica roggia, ora piccolo laghetto artificiale, che scorreva, fino agli anni Cinquanta del Novecento, lungo via Gemona; al fondo si accedeva attraverso un ponticello. L'edificio - pur con modifiche seriori - si uniforma al canone di semplicità che contraddistingue l'architettura francescana del XIII secolo: la chiesa è, infatti, costituita da un'aula rettangolare, coperta da un tetto a doppia falda. Sul lato settentrionale, accostata alla chiesa, vi è la piccola sacrestia, a pianta rettangolare, con soffitto piano, intonacato, e due finestre rettangolari con cornice in pietra, che si aprono sulla parete nord. La facciata a capanna, più alta rispetto al coperto dell'aula, è caratterizzata da un motivo ad archetti pensili lungo gli spioventi; presenta, al centro, il portale maggiore lapideo, segnato ai lati da due lesene ioniche e sormontato da un timpano lobato, con cancello in ferro battuto. Al di sopra, si aprono un rosone, con ricca decorazione a traforo, e due aperture rettangolari, inscritte entro lunettoni, presumibilmente secenteschi. A fianco della porta principale, sulla destra, c'è una piccola porta, che consente l'accesso diretto alle scale che conducono alla cantoria costruita in controfacciata. L'interno, con ampia navata unica, è illuminato da sei finestre semicircolari - tre su ciascun fianco - che si aprono in corrispondenza degli unghioni presenti nel soffitto. Quest'ultimo, piano nella parte centrale, è suddiviso in tre riquadri, incorniciati da un apparato decorativo a stucco, in cui sono rappresentati l'Immacolata, il Trionfo della Croce e S. Chiara coronata in cielo; nei campi minori dieci figure di Profeti. Al di sotto corre, tutto intorno all'aula, un largo fregio, entro doppio cornicione, con decorazioni plastiche in stucco e pittoriche - in medaglioni ovali - che raffigurano le Virtù Teologali, la Religione Cattolica ed alcune sante dell'ordine francescano o figure bibliche, l'Annunciazione (ai lati dell'altare maggiore) e Adamo ed Eva scacciati dal Paradiso (in controfacciata). Negli sguanci delle finestre, inseriti in medaglioni trilobati, vi sono putti tra nubi e raffigurazioni di vario genere con cartigli contenenti versetti biblici. Nell'aula trovano posto, addossati alle pareti laterali, gli altari minori in marmi policromi, dedicati a S. Venanzio e S. Felicita, e l'altare maggiore, di notevoli proporzioni, il cui scomparto mediano è occupato dalla pala seicentesca raffigurante il Padre Eterno ed i Santi Giovani Battista, Francesco e Chiara. Sulla parete orientale dell'aula si trovavano due aperture, successivamente tamponate, che ora sono occultate da decorazioni; nelle pareti laterali, disposte simmetricamente, vi sono due porte, tramite cui si accede alla sacrestia (lato nord) e al chiostro (lato sud). In controfacciata, si trova, sopra la bussola, l'organo con la cantoria lignea. Anche la cantoria e i sovrapporta delle bussole, che nascondono le scale d'accesso, sono impreziosite da decorazioni ottocentesche con putti che suonano, giocano, reggono corone e la figura di S. Chiara entro riquadri a sfondo oro. La pavimentazione dell'aula e della sacrestia è in mattonelle di cotto colorate, disposte in diagonale. L'autore dei dipinti, il pittore Giulio Quaglio, ha firmato e datato la sua opera in un'iscrizione posta nell'ovato in cui è raffigurata Ester, sopra l'altare di S. Venanzio, nella parete sinistra della chiesa.
