Il dipinto raffigura la Madonna colta a mezzo busto con in braccio Gesù Bambino, che tiene con la mano sinistra una piccola croce, premonizione della Passione.
La tela è stata acquistata nel 1955 dalla collezione Mentasti: Roberto Longhi in una expertise la attribuì dubitativamente a Giambattista Piazzetta, seguito da Decio Gioseffi e Lucio Coletti (lettere del marzo 1956 conservate nell'Archivio della Soprintendenza, citate da Crosera 2001). In una nota scritta del 1957 (cit. sempre da Crosera 2001) Rodolfo Pallucchini giustamente assegnò l'opera a Francesco Capella detto il Daggiù, da lui considerato il migliore allievo del Piazzetta, e tale attribuzione è stata in seguito ribadita nella monografia del Ruggeri (1977) e di recente da Claudia Crosera (2001), la quale rileva che qui l'artista deve essersi ispirato ad un dipinto di eguale soggetto autografo del Piazzetta, conservato in una collezione privata e riferibile alla tarda produzione del maestro (cfr. Mariuz 1982). Il Capella ottenne grande successo di pubblico con la produzione di tele a soggetto sacro di piccole dimensioni destinate alla devozione privata, di cui è un esempio appunto l'opera in esame e altre ad essa affini sotto il profilo stilistico, quali la Madonna col Bambino dell'Accademia di Venezia o la Madonna leggente (cit. in Crosera 2001) databili verso il 1750, datazione che ben si attaglia anche per la Madonna di Trieste.
Crosera C., Schede, in La Galleria Nazionale d'Arte Antica di Trieste. dipinti e disegni, Trieste/ Cinisello Balsamo 2001
Ruggeri U., Francesco Capella detto Daggiù dipinti e disegni, Bergamo 1977
Mariuz A., L'opera completa del Piazzetta, Milano 1982