su un'etichetta incollata sul verso: Gandolfi 1777
L'opera raffigura Nettuno in trionfo su un carro trainato da delfini, che mordono delle redini impugnate da un tritone. Sullo sfondo emerge dai flutti un putto alato con tamburello.
L'opera è stata acquistata dalla Galleria nel 1976 con un'attribuzione a Gaetano Gandolfi (1734/ 1802), indotta probabilmente dalla scritta che compare sul verso. La paternità del dipinto al famoso esponente della pittura tardobarocca bolognese è stata respinta in una comunicazione scritta conservata nell'Archivio della Soprintendenza da Donatella Biagi Maino, autrice di una monografia sull'artista nella quale infatti non compare l'olio in esame (cfr. Gaetano Gandolfi, Torino, Umberto Allemandi 1995). Di recente Alessandro Brogi (2001) ha affermato che l'olio, date le piccole dimensioni, la stesura veloce e il supporto cartaceo, è da considerare con tutta probabilità un bozzetto, preparatorio per un dipinto o per una decorazione murale. Inoltre, ritornando sulle idee della Biagi Maino, ha respinto anch'egli l'attribuzione al Gandolfi, retrodatando l'opera di Trieste alla prima metà del Settecento e avanzando l'ipotesi che essa sia piuttosto da attribuire ad un per ora ignoto artista di ambito lombardo, attivo presumibilmente nell'orbita di pittori quali Giovan Angelo Borroni (Cremona 1684/ Milano 1772) o Giovanni Antonio Cucchi (Campiglia Cervo 1691/ Milano 1771).
Brogi A., Schede, in La Galleria Nazionale d'Arte Antica di Trieste. dipinti e disegni, Trieste/ Cinisello Balsamo 2001