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Entro un ovale dai delicati toni grigi perla, una ninfa seminuda è sdraiata sulle nubi e con la mano destra solleva un velo sul capo, mentre la mano sinistra ferma il drappeggio e regge serti fioriti. La ninfa è rivestita da un panno verde sulle gambe. Due putti sulla sinistra volano verso di lei porgendo fiori.
Il dipinto fa parte della raccolta di bozzetti appartenenti a Francesco Barazzutti, passati in eredità alla sua morte nel 1918 al figlio Giuseppe e alla morte di quest'ultimo al nipote. Nonostante manchi la firma, l'attribuzione a Francesco Barazzutti è dunque assolutamente certa poiché si conoscono le circostanze in cui l'opera è entrata a far parte della collezione. Francesco Barazzutti (1847-1918) fu titolare di una famosa bottega gemonese di decorazioni sacre attiva nell'Impero Austro Ungarico e in Friuli. Soggiornò a Graz (1876-1887), operò nel salisburghese (1883) e a Badgastein (1890) venendo in contatto con i grandi impresari Giacomo Ceconi di Montececon e Angelo Comini. Il figlio Giuseppe ne riprese l'attività con i collaboratori Domenico Forgiarini, Antonio Della Marina e Adolfo Elia, alternando l'attività pittorica all'attività di decoratore, con la quale si sosteneva economicamente. L'iconografia profana sembra giustificare l'inserimento del bozzetto tra i dipinti realizzati dalla bottega di Francesco Barazzutti durante il periodo trascorso in Austria. Questa è la motivazione della datazione del bozzetto tra il 1876, inizio del soggiorno a Graz, e 1904, data del rientro in Italia. La figura è inserita in un ovale e sembra destinato alla decorazione di qualche salone, come quelli che il pittore realizzò a Graz nello Johannenhof e nel palazzo di Alfonso di Borbone oppure a Badgastein nelle ville e negli alberghi, costruiti da Angelo Comini da Artegna. Si ipotizza che il bozzetto potesse servire per decorare un soffitto, costituendone magari le parti decorative laterali. L'iconografia della ninfa risale ai modelli raffaelleschi, ma Barazzutt i si ispirò all'interpretazione neoclassica datane da Canova, soprattutto per quanto riguarda la forma del velo gonfiato dal vento. Un certo gusto rococò appare presente nella leziosità dei putti che reggono rami fioriti. Il bozzetto trova dei confronti con un piccolo album di lavoro di Francesco Barazzutti, dove egli schizzò soffitti e repertori decorativi tratti da l vero, da stampe e da libri. Su un foglio si trova la data 1872 e su un altro il timbro "Franz Barazzutti/ Kunstmaler in Graz" che ne prova l'appartenenza al periodo austriaco. Sono 63 fogli con molte decorazioni di carattere rinascimentale, ma non mancano soffitti con sfondati rococò. Molti disegni raffigurano Bacco e Arianna e putti intenti alla caccia, alla pesca, al far musica, tutti temi profani ripresi dal bozzetto schedato. L'uso di album con schizzi e disegni era molto diffuso tra i pittori gemonesi per appuntare rapidamente idee decorative sia per fornire ai committenti un saggio della loro abilità. Questi album di ridotte dimensioni erano portati ovunque insieme agli attrezzi del mestiere. Il pittore possedeva anche una biblioteca, che fu consultata anche dal figlio Giuseppe, che continuò l'attività della bottega paterna. Era costituita in gran parte da incisioni, litografie e tavole illustrate acquistate durante il soggiorno austriaco come attesta il timbro "Franz Barazzutti Kunstmaler in Graz" apposto sui fogli. Al bozzetto si può riferire quanto il gemonese Giuseppe Marchetti scrive su Francesco Barazzutti. Egli eseguì con diligenza e correttezza "lavori a carattere illustrativo e popolare, di facile lettura, di piacevole orchestrazione coloristica, senza presunzioni di alta qualità creativa, che rappresentavano una trascrizione addomesticata e quasi artigianesca dei canoni neoclassici ottocenteschi particolarmente apprezzata e gradita in ambienti sacri" (G. Marchetti, 1963, s.p.).
Merluzzi F., Pittori emigranti nell'impero e l'artista Giuseppe Barazzutti, in Puje Pore Nuje, Brescia 2002, n.21
Marchetti G., Il nuovo soffitto, in Santuario di Ribis, Reana del Rojale (UD) 1963