Porto verde, dipinto, Paulucci delle Roncole Enrico, XX

Oggetto
dipinto
Soggetto
paesaggio marino con barche
Autore
Cronologia
1953
Misure
cm - altezza 100, larghezza 120
Codice scheda
OA_53608
Collocazione
Trieste (TS)
Università degli Studi di Trieste
smaTs. Sistema museale dell'ateneo di Trieste. Mostra 1953-1954
Iscrizioni

Il dipinto raffigura in modo stilizzato un porto: si distinguono le barche con gli alberi e le vele, la luna e le finestre dei palazzi retrostanti il molo.

In occasione dell’Esposizione Nazionale di pittura italiana contemporanea di Trieste del ’53 è giunto nelle collezioni dell’Ateneo anche Porto Verde di Enrico Paulucci, un quadro di forte impatto visivo che si impone per le grandi dimensioni. È una tematica ricorrente, oggetto di riflessione dell’artista durante tutto l’arco degli anni Cinquanta, a partire dal 1951 con la mostra presso la Galleria La Bussola a Torino. La fitta gabbia delle alberature delle barche forma un elegante arabesco. Paulucci è alla ricerca di una composizione più solida e sintetica, memore di quello che è stato uno snodo significativo della sua formazione, Paul Cézanne oltre che del generazionale passaggio per la pittura di Picasso. L’intelaiatura grafica è immersa in un vivace colorismo, un’esplosione di tinte squillanti e chiassose che lo contraddistinguono, retaggio dei numerosi soggiorni parigini fin da giovanissimo. Si ricordano i suoi trascorsi nel Gruppo dei Sei di Torino che alla fine degli anni Venti, in pieno clima novecentista, sotto l’insegna dell’Olympia di Manet, reclamava libertà d’espressione e apertura alle correnti europee. Anche dopo lo smembramento del gruppo, Paulucci ha proseguito incessante il suo cammino e negli anni Cinquanta è approdato ad un linguaggio singolare dove si intrecciano la scomposizione cubista e la ricchezza cromatica dei Fauves ritornati in auge dopo la Retrospettiva della Biennale veneziana del 1950.
È questo il caso del dipinto dell’università costruito secondo “schemi” da pittura europea internazionale che hanno fatto irruzione in Italia con la Biennale del 1948. Come ha lucidamente osservato Carlo Giulio Argan nella monografia dedicata all’artista, davanti alle difficili congiunture storiche, Paulucci non cerca i segni dell’angoscia esistenziale degli Espressionisti o del dramma di un Picasso ma prosegue il discorso di felicità iniziato da Matisse, Dufy e di Mirò. Una spensieratezza che non è superficialità o essere avulsi dal mondo circostante ma è una presa di distanza da interferenze ideologiche e una scelta coraggiosa di esprimere sempre e comunque il suo ottimismo e la sua capacità di meravigliarsi davanti alla bellezza della natura e del mondo che ci circonda (Argan, 1963, p. 114).
L'opera era stata posta fuori concorso in quanto l'artista entrò a far parte della commissione giudicatrice al posto di Ludovico Ragghianti che a sua volta sostituiva Umbro Apollonio. L'ingresso di un pittore nella commissione fu richiesta dagli artisti partecipanti che avevano già come rappresentate uno scultore Marcello Mascherini.

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