cartiglio retto da Daniele: DANIEL PROPHETA
Su uno sfondo di rovine architettoniche sono raffigurati i due santi: a destra Daniele, di aspetto giovanile, vestito con una corta tunica verde, un lungo manto rosso e alti calzari, è accompagnato due leoni e regge un filatterio nella mano destra mentre con l’altra addita il libro retto da Sant'Agostino. Il vescovo di Ippona, che grandeggia sulla sinistra, regge il pastorale e un libro, mentre un putto in volo sostiene la mitria sopra il suo capo. Indossa una preziosa dalmatica di velluto rosso, il cui stolone è arricchito da immagini di santi entro nicchie.
Il dipinto apparteneva in origine alla chiesa dei Santi Agostino e Daniele, che sorgeva sopra la Fontana dei Ferri sulla piazzetta del Municipio. Quando l'edificio fu demolito, nel XVIII secolo, la tela fu trasportata nel Duomo. Marchetti (1958), che per primo la cita ricordandone la tradizionale attribuizione a Pomponio Amalteo (presente a più riprese a Gemona e nel territorio circostante), la ritiene probabile opera di Sebastiano Secante il Vecchio. La sua proposta viene in seguito accertata da Brunetti (1972-1973), Clonfero (1974) e Bergamini (2006); la Floreani (1961-1962) invece vi riconosce la mano di Bernardino Blaceo, sulla base dei confronti con i Santi della pala da questi dipinta nel 1552 per Rivignano, mentre la Marioni Bros ( 1988) ritiene che l'autore vada "ricercato fra gli epigoni del Pordenone". L’individuazione dell’autografia del dipinto è tutt’altro che semplice, sia per la mancanza di qualsiasi documentazione, sia perchè vi si trovano stilemi comuni a diversi pittori della scuola udinese della metà del Cinquecento, non tali però da permettere di riconoscere con sicurezza la mano di uno dei membri della famiglia dei Secante (a proposito dei quali si deve sottolineare che mentre le personalità di Giacomo Secante e Secante Secanti risultano in qualche modo già abbozzate, la ricostruzione di quelle degli altri esponenti necessitano di studi ulteriori) o di Bernardino Blaceo, Francesco Floreali, Giovanni Battista Grassi. Stando alle opere firmate e a quelle che gli vengono concordemente attribuite, sembrerebbe di poter assegnare la pala di Gemona a Sebastiano Secante il Vecchio (morto nel 1581), ritenuto già da Cavalcaselle un seguace della maniera di Pellegrino da San Daniele, dal quale potrebbe essergli derivato il motivo dell'architettura in rovina, che non trova riscontro nelle opere del Blaceo, di Floreani e del Grassi, ma è invece presente in quest'opera così come nella pala firmata e datata 1558 che lo stesso Sebastiano eseguì per la chiesa di San Giovanni a Gemona.
Marioni Bros L., Inventario dei beni culturali mobili ricoverati nei depositi del Museo diocesano di Udine dopo il terremoto del 1976 (schede), in Un museo nel terremoto, Udine/ Pordenone 1988
Merluzzi F., Pittura, in Il duomo di Santa Maria Assunta di Gemona, Gemona del Friuli (UD) 1987
Bergamini G., Il Rinascimento, in Enciclopedia Monografica del Friuli-Venezia Giulia, Udine 1980, vol. III, t. 3
Clonfero G., Gemona del Friuli, Udine 1974
Brunetti A., La famiglia di pittori Secanti, 1972-1973
Floreani G., La pittura minore del '500 in Friuli, 1961-1962
Marchetti G., Gemona e il suo mandamento, Udine 1958
Cavalcaselle G.B., La pittura friulana del Rinascimento, Vicenza 1973