Fin dall'epoca longobarda (VIII-IX secolo) nel luogo dove ora sorge la chiesa di Santa Chiara esiste un oratorio dedicato a San Giovanni Battista. Sul terreno contiguo, accanto ad una casa, con relative adiacenze, di proprietà di Enrico Stanca, detto Uccellutto, di origine Savorgnan, si trova anche una cella, luogo di ritiro per alcune monache provenienti dal monastero di Gemona e da quello di Santa Chiara di Cividale. Lo stesso Uccellutto, al fine di ampliare la cella già esistente, supplica il patriarca Raimondo della Torre di concedergli un appezzamento di terreno. Nel 1294 il patriarca lo esaudisce donandogli un fondo, prospiciente a quelli già in suo possesso, “in loco qui dicitur Somriva, vulgariter versus portam per quam itur Glemonam”. Nello stesso anno viene posta la prima pietra del convento. L'11 dicembre del 1306 la costruzione della chiesa può dirsi conclusa: il patriarca Ottobono consacra l'altare maggiore. Il 1° febbraio dell'anno seguente sempre Ottobono, alla presenza dei vescovi suffraganei di Padova, Vicenza, Trieste, Feltre, Treviso, Ceneda e Lubiana, consacra solennemente l'intero bene. Agli inizi del Quattrocento il monastero e la chiesa subiscono dei danni a seguito della guerra che vede opposta la Repubblica di Venezia, di cui la famiglia Savorgnan è alleata, a Sigismondo, re d'Ungheria. Nel 1599 il patriarca Francesco Barbaro, nell'ambito della risistemazione delle parrocchie della città, attribuisce alla chiesa di Santa Chiara le funzioni di parrocchiale in considerazione del fatto che gli abitanti del borgo sono privi della loro chiesa dedicata a San Quirino, demolita nel 1571. Nella seconda metà del Seicento si avviano nell'edificio consistenti lavori di ripristino e di abbellimento interno, con la realizzazione di quadri (pala d'altare di Eugenio Pini), sculture (altare maggiore in marmi policromi, angeli ceroferari in marmo di Carrara dei fratelli Marinali) e altre significative opere (monumento funebre in marmo grigio di Carnia per Maffeo della Porta e organo costruito dal veronese Carlo de Boni collocato in controfacciata). Nel 1663 il patriarca Giovanni Delfino consacra due nuovi altari: quello maggiore dedicato a Santa Chiara e quello di destra a Santa Cecilia. Il 26 agosto 1677 lo stesso patriarca Delfino, per ovviare al disagio arrecato alla chiesa di Santa Chiara dall'officiatura delle messe per via del ruolo parrocchiale che riveste, decreta il trasferimento di tale funzione alla chiesa di S. Maria della Misericordia. Questo piccolo edificio, le cui origini sono oscure, viene ricordato nella relazione della visita pastorale di Francesco Barbaro del 1601 e compare costantemente - accanto o a ridosso della facciata della chiesa di Santa Chiara - nelle vedute della metà del Seicento. La sua demolizione viene stabilita solo nel 1703. Nelle vedute della stessa epoca nella parte posteriore, sul lato settentrionale, s'innalza anche un piccolo campanile, attaccato al corpo del monastero. Nel 1699 il maestro muraro G.B. Valnegra viene incaricato di riformare l'edificio e trasformarlo secondo il gusto barocco dell'epoca. Il Valnegra, innanzi tutto, compie dei lavori di ristrutturazione, sanando problemi antichi di umidità e filtrazioni d'acqua, mette a nuovo il coperto e la parte terminale della facciata che si eleva oltre il tetto, porta a piombo l'intonaco della parete settentrionale, apre fornici e, all'interno, realizza le modanature del fregio ed i riquadri del soffitto. Per attuare il programma di rinnovamento dell'interno dell'edificio si avvale dell'assistenza del pittore Giulio Quaglio, cui viene demandato il compito di affrescare il fregio sulle pareti ed il soffitto, e di altri maestri, probabilmente lombardi, per l'esecuzione dell'ornamentazione a stucco. La chiesa, quindi, già definita nel suo impianto plani-volumetrico non viene più modificata, presentandosi, subito dopo la metà del Seicento, nelle stesse forme in cui ancora oggi appare. Nei primi decenni del Settecento la chiesa è di nuovo oggetto di interventi che riguardano l'interno (realizzazione degli altari laterali dedicati a S. Venanzio e a S. Felicita) e le adiacenze (demolizione della piccola chiesa di S. Maria della Misericordia, costruzione dell'alto muraglione in pietre, sassi e laterizi, a vista, che separa i terreni di proprietà del convento dall'ex vicolo Zamparutti - attuale via S. Chiara, acquisizione della piazzetta antistante la chiesa). Dopo la soppressione del monastero, decretata con la legge n. 3036 del 7 luglio 1866, ed il trasferimento delle monache, nel 1868 si avvia il restauro dell'intero complesso; in chiesa vengono compiuti dei lavori di ripristino e vengono tamponati i due fori esistenti ai lati dell'altare maggiore, sulla parete di fondo della chiesa. Infine, verso la metà del Novecento la roggia che lambisce il giardino su cui si affaccia il fronte principale della chiesa viene coperta e, al suo posto, viene creato un piccolo laghetto artificiale. Agli inizi degli anni Novanta l'edificio, in precario stato di conservazione, è sottoposto ad interventi di risanamento statico delle strutture murarie e di ripristino degli intonaci interni. Attualmente (2017) gli affreschi della parete settentrionale dell'edificio sono sottoposti ad un restauro conservativo.
Edificio ad aula unica rettangolare con annessa sacrestia a pianta rettangolare, muratura mista intonacata, tetto dell'aula a due falde e della sacrestia a una falda, con orditura lignea.
Bergamini G./ Masutti V., L'Educandato Uccellis nella storia e nell'arte, Udine 1999
De Piero G., Brevi note storiche sulle antiche parrocchie della città di Udine (chiese, monasteri, ospedali, oratori, cappelle, ospizi e collegi), Udine 1982