Anitra con uovo, dipinto, Zuccheri Luigi, XX

Oggetto
dipinto
Soggetto
animale: anatra
Autore
Zuccheri Luigi (1904/ 1974)
Cronologia
1960 post - 1970 ante
Misure
cm - altezza 51, larghezza 61
Codice scheda
OA_26036
Collocazione
Trieste (TS)
Palazzo Galatti
Collezione della provincia di Trieste
Iscrizioni

Raffigurazione di un'anatra viva e un uovo su di un tavolo contro uno sfondo spoglio.

Quest’opera, apparentemente semplice nella sua essenzialità e priva di complicazioni, pone inevitabilmente lo spettatore di fronte ad una personalità artistica, quella di Luigi Zuccheri, tutt’altro che piana e facile da decifrare. L’opera di Zuccheri infatti attesta chiaramente come anche le piccole maglie di quella grande rete che è la Storia dell’arte siano in grado di rivelare sorprese non meno significative. Questo artista friulano, nato in un piccolo paesino pedemontano e formatosi a Venezia sotto la guida di Milesi e Martina, avvia dopo gli studi giovanili e alcuni viaggi di documentazione sulla grande pittura passata e contemporanea una sensibilità artistica tutta sua, ma non per questo chiusa e provinciale. Padrone sicuro dei mezzi tecnici della pittura e instancabile sperimentatore da questo punto di vista di sempre nuove soluzioni, egli si può definire prima che artista un sottile intellettuale che mette a dura prova l’osservatore delle sue opere, ingannandolo nell’illusione di avere davanti semplici vedute di genere. La sua pittura, le sue opere sono molto di più di una produzione sbrigativamente confinabile nel genere, e sottendono una riflessione intellettuale ed esistenziale che va ben al di là dell’esperienza del singolo. I suoi dipinti in questo senso presuppongono un fruitore colto, disponibile al confronto e all’indagine, altrimenti rischiano di offrirsi solo per quello che rappresentano. Da alcuni studiosi Zuccheri è stato definito come un pittore alchemico ed è questa una definizione che senz’altro gli si attaglia in quanto pittore che mescola e ricompone insieme elementi, spunti e suggestioni che vengono dal passato come dal presente, e che senza badare alle mode o ai movimenti in atto, ricompongono sul supporto scelto l’urgenza di esprimere se stesso e la propria visione del mondo, di dare voce alle proprie inquietudini e paure. Per questo motivo, oltre che per la sensibilità del tutto contemporanea con cui essa da voce a tali argomenti, la pittura di Zuccheri non si può definire né passatista, né di genere. E’ negli anni della Seconda Guerra Mondiale che va meglio definendosi il suo linguaggio pittorico. Sono infatti anni di crisi universale ed esistenziale che ingenerano una svolta decisiva nella sua capacità di elaborazione e riflessione artistica. Acquistano allora spessore nelle sue opere inquietudini ed angosce che dissolvono dall’interno i riferimenti alla pittura rinascimentale dei veneti Carpaccio e Bellini, dei tedeschi e dei fiamminghi e compongono una visione in cui compaiono animali giganteschi, quasi visioni apocalittiche e angoscianti di un mondo popolato di nuovi esseri, con piccoli paesi sullo sfondo intesi come rifugio sicuro e presenza confortante di contro a una realtà non più percepibile nei suoi esiti finali. Per dare voce a questa riflessione cosmica ed universale Zuccheri appronta e studia pure nuovi strumenti tecnici, approdando all’uso della tempera, per le sue potenzialità espressive, ma soprattutto perché permette meglio di rappresentare ora l’allontanamento dal reale. Ora vedute paesaggistiche che sembrano riprese da certo Rinascimento veneto diventano la metafora del mondo sognato, popolato da fiori di una perfezione inquietante, da animali che contengono palesi riferimenti all’uomo e che sono ritratti con la stessa cura e carica psicologica di persone vere e proprie. Tutto ciò si va configurando in composizioni, tanto semplici, quanto intellettualmente ermetiche, frutto non di un cerebralismo esibito, ma di un’autentica esigenza di riflessione su quel mondo che risulta perduto per sempre agli occhi del pittore e in cui non resta che la constatazione della situazione reale e l’autoironia per la perdita del proprio ruolo. Ecco che in questa prospettiva assume un senso profondo anche l’opera in questione, solo apparentemente agli occhi di uno spettatore ignaro, leggibile come composizione di genere. L’anatra e il suo uovo appaiono come uniche protagoniste della visione di contro ad uno sfondo neutro. La cura nei dettagli naturalistici e la carica psicologica con cui essa è ritratta, il profilo giustapposto con il becco alzato e l’occhio languido e quasi rammaricato racchiudono in sé una forte valenza emotiva. L’animale sembra quasi coinvolgere lo spettatore in una riflessione che comprende quell’uovo, cui esso non presta le cure dovute, ma che abbandona lì, poco distante, quasi a chiedersi se il ciclo perpetuo della vita abbia ancora un senso nel presente. In una stesura pittorica brillante e pastosa, dalle gamme cromatiche prevalentemente fredde e brunite si consuma l’inquietante interrogativo di un’intera epoca, messa a dura prova nei suoi meccanismi più scontati dalle dinamiche del progresso.

BIBLIOGRAFIA

Luigi Zuccheri, Luigi Zuccheri (1904-1974), Pordenone 1982