Ritratto di Aurelia Gruber Benco, dipinto

Oggetto
dipinto
Soggetto
ritratto di donna: Aurelia Gruber Benco
Cronologia
1925 - 1926
Misure
cm - altezza 78, larghezza 65.5
Codice scheda
OA_18194
Collocazione
Duino Aurisina (TS), Duino
Collezione privata Gruber Benco Aurelia

Ritratto di donna a mezzo busto, leggermente di tre quarti.

L'opera appartiene ai ritratti degli anni Venti del pittore Gino Parin e rappresenta con ogni probabilità l'esito di un preciso ordine di commissione formulato al pittore triestino, all'epoca ormai all'apice della fama, da un membro della famiglia Gruber-Benco, presso la quale ancora oggi il quadro si trova. Questo non è il solo ritratto di Aurelia Gruber Benco eseguito da Parin. Ne esiste infatti un'altra versione, oggi in possesso del Civico Museo Revoltella di Trieste, in cui la signora Benco è raffigurata a mezzo busto, in una posa di poco variata, ma senza quel sorriso che le anima invece il volto nel ritratto in questione. Alla metà degli anni Venti Parin, dopo un tirocinio formativo che si era dispiegato tra Venezia e Monaco di Baviera, si era conquistato una discreta fama come ritrattista mondano di belle e fascinose signore e risultava molto apprezzato non soltanto alle esposizioni europee, dove a lungo non lesinò la sua presenza, ma anche a Trieste e più in generale in Italia. Il successo dei suoi ritratti era senza ombra di dubbio legato alle componenti culturali della sua formazione, abilmente trasposte e mescolate sulla tela, a creare un conturbante eterno femminino. La conoscenza della pittura Jugendstil, del Simbolismo monacense di Franz von Stuck, presto declinato verso le suggestioni oniriche di Khnopff, l'aura impressionista apprezzata nella pittura di Liebermann, di Max Slevogt e di Fritz von Uhde vanno rapidamente associandosi alla sensualità fatale di Klimt, dando vita in una sintesi del tutto personale, a ritratti mondani di grande effetto, dove una parte importante è altresì giocata dai riferimenti tecnici e compositivi alla fotografia alla moda. Se tutto ciò si fa marcatamente evidente nei ritratti femminili della metà degli anni Dieci realizzati dall'artista, non si può certo dire che se ne sia del tutto esaurito lo spessore in questo ritratto di Aurelia Gruber Benco. Nel suo dipinto l'artista ritrae la giovane donna a mezzo busto e leggermente di tre quarti, in tutta la sua freschezza, evidenziata dalla pienezza dei volumi che però depura dal dettaglio lenticolare, costruendone le forme con una pennellata leggera e vaporosa. La solidità esaltata dei volumi, contro uno sfondo sommariamente neutro, gli deriva dalla lunga esperienza maturata nel campo della pittura Jugendstil e anche se in questo dipinto viene compiuta una decisa virata in direzione impressionista, è palese come l'artista faccia tesoro di tutte le variabili culturali sin qui sperimentate. La pienezza formale è infatti raggiunta con il supporto di una pennellata impressionista che ancora attinge in larga parte alla scuola tedesca. Lo si desume da quella luce che scivola sulle superfici senza mai smaterializzarne i volumi e che viene conseguita con l'ampio ricorso del bianco crema, anzichè ricorrere all'accostamento dei complementari. Al tempo stesso Parin non annienta lo spessore psicologico del personaggio ritratto, ma ne coglie piuttosto tutta la carica e l'intensità emotiva in quel sorriso spontaneo e leggero che riesce a fermare sulla tela. E' questa una traccia della pittura realista conosciuta a Monaco e degli echi della pittura simbolista che dell'enigma dello spirito umano aveva fatto un soggetto di rappresentazione. La spontaneità emotiva che si ritrova in quest'opera viene sapientemente intensificata dall'artista con il ricorso alla tecnica del non finito, ravvisabile nelle ampie porzioni appena abbozzate che contraddistinguono la rappresentazione. Attentamente studiata inoltre risulta la posa, tanto che è lecito pensare che Parin si sia rifatto all'ausilio di una foto. Egli amava infatti lusingare le signore da lui ritratte facendo ampio ricorso all'"effetto visivo miope" che era solito riprodurre con una leggera e vaporosa tecnica impressionista. Anche se le variabili tedesche della sua formazione emergono ancora con una certa intensità in questo dipinto, non si può certo dire che esso manchi di evidenti legami con la contemporanea pittura italiana del suo tempo. Lo sfumato impressionista da esso esibito non può certo non richiamare alla mente infatti le opere di Boldini e del medesimo conterraneo di Parin, Arturo Rietti. La solidità formale che caratterizza qui il soggetto invece, pur conseguita attraverso gli strumenti dell'Impressionismo tedesco, già sembra anticipare quegli sviluppi che nell'opera successiva di Parin porteranno ad un parziale confronto con la pittura novecentista.

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BIBLIOGRAFIA

Ragazzoni C., Gino Parin, Trieste 2003, 5

Da Nova R., Una tesi di laurea sul pittore Gino Parin, in Arte in Friuli Arte a Trieste, Udine 1980, n. 4