in basso a destra: Cantà 2013
Cantà organizza i segni in 'coaguli' che mappano visivamente il foglio, creando una narrativa esplicita. In "Senza luogo", riflette criticamente sulla realtà con segni graffianti e tormentati, che diventano una finestra sul mondo.
L’opera in esame è stata donata dall’artista all’Ateneo in occasione della mostra personale allestita presso la Sala degli Atti del Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali, Matematiche e Statistiche “Bruno de Finetti” aperta nel novembre del 2013.
Nella sua ultima produzione Cantà tende a rendere esplicita la dimensione narrativa del dato segnico, raccogliendolo intorno a gruppi ben definiti di ‘coaguli’ che rendono intellegibile la trama scandendo una sorta di ‘mappatura’ del foglio. A questo microcosmo rimanda anche Senza luogo, che sin dal titolo pare espressione di una lettura tutt’altro che consolatoria della realtà che ci circonda, segnata da quella desertificazione dell’animo – un “nonluogo” nel senso dato al termine da Marc Augé – con cui l’artista sembra a tratti voler dialogare cercando nel contempo di ovviare ai suoi esiti nefasti. Per Cantà questa meditata sequenza di segni, graffiante, tormentati e sempre più spesso eloquenti, diventa un’autentica finestra sul mondo, uno spazio dove incanalare la propria ansia di verità.
Il fare pittorico di Cantà è solo apparentemente simile a una scrittura automatica di matrice surrealista, potrebbe essere meglio definito come una sorta di epifania del segno, che assume di volta in volta una valenza diversa e sempre nuova. Sul piano stilistico, al suggestivo accostamento alle Periferie di Sironi a suo tempo prospettato da Sileno Salvagnini per i paesaggi ‘archeologici’ degli anni novanta, si può forse aggiungere un più compiuto riferimento all’universo segnico di protagonisti dell’espressionismo astratto statunitense come Marc Tobey, ma anche alle ineffabili Amalasunte di Osvaldo Licini, cui l’artista aveva dedicato la propria tesi di laurea e che hannno segnato in modo indelebile il suo orizzonte visivo. Il percorso di Cantà di questi ultimi anni sembra però essersi indirizzato su di un orizzonte ancor più marcatamente intimistico, a un’analisi più circostanziata e meditata dei dati sensoriali: si spiega così anche la quasi totale assenza di colore dalle sue composizioni, un dato che racconta una riflessione sempre più circospetta sull’universo che ci circonda.
De Grassi, Massimo, Schede, in "Ricorda e Splendi". Catalogo delle opere d'arte dell'Università degli Studi di Trieste, Trieste 2024