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sul retro in alto: 39 1/2 x 31
Cartellino sul retro: 9
Lungo una strada in salita, probabilmente di Stolvizza, le case si dispongono come in una quinta scenografica. Sullo scorcio di casa sulla destra si nota un riquadro bianco destinato a un affresco votivo.
Il dipinto fa parte di una serie di opere realizzate nella val di Resia durante i soggiorno di Giuseppe Barazzutti tra 1924 e 1930. A differenza dei soggiorni fornesi e saurani, dove il pittore si fermava a lungo prevalentemente d'inverno, i soggiorni in val di Resia furono più frequenti, più brevi e si svolsero in diversi periodi dell'anno. Il pittore affrescò nel 1924 il coro della chiesa di San Carlo Borromeo a Stolvizza firmando e datando l'opera in basso a destra "prof. G. Barazzutti/ pinse MCMXXIV". Si può quindi retrodatare le opere a una data compresa tra il 1924 e il 1930, ultima data in cui il pittore fu nella valle a testimonianza di Silvano Crapiz. Egli data il dipinto al 1929 data che sembra credibile. Infatti il bozzetto fa parte di una serie di due studi preparatori per il dipinto "La svolta" esposto a Gemona nel 1931. Oltre ai bozzetti suddetti esistono quattro disegni preparatori. Il dipinto ritrae un gruppo di case lungo una strada in salita, sul muro c'è un bianco riquadro, che fu completato nel bozzetto di cui alla scheda 104992 con un crocifisso. Il riquadro per affresco votivo sembra desunto dal disegno schedato al n. 104990. Barazzutti potrebbe aver fuso nello studio d'ambiente più luoghi della Val di Resia. L'affresco è stato rilevato a San Giorgio di Resia, ma il bozzetto schedato sembra ambientato a Stolvizza nelle strade in salita dopo la Chiesa di San Borromeo, dove egli affrescò. Accanto alla chiesa lungo la strada si nota ancora un Crocifisso votivo applicato al muro di contenimento. Rispetto al secondo bozzetto (cfr. scheda 104992) le case sono serrate tra loro, il riquadro bianco è privo di figurazioni e mancano le persone. Nelle opere dei primi anni venti gli impasti cromatici stesi a spatola hanno una concretezza materica, mentre verso gli anni trenta "la tecnica pittorica tende progressivamente ad abbandonare la stesura materica del pigmento" come scrive F. Merluzzi (Merluzzi, 1994, p.99). Nel dipinto schedato le pennellate tendono dunque a costruire solidamente i volumi mescolando i toni cromatici in modo da differenziare le ombre e luci. Si perde come scrive R. Cargnelutti (1994, p. 55) "quella freschezza ed esuberanza cromatica" del periodo precedente, preferendo colori più spenti e di tonalità basse, come i grigi e i marroni di questo bozzetto. Nonostante manchi la firma, l'attribuzione a Giuseppe Barazzutti è assolutamente certa poiché si conoscono le circostanze in cui l'opera è entrata a far parte della collezione. Il dipinto è stato schedato da Franca Merluzzi con il numero 1. 99 nella sezione 1 Pittura. Vedute e paesaggi in occasione della mostra Un pittore a Sauris. Giuseppe Barazzutti (1890-1940) Sul retro il cartellino con il numero "9" in matita si riferisce alla scelta di opere del Barazzutti eseguita nel 1954 da Giovanni Pellis per una mostra che non ebbe mai luogo.
Giuseppe Barazzutti, Giuseppe Barazzutti. La bottega d'arte, Mariano del Friuli (GO) 1994
Merluzzi F., Pitors a Glemone, in Glemone, Udine 2001
Giuseppe Barazzutti, Giuseppe Barazzutti. La bottega d'arte, Mariano del Friuli (GO) 1994
Merluzzi F./ Bucco G., Il gemonese Giuseppe Barazzutti veratile artista tra sacro e profano, in Ce Fastu?, Udine 1993, n.1, LXIX