dipinto, Piazzetta Giovanni Battista, XVIII

Il Santo è raffigurato secondo l'iconografia tradizionale, con il saio bruno scuro dal cappuccio alzato sul capo, tiene un lungo bastone nella mano sinistra e sfoglia con la destra un libro. In alto a sinistra due testine alate. La luce proveniente da sinistra colpisce il volto, le mani e il libro, creando un forte effetto chiairoscurale e sottolineando l'intersecarsi delle direttrici oblique costituite dal libro aperto e dal bastone che individuano diversi piani spaziali.

Nell'inventario di Giovanni Cossar (101/34) tra i doni che Giuseppe Goriup fece al Museo Civico nel 1915, accanto ai propri quadri, compare un dipinto di "scuola veneta sec. XVI - Santo con teste di amorini - che in data 24.9.1923 Morrassi attribuì al Piazzetta. Si tratta certamente di questo dipinto, che Ranieri Mario Cossar (1948) considerava opera di Federico Bencovich, mentre l'Arslan (1943) lo aveva dato a un anonimo piazzettesco. In occasione della Mostra del Settecento Goriziano del 1956 Morassi (1956) riconfermò il suo precedente giudizio, sostenendo che la tela "è opera tipica, e di qualità eccellente, del Piazzetta medesimo", e suggerendo a riprova il confronto con un altro dipinto assai simile pubblicato dal Pallucchini (Piazzetta, Milano 1956, fig. 68). "L'anacoreta di Gorizia è condotto con una tecnica grassa, oleosa, di origine rembrandtiana, visibile specialmente nelle nocche delle mani rilevate da tocchi brevi e lustri, memori di un Teniers; il netto contorno dà spicco alle parti in luce radente, al bulbo dell'occhio, alle gote, alla fronte, con una nettezza, con una sillabazione che potrebbe ricordare il Ceruti; la barba invece sormontata dai baffi color bistro, è resa fusa e soffice"(Arslan 1943).