La crocifissione, scomparto di polittico dipinto

Oggetto
scomparto di polittico dipinto
Soggetto
crocifissione di Cristo
Autore
Fogolino Marcello (1483-1488/ 1558 post) - bottega
Cronologia
1540 - 1550
Misure
cm - altezza 95, larghezza 67
Codice scheda
OA_7722
Collocazione
Gorizia (GO)
Musei Provinciali di Borgo Castello
Musei Provinciali. Pinacoteca
Iscrizioni

Al centro della composizione vi è il Cristo crocifisso con ai lati la Vergine Maria e San Giovanni Evangelista. La Vergine indossa un manto blu ed è in atteggiamento di preghiera, mentre San Giovanni, con veste rossa e manto bianco, osserva il Cristo con sguardo dolente. In posizione retrostante al gruppo principale, troviamo altre figure che partecipano al dramma. A sinistra, una delle Pie donne con con veste gialla, manto arancio e il capo coperto da un velo bianco. In ginocchio, posizionata dietro alla croce, vi è la Maddalena con la veste rossa. Il gruppo alla sinistra della croce è formato da due soldati in armatura con scudi e armi in asta. Sotto la croce è posizionato il teschio e sopra il braccio verticale il titulus riportante la scritta I.N.R.I. Lo sfondo è caratterizzato da un paesaggio collinare ove si scorge una città turrita.

