Ricordo d'inverno, dipinto, Monai Fulvio, XX

Oggetto
dipinto
Soggetto
non figurativo
Autore
Monai Fulvio (1926/ 1999)
Cronologia
1972
Misure
cm - altezza 80, larghezza 100
Codice scheda
OA_7882
Collocazione
Gorizia (GO)
Palazzo Attems Petzenstein
Musei Provinciali. Pinacoteca
Iscrizioni

Composizione non figurativa caratterizzata da macchie di colore marrone e viola che emergono da un fondo azzurro e bianco.

Il dipinto, acquistato alla mostra personale tenutasi presso il Centro Stella Matutina nell’aprile del 1972, costituisce una testimonianza interessante della pittura di Fulvio Monai, artista di origini istriane, che dalla natia Pola si era trasferito, nel 1947, a Gorizia dove risiedette stabilmente fino alla morte. Allievo in patria del pittore Romano Conversano, aveva proseguito il suo percorso da autodidatta associando all’attività figurativa quella di critico d’arte, parimenti nota e legata alla lunga collaborazione con il quotidiano «Il Piccolo» e con riviste specializzate locali come «Studi Goriziani» e «Iniziativa Isontina». Solerte organizzatore di eventi culturali, Monai fece parte del consiglio direttivo del Centro Friulano Arti Plastiche di Udine e fu membro della Commissione diocesana per l’arte sacra di Gorizia. Negli anni Cinquanta animò, nelle vesti di socio fondatore, l’Associazione Provinciale Artisti Isontini impegnata nell’organizzazione delle esposizioni Biennali che, allestite nel capoluogo isontino fino al 1958, vi rappresentarono qualificate occasioni per la valorizzazione dei giovani artisti a livello regionale e nazionale. Se le prime prove del pittore si attestano sul recupero di stilemi legati al realismo della raffigurazione, già al termine del sesto decennio del secolo egli si orienta su una stilizzazione formale sorretta dal colore che, col passare del tempo, diviene più libero e vaporoso accostandosi alle poetiche dell’Informale. Commentando la propria personale evoluzione figurativa nel diario Appunti sulla mia pittura che Fulvio Monai tenne lungo tutto il corso della sua attività, nel marzo del 1972, egli ebbe a scrivere: “Mi interessano sempre più i misteri della luce che trasforma i colori, non in senso impressionistico, bensì secondo la concezione di Turner. Mi pare che [la] luce disintegri le cose, in determinate condizioni, e ne polarizzi le apparenze” (cit. in F. MARRI, Quando guardo i miei quadri mi sembra davvero di riconoscermi, in F. MARRI (a cura di), Fulvio Monai echi e memorie, catalogo della mostra (Gradisca d’Isonzo, Galleria Regionale d’Arte Contemporanea “Luigi Spazzapan”, 7 aprile – 23 giugno 2000, p. 20). L’opera in questione sembra rispondere direttamente a queste sollecitazioni: sul fondo azzurro si dilatano alcune chiazze di colore più scuro che sembrano voler evocare e raffigurare sulla tela, non tanto la realtà della visione quanto piuttosto la rielaborazione che, nel ricordo e in una determinata situazione emotiva, essa ha subito nella mente dell’artista. (GRANSINIGH 2007, p. 188)

BIBLIOGRAFIA

Gransinigh V., Schede, in La Pinacoteca dei Musei Provinciali di Gorizia, Vicenza 2007