Pala Attems, pala d'altare dipinta, Cignaroli Giambettino, XVIII

Oggetto
pala d'altare dipinta
Soggetto
san Michele arcangelo, san Carlo Borromeo, san Sigismondo e san Ludovico di Tolosa
Autore
Cignaroli Giambettino (1706/ 1770)
Cronologia
1756 - 1759
Misure
cm - altezza 317, larghezza 156
Codice scheda
OA_8509
Collocazione
Gorizia (GO)
Palazzo Attems Petzenstein
Musei Provinciali. Pinacoteca

In piedi sopra una nuvola è raffigurato san Michele Arcangelo avvolto in un drappo bianco e un manto azzurro. Con la mano destra sorregge una lancia puntata verso il basso dove è dipinto Lucifero. Ai lati della composizione, a destra è raffigurato san Sigismondo con le braccia incrociate al petto, avvolto in un mantello bianco foderato di rosso sollevato da un angioletto, di cui s'intravvede la testa. Ai piedi del santo è appoggiata la corona. A sinistra in primo piano è raffigurato san Ludovico da Tolosa in armatura e manto damascato color oro nell'atto di guardare in basso il demonio vinto. In basso è appoggiato l'elmo. In secondo piano a sinistra è raffigurato san Carlo Borromeo con il capo chino e le mani congiunte in preghiera. Lo sfondo vede una tenda scura a destra e il cielo azzurro a sinistra.