Il dipinto, acquistato assieme al dipinto n. inv. 001/06 dagli eredi di Silverio de Baguer, non è stato perlopiù messo in relazione con esso dagli studiosi che se ne sono occupati. Si deve al nostro esame la scoperta che il dipinto costituiva l'altra faccia della tavola, dipinta sui due lati perché nel battente d'un Flügelaltar, col Sacrificio d'Isacco da cui era stato diviso resecando la tavola a mezzo. Questa tavola a nostro avviso faceva parte, assieme alle quattro provenienti dalla collezione Lantieri, ora acquistate dalla fondazione della Cassa di Risparmio, del Flügelaltar della cappella del Castello di Riffembergo, allora recente acquisizione dei Lantieri (inv. 001/06)). La Crocifissione infatti fa serie continua con le scene della Passione (L'ultima cena e L’ Incoronazione di spine) che compaiono su una faccia delle tavole dipinte su entrambi i lati del gruppo Lantieri. Come per queste ultime anche per La Crocifissione il pittore usa come modello iconografico una incisione di Dürer (B.13, bulino, Piccola Passione, 1511) che copia pedissequamente. Com'è noto nel Quattrocento e Cinquecento era prassi corrente il ricorso a modelli incisori per la composizione di dipinti o bassorilievi. Tuttavia, come sottolinea Casadio (1996, p. 221), la copia puntuale caratterizza piuttosto i pittori del Quattrocento che quelli cinquecenteschi che tendono a usare i modelli incisori con maggiore libertà, spesso contaminando più fogli. Studi recenti indicano inoltre come l'uso delle stampe tedesche fosse comune anche fra i maestri italiani soprattutto d'area subalpina (Gianfrancesco da Tolmezzo, Pellegrino da San Daniele, Francesco da Milano, Pordenone, Romanino ecc). È quindi difficile dire, senza l'ausilio di ulteriori dati, se il pittore che collabora con Fogolino in questo Flügelaltar è italiano o tedesco. Infatti, negli anni Trenta del Cinquecento quando lavora a Trento, Marcello Fogolino ha una numerosa bottega (oltre il fratello-ombra Matteo) dove compaiono sia maestri italiani che tedeschi (CHINI 1985; LONGO 1996). Non è quindi difficile immaginare che uno di essi lo abbia aiutato a terminare rapidamente la commessa goriziana. A differenza di Villa (2004, p. 246 nota 45) crediamo infatti che il pittore "della Passione" non sia lo stesso Fogolino, che pur, come capobottega, deve aver sovrinteso all'uniformità dell'intero altare. Infatti, anche se immaginiamo che l'uso d'un modello stilisticamente definito come le incisioni di Dürer possa aver influenzato il pittore inducendo delle variazioni stilistiche (così ad esempio ritengono la Furlan (1975, pp. 3-18) e Lucco (1983, pp. 17-85) per quanto riguarda le pitture di Francesco da Milano a Conegliano vi sono differenze tecnico-stilistiche - come il disegno soggiacente e il ductus pittorico - che ci fanno credere che i dipinti della Passione siano opera di un diverso pittore che, per certi vezzi nella stesura del colore e nel disegno, sembrerebbe tedesco. Infatti gli affreschi di Francesco da Milano nella scuola dei Battuti a Conegliano che Fiocco, Coletti e Fogolari ritenevano di artisti diversi fino all'intervento del Meyer zur Cappellen (1972), mostrano sì delle variazioni stilistiche, ma anche un'indubbia uniformità pittorica, che non ravvisiamo invece in queste tavole. Le misure dalla cappella di San Pancrazio nel castello di Riffembergo, quella delle tavole e la rilevazione statistica degli altari a battenti nell'area compresa tra Carnia, Carinzia e Carniola ci fanno ipotizzare che l'altare avesse due tavole dipinte per battente, e che le tavole Lantieri non dipinte sul retro fossero in origine nelle "Standflügeln a doppio registro" che sembrano caratterizzare proprio alcuni altari villacchesi o della valle del Vipacco (come quello laterale destro a Maria Elend in Rosental o quello di S. Croce a Quisca). Il riconoscimento dei due dipinti del Museo di Gorizia e la scoperta della loro relazione con quelli Lantieri, fornisce un ulteriore tassello all'ipotesi ricostruttiva (ancora largamente lacunosa e indiziaria) del Flügelaltar della cappella del castello di Riffembergo. Le tavole con le scene della Passione verosimilmente ornavano le facce interne, mentre quelle con le scene veterotestamentarie le facce esterne dei battenti e le Flügelaltar. Alcuni aspetti conservativi, come la minore crettatura delle tavole con la Passione, ma anche una statistica sulla collocazione delle scene cristologiche negli altari a battenti cinquecenteschi in quest'area, ci fa pensare che le scene della Passione fossero in origine all'interno delle ante. Se la nostra ricostruzione è attendibile mancherebbe dunque una tavola con una scena della Passione sulla facies festiva ed una con una scena veterotestamentaria su quella feriale dei battenti, e almeno due tavole non dipinte sul retro con scene mosaiche o del vecchio testamento per le Standflugeln. Nulla è dato sapere su quanto era raffigurato nello scrigno: neppure se esso era ornato da decori a rilievo o pitture (Flügelretabel). Purtroppo nemmeno le visite pastorali più attente [...] dicono nulla in proposito. La visitatio apostolica del Porcia però indirettamente fornisce alcuni elementi interessanti per spiegare la singolare rilevanza dell'iconografia veterotestamentaria in quest'altare. Sappiamo infatti che la Riforma era ampiamente diffusa nella valle del Vipacco e che Lorenzo Lantieri, come il padre Gaspare che verosimilmente commissionò l'altare, era luterano, tant'è che di fatto impedisce al visitatore apostolico di entrare nel castello di Riffembergo [...]. Com'è noto negli altari a battenti preriformati è difficile trovare tante prefigurazioni veterotestamentarie della vita di Cristo (perlopiù si trovano, sul retro, le storie di Adamo ed Eva) mentre esse caratterizzano gli altari luterani (si pensi all'altare-manifesto del luteranesimo di Cranach il Vecchio a Lutherstadt). Nell'iconografia controriformata vi sarà poi una più ampia diffusione di temi veterotestamentari, ma alla metà del Cinquecento essi non sono così numerosi (se non come prefigurazione del tema eucaristico così caro alla controriforma cattolica per il dogma della transustanziazione). È quindi un'ipotesi suggestiva il mettere in relazione la particolare iconografia di questo altare con il credo del committente. Anche se la prudenza di Gaspare (che non assume mai gli atteggiamenti apertamente riformati del figlio Lorenzo) gli fa scegliere un'iconografia che potrebbe essere sia riformata che controriformata. La preponderanza delle scene mosaiche tra quelle veterotestamentarie potrebbe dipendere invece anche da una scelta di Fogolino. Infatti egli aveva terminato l'anno precedente (1547) ad Ascoli Piceno, per il colto prelato Philos Roverella che aveva conosciuto a Trento, una serie di affreschi con scene mosaiche. Avrà quindi accondisceso di buon grado a questa iconografia a lui ben nota e per la quale possedeva verosimilmente numerosi disegni (in effetti vi sono numerosi particolari delle scene mosaiche di Ascoli ripresi testualmente nelle tavole goriziane). La tecnica pittorica della Crocifissione ricorda, come già accennato, quella delle due tavole della Passione del gruppo Lantieri. Medesimo è il preciso disegno soggiacente ripassato in inchiostro blu-nero e la fluida stesura del colore, assai meno pastosa che nel Sacrificio di Isacco e nelle scene veterotestamentarie. Perciò riteniamo che questo pittore non sia da identificare con lo stesso Fogolino, ma che si tratti di un maestro, forse tedesco, che lavora temporaneamente nella sua bottega. Del resto negli ultimi anni nuovi studi sull'organizzazione del lavoro nelle botteghe artistiche del Cinquecento e un'attenta rilettura di documenti hanno chiarito che l'autografia del maestro capobottega nei flügelaltare, è spesso limitata anche se è giusto, come del resto facevano i contemporanei, estenderla in senso lato all'intero complesso che usciva dalla bottega con l’imprimatur del maestro. (PERUSINI 2007, p. 42)

BIBLIOGRAFIA

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Perusini T., La provenienza delle tavole e le ipotesi ricostruttive, in Marcello Fogolino a Gorizia. Ricostruzione di un capolavoro disperso del XVI secolo, Gorizia 2008

Marcello Fogolino, Marcello Fogolino a Gorizia. Ricostruzione di un capolavoro disperso del XVI secolo, Gorizia 2008

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