Ritratto di giovinetta, rappresentata seduta, leggermente di tre quarti, con taglio fotografico fino all'altezza delle ginocchia. Indossa un semplice abito rosa, porta i capelli raccolti in due trecce. Sullo sfondo un caminetto, la cornice dorata di un quadro, non ben distinguibile, e il busto di Isabella d'Aragona di Bernardo Rossellino.
Dell'unica figlia Licia, Sambo realizzò diversi ritratti che evidentemente dovettero rimanergli, negli anni, molto cari se ne mantenne il possesso fino alla morte, quando anche questo, insieme al ritratto "Licia in verde", entrò a far parte della Collezione della Provincia di Trieste per volere dei discendenti. Quest'opera in particolare pone diverse problematiche dal punto di vista stilistico. Essa in effetti rivela una lenta transizione verso la maniera pittorica degli anni Cinquanta propria dell'artista, anche se le campiture cromatiche attraverso cui si costruiscono spazio e volume non sono qui ancora delimitate da una decisa linea di contorno scura, rendendo ancora mossa e vibrante la forma nella rappresentazione. Da un punto di vista strettamente tematico invece essa si mantiene entro i limiti del Novecento Italiano, esibendo una figura femminile, candida nella sua semplicità, ma assorta e pensierosa, immersa in uno scenario asciutto ed essenziale in cui si ritrovano pochi, ma efficaci dettagli compositivi. Così alla giovane adolescente, rappresentata seduta e leggermente di tre quarti con le mani congiunte sul grembo, in una posa incombente e statuaria, fa da contrappunto il busto marmoreo di Isabella d'Aragona sullo sfondo. Tra le due donne, una reale, l'altra imprigionata per l'eternità nella purezza del marmo si viene ad instaurare un dialogo silenzioso ed ermetico di sottile complicità, riducendo quella fanciulla, tangibile nella sua fisicità, ad icona del presente di contro al passato. Si respirano così in quest'opera influenze che vengono dalla moderna e contemporanea pittura italiana (si veda Casorati, Carrà) nel medesimo accostamento tra sculture e presenze umane, con un accento però senza dubbio personale da parte di Sambo nel rielaborarne spunti e sollecitazioni. L'atmosfera sospesa ed irreale conferma ancora una volta la capacità di sintesi ed introspezione emotiva mai venuta meno nella pittura del triestino.
Cataldi A.T., Edgardo Sambo, Trieste 1999, 1
Fasolato P., Donazione Sambo, Trieste 1989, maggio