Il Compianto sul Cristo morto raffigura la Madonna in pietà al centro, attorniata da gruppi di dolenti, le pie donne e gli apostoli, chi in piedi, chi in ginocchio; sulla sinistra il Golgota con le tre croci e la veduta di Gerusalemme lontana, in parte ripresa da un dipinto dell'Amalteo.
Il dipinto è firmato e datato al centro a sinistra "IL SEGANTE F. 1629". La mancanza del nome accanto al cognome ha portato, in passato alcuni studiosi (Giovanni Battista de Rubeis, Giovanni Tommaso Faccioli, Giocanni Battista Cava1caselle e Giuseppe Bragato) ad assegnare l'opera a Sebastiano Secante junior, altri (Ruggero Zotti) a Sebastiano Secante senior, altri ancora (Chino Ermacora e Lino Pilotti) a Secante Secanti. La discordanza attributiva riflette la grande confusione che regna ancora intorno ai membri della prolifica famiglia artistica dei Secanti, che svolse un ruolo importante nella vita udinese del XVI e XVII secolo, anche se il giudizio espresso su di loro da Fabio di Maniago nella sua Storia delle belle arti friulane (1823) è piuttosto pungente: "I Secanti ebbero la rara sorte che si pensasse d'abbellire la sala d'udienza del Castello, e la rarissima d'esservi eletti, e d'avere la maggior parte. Ma furono costoro schiacciati da tanto peso, e le loro tele ad altro non servirono, che a coprire il vano delle pareti". Allo stato attuale delle nostre conoscenze nel 1629 era in attività il solo Secante Secanti, essendo morti tutti gli altri pittori della famiglia salvo Giacomo il giovane, che però contava soltanto 12 anni (era nato il 25 settembre 1617). A Secante Secanti pare dunque spettare questo Compianto sul Cristo morto. A parte qualche momento felice (l'Apostolo che chiude il quadro a destra, di timbro raffaellesco, ma mutuato, come tutte le altre figure, da affreschi o dipinti dell’Amalteo, presenti nelle chiese di S. Vito al Tagliamento o a Prodolone) il dipinto, che ha uno sviluppo orizzontale privo di un’armonica distribuzione degli elementi costitutivi, si presenta come modesta traduzione provinciale di modelli maggiori. I colori, benché accostati con gusto, sono gessosi, senza luce, le figure sgrammaticate, le espressioni spesso ottuse, gli atteggiamenti incerti e di esteriore drammaticità, le pennellate poco costruttive, più da bozzetto preparatorio che da opera finita. Il dipinto è contenuto entro una cornice lignea alla Sansovino, coeva, di grande bellezza. Di impostazione architettonica, priva dei mascheroni che solitamente caratterizzano questo tipo di cornici, vive di eleganti motivi a volute che si rincorrono; a metà dei lati, piccoli rosoni.
Bergamini G., Dipinti, sculture, incisioni dal Quattrocento all'Ottocento, in La Collezione d'arte della Fondazione Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone. Opere d'arte antica, Ginevra/ Milano 2008, 1