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Il personaggio anziano indossa una redingot scura sopra un gilet a fiorellini, camicia bianca fermata, sotto il mento, da una cravatta anch'essa bianca. Nella mano destra stringe un bastone.
Rappresentato a busto intero e in posizione frontale, Nicola Botta è raffigurato in età già avanzata, testimoniata – oltre che dalle profonde rughe che ne solcano il volto – anche dall’ampia stempiatura che risparmia la composta corona di riccioli attorno al capo. Indossa una giacca scura, il panciotto e una camicia stretta al collo dalla cravatta mentre nella mano destra - posta in basso al centro della tela- stringe con decisione un bastone. Per lungo tempo il dipinto in esame ed il suo pendant, il Ritratto di Elena Botta (cfr. scheda relativa), sono stati ritenuti due dei più riusciti ritratti di anziani usciti dal pennello di Giuseppe Tominz e assegnati al primo quinquennio degli anni Quaranta, quando cioè «…la vasta Galleria di ritratti del Tominz perde l’accento manieristico e la patina ufficiale e carismatica, per diventare specchio di un’anima, espressione del mondo interiore» (Rizzi 1976, p. 125). Dopo il timido confronto avanzato da Graziella Martinelli Braglia fra l’opera in oggetto ed il Ritratto di Giuseppe Sabbadini (Udine, Civici Musei), in occasione della mostra Più vivo del vero Giuseppe Bergamni ha assegnato quasi en passant l’effige di Nicola Botta a Giovanni Pagliarini, artista ferrarese attivo a Trieste nel decennio compreso fra la fine degli anni Trenta e lo scorcio degli anni Quaranta dell’Ottocento. Il realismo fotografico della tela, la pastosità e naturalezza dei colori dell’incarnato portano ad avallare la recente ipotesi attributiva anche in virtù di ulteriori ed evidenti consonanze con altre opere del ferrarese risalenti allo stesso torno d’anni. Fra questi il Ritratto di Bruno Capilleri (Trieste, collezione privata), tela con cui il dipinto in esame condivide la provenienza dall’alto della luce, finalizzata ad accentuare la plasticità dei corpi la cui imponenza non dev’essere considerata semplice elemento accessorio ma caratteristica funzionale alla definizione del ruolo sociale dei personaggi. L’autorità di Nicola Botta, commerciante nato a Muskopolje nel 1760 e trasferitosi a Trieste nel 1790, si concentra infatti nell’ autorevolezza con cui impugna il bastone «questo ricco signore soddisfatto, l’uomo esperto di affari, intraprendente e senza scrupoli» (Sofianopulo 1950, p. 3). L’importanza dell’unico oggetto presente nella tela è accresciuta dalla luce che, investendo la mano del protagonista, ricorda il più elegante gesto che connota il Ritratto di Michele Weiss, non a caso uno degli ultimi dipinti espunti dal catalogo del maestro goriziano dopo il rinvenimento dell’iscrizione autografa nell’immagine della cognata Carolina Pilotti Hermann. Tale scoperta ha innescato la revisione tutt’ora in corso della produzione di Giuseppe Tominz, artista il cui successo ha forse suggerito a Pagliarini lo stile da seguire pur di garantirsi una “fetta” di mercato triestino. Ma la rapidità d’esecuzione che rendeva tanto apprezzabile l’opera del goriziano male si sposava con l’accuratezza dimostrata dal suo giovane concorrente che, cimentatosi con buoni risultati di pubblico e critica anche nella pittura di genere, dopo circa un decennio di permanenza a Trieste decise di abbandonare il capoluogo giuliano per trasferirsi a Udine, dove giunse fra la fine del 1848 e i primi mesi del 1850. (MOGOROVICH 2007, p. 84)
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