Ritratto di Elena Botta, dipinto, Pagliarini Giovanni, XIX

Oggetto
dipinto
Soggetto
ritratto di donna: Elena Botta
Autore
Pagliarini Giovanni (1808/ 1878) - attr.
Cronologia
1843 ca.
Misure
cm - altezza 78, larghezza 67
Codice scheda
OA_22071
Collocazione
Gorizia (GO)
Musei Provinciali di Borgo Castello
Musei Provinciali. Pinacoteca

L'anziana signora è ritratta a busto intero seduta. Indossa un abito molto semplice scuro arricchito da un colletto in pizzo ricamato e una cuffietta anch'essa con i bordi di pizzi e nastri. Due nastri identici chiudono sotto il mento la cuffia e il colletto. Sulle spalle uno scialle a disegni cashmire e in mano un fazzolettino bianco decorato con ricami.

Seduta, raffigurata a busto intero e con il corpo leggermente ruotato verso sinistra, Elena Botta indossa un abito scuro bordato attorno al collo da pizzo che richiama quello della cuffia sul capo. Uno scialle di cashmire le cinge le spalle mentre in mano stringe un fazzoletto bianco. Come il ritratto del marito Nicola Botta (cfr. inv. 312/06) , l’opera - risalente ai primi anni Quaranta dell’Ottocento - risente dei dubbi recentemente avanzati sulla paternità tominziana dell’effige maschile in cui motivi stilistici hanno suggerito l’attribuzione della tela a Giovanni Pagliarini (1809 – 1878), artista ferrarese giunto a Trieste proprio nel momento di massima attività del maestro goriziano. Numerose sembrano infatti le affinità fra l’opera in esame ed altre tele di sicura paternità pagliariniana, impietose nella definizione della fisionomia e capaci di attrarre l’attenzione del pubblico e della critica del tempo per la capacità dimostrata dall’artista nel cogliere i sentimenti degli effigiati. Pur avendo più volte condiviso l’esaltazione della borghesia triestina per i ritratti di Tominz, Francesco Dall’Ongaro così commentava le prime opere che il ferrarese espose nel capoluogo giuliano: «Quelli che fanno consistere tutto il merito del ritratto nella perfezione con cui rende l’immagine dell’originale, troveranno poco a ridire sui ritratti esposti dal signor Pagliarini. Noi fummo testimonj che gli spettatori accorsi in buon numero a vedere questi dipinti notavano con voce unanime la veracità dell’effigie in molti di essi. Sarebbe una ingiustizia negare a questo giovane volonteroso una certa fusione di tocco, e una lodevole abilità nel colpire i vari caratteri». (F. Dall’Ongaro, Di alcuni artisti triestini, in “La Favilla”, III, 17, 25 novembre 1838, p. 66). Nel caso di Elena Botta, per lungo tempo erroneamente indicata col nome di Elisabetta, l’artista non nasconde la vecchiaia né i tratti mascolini della donna, cercando però di mitigarne la durezza del volto indugiando sulla sua espressione bonaria e malinconica. A Pagliarini rimanda anche il contrasto cromatico fra gli abiti ed il fondo monocromo della tela, lasciata nella penombra nella parte superiore mentre la luce, che proviene da sinistra, investe pienamente il volto della protagonista e la mano in primo piano la cui levigatezza pare essere l’unico ornamento dell’anziana donna. La posa dell’effigiata sembra rivelare la cura riposta nei preparativi che hanno preceduto la seduta di fronte all’attento osservatore, scrupoloso anche nella costruzione del dipinto attorno all’asse di simmetria creato dalla scriminatura dei capelli. Di pochi anni più giovane del marito, Elena Digiovanni sposò il ricco uomo d’affari Nicola Botta sul finire del Settecento. La coppia non ebbe figli: Elena rimase vedova nel 1843 e alla sua morte tutte le proprietà di Nicola – compresi forse i due ritratti - passarono alla nipote della donna, Angiolina Digiovanni. Nel Catalogo della mostra del ritratto femminile che si tenne a Trieste nel 1933 l’opera è citata come proprietà di Emma Cosmitz; successivamente, entrambe le tele entrarono nelle collezioni della famiglia Renner per essere infine acquistati dai Musei Provinciali di Gorizia nel novembre del 1966. Nel capoluogo isontino Pagliarini era peraltro già approdato grazie ad alcuni dipinti di proprietà della signora Smart – Fehr che li presentò alla Prima Esposizione artistica goriziana del 1887 (La prima esposizione artistica goriziana aperta il giorno 15 ottobre dell’anno 1887, a cura di L. C. Ippaviz, Gorizia 1888, p. 70; la notizia è riportata anche in R. M. Cossar, Storia dell’arte e dell’artigianato in Gorizia, Pordenone 1948, p. 379). Così come molte altre opere del ferrarese citate dalle fonti, le tele sono a tutt’oggi irreperibili. (MOGOROVICH 2007, p. 86)

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BIBLIOGRAFIA

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