La Pala Attems fu commissionata a Cignaroli da Sigismondo Attems nel 1756 per l’altare della cappella di famiglia nella chiesa dei minori conventuali di San Francesco in piazza Sant’Antonio a Gorizia. Nella chiesa, che tra il 1745 ed il 1753 aveva sostituito quella di origine medioevale e che verrà demolita nel 1812 in seguito alle soppressioni giuseppine, Sigismondo fece costruire un altare in marmo bianco (1754-1756) commissionando a Cignaroli la pala che lo sovrastava in cui voleva raffigurati i santi di cui lui ed i fratelli portavano i nomi: San Michele, San Sigismondo di Borgogna, San Ludovico di Francia e San Carlo Borromeo. La corrispondenza tra Sigismondo Attems e l’artista veronese veniva pubblicata da Ranieri Mario Cossar nel 1914 (pp. 70-80) e le missive documentano in modo esemplare la storia del dipinto. All’inizio il padre Eustachio Piella di Milano funge da intermediario tra i due giungendo, il 14 luglio 1756, a stabilire con l’artista il prezzo dell’opera - fissato a cento zecchini -, l’invio di un regalo e la data di consegna entro il 1758. Il 25 luglio Cignaroli scriveva direttamente a Sigismondo Attems specificando che il regalo era sempre a “puro arbitrio” del committente “tanto nella qualità, quanto nella quantità: nulla sopra queste due cose io pretendo, mentre cosa ella è riservata interamente all’altrui volere, e a onore dell’aggradimento dell’Opera”. L’artista entrava poi in merito al lavoro: “Quello che presentemente ricerco egli è, se il lume maggiore che illuminerà la Pala viene a cornu Evangelij, o a cornu Epistolae. Inoltre se è vivace detto lume, o pur manchevole. Quanto lontano si vedrà la detta Opera dipinta? Per ultimo quanto alto dal piano è il fondo della detta Pala? […] Oltre le sopradette ricerche, prego V: Ecc:za a significarmi la qualità de due Santi Ludovico, e Sigismondo. Riguardo al primo se egli è il Re di Francia o l’Arci:vo di Tolosa. Come pure riguardo al secondo se è il Re di Spagna”. Il 4 agosto 1756, Sigismondo Attems rispondeva puntualmente a tutte le domande di ordine tecnico e, “circa i Santi, che devono entrare nel Quadro”, specificava “che la figura dominante si è S. Michele, che è il Protettore della mia Casa, poiché si jo, che tutti i miei portiamo il nome di Michele. L’altre figure laterali sono S. Sigismondo Re di Borgogna, S. Ludovico Re di Francia, e S. Carlo Borromeo, che sono i Santi di noi tre Fratelli, portando jo, che sono il primogenito, il nome di Sigismondo, il secondo, che è Colonnello d’Infanteria a servizio di S. M. la nostra Sovrana, e che ora sta per marciare in campagna verso la Boemmia, quello di Ludovico, ed il Terzo, che è l’Arcivescovo, il quale ora si trova in visita della Diocesi della Carintia, quello di Carlo”. Il 7 settembre 1756, Sigismondo Attems avanzava un’ulteriore richiesta a Cignaroli per appagare il desiderio della moglie di avere una “Immagine della Madonna” da lui dipinta. L’opera – di cui si è persa ogni traccia – fu eseguita e consegnata unitamente alla pala, come si evince dalla lettera di Cignaroli all’arcivescovo Carlo Michele Attems – Sigismondo si era spento il 21 marzo 1758 – datata 6 giugno 1759. Nella missiva il pittore riferiva, infatti, di non aver ricevuto il regalo inviatogli da Gorizia come segno di apprezzamento per la pala e per l’ “Immagine della Vergine S:ma”. Il 16 agosto Cignaroli inviava un’analoga nota a Lodovico Attems, figlio di Sigismondo, cui si rivolgeva dieci giorni dopo per confermargli l’arrivo a Venezia di una scatola a lui diretta. L’ultima lettera, datata 8 ottobre 1759 ed indirizzata a Lodovico, riferiva che il regalo è finalmente giunto e l’artista ringraziava vivamente per lo “Scaldavivande e candellieri d’Argento”. Dopo la soppressione della chiesa di San Francesco nel 1812, la Pala Attems veniva collocata nel salone della villa di campagna degli Attems-Petzenstein a Piedimonte (Gorizia) e, nel settembre 1908, il dipinto saliva agli onori della cronaca cittadina con l’esposizione, dopo il restauro eseguito da Angelo Robertelli di Venezia, nel Salone d’onore di Palazzo Attems, dal 1900 sede dei Musei Provinciali. Il “Corriere Friulano” (17.09.1908) riportava che l’opera, di proprietà della famiglia Attems, aveva sofferto “dei guasti del tempo, specialmente nel colore, e due volte il proprietario fece che venisse ristaurato. Ma essendo stati fatti i ristauri col sistema del balsamo copaive [resina estratta da una leguminosa di colore giallastro utilizzata per la produzione di vernici e lacche], per cui volentieri il colore si scrosta, anche il dipinto in discorso ne ha sofferto tanto più che furono impiegato colori ad olio […] Domenica il quadro dalle 10 alle 12 ant. sarà visitabile colà [Palazzo Attems]”. Lunedì 21 settembre il medesimo giornale riportava il successo dell’esposizione -“ieri al Museo provinciale si faceva ressa davanti al quadro”- ponendo l’accento sull’ottimo lavoro dei restauratori e sulle difficoltà che avevano dovuto superare poiché la pala, non essendo stata dipinta su mestica rossa, non assorbiva la colletta necessaria per fissare la pellicola pittorica: “A questa difficoltà si aggiungeva la gran quantità di balsamo di copaive […], invenzione di un illustre chimico di Monaco, [che] dà al dipinto momentaneamente un brio ed una doratura sorprendente, ma poi la sua bella tinta si cambia in ceruleo, e fa screpolare tutto il dipinto”. Anche il “Gazzettino Popolare” (22.11.08) riportava lo straordinario “concorso del pubblico al Museo provinciale. La notizia portata dai giornali locali che vi sarebbe stato esposto il magnifico dipinto del Cignaroli, così meravigliosamente ristaurato dal prof. Angelo Robertelli, interessò un numero rilevantissimo di persone appartenenti alle più svariate caste sociali. Durante le due ore in cui rimase aperto il Museo l’affollamento segnò un continuo e rallegrantissimo crescendo, che è prova indubbia di quanto tutte le classi sentano vivo interessamento per ogni manifestazione d’arte”. (DELNERI 2007, p. 48)

BIBLIOGRAFIA

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