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Il dipinto raffigura Venere dormiente su un giaciglio posto sotto un tendaggio rosso, mentre accanto un amorino estrae una freccia dalla faretra, suo attributo assieme all'arco ai suoi piedi, e un altro tiene fra le braccia una tortora. Sullo sfondo un terzo amorino sta seduto su un cocchio.
Il dipinto è entrato a far parte della Galleria Nazionale d'Arte Antica di Trieste nel 1970, in seguito ad una lunga vicenda originata da un'illegale esportazione (cfr. Villa 2001). Attribuito da Pallucchini (1960 cit. in Villa 2001) a Giannantonio Pellegrini e da Egidio Martini (1982 cit. in Villa 2001) ad Antonio Balestra, di recente è stato inserito dal Villa (2001) nella produzione del pittore viennese Daniel Seiter, artista operante in Italia tra Venezia, Firenze, Roma e Torino, che mostra di subire l'influenza di diversi artisti italiani quali Pietro da Cortona, Carlo Maratta e Luca Giordano. Questi influssi caratterizzano secondo Villa anche l'opera in esame, che è da porre nella fase estrema dell'artista, agli inizi del Settecento, e che è affine sotto il profilo stilistico ad altri dipinti del Seiter, quali il Giuseppe e la moglie di Putifarre del Residenzmuseum di Monaco di Baviera e la Lucrezia della collezione Lemme. Inoltre Villa segnala che un amorino con la tortora si ritrova assai simile anche in altri due dipinti autografi raffiguranti entrambi Venere, Cupido, Cerere e Bacco, costituendo così una vera e propria "firma" dell'artista.
Villa G. C. F., Schede, in La Galleria Nazionale d'Arte Antica di Trieste. dipinti e disegni, Trieste/ Cinisello Balsamo 2001