Ritratto della signora E. C., dipinto, Casarini Pino, XX

Oggetto
dipinto
Soggetto
ritratto di donna: Elide Casarini
Autore
Casarini Pino (1897/ 1972)
Cronologia
1953
Misure
cm - altezza 78.5, larghezza 98
Codice scheda
OA_53967
Collocazione
Trieste (TS)
Università degli Studi di Trieste
smaTs. Sistema museale dell'ateneo di Trieste. Mostra 1953-1954
Iscrizioni

Ritratto a mezzo busto della moglie dell'artista, Elide Casarini, colta frontalmente, con il volto leggermente ruotato di tre quarti verso sinistra e le mani appoggiate sul piano che le sta di fronte. La donna indossa un cappotto con ampio collo di pelliccia e un curioso cappello sagomato in tinta.

Già alla Biennale veneziana del 1940, il pittore veronese Pino Casarini presentò un ritratto dell’amata moglie Elide in rosso, sempre pervasa da quella particolare cifra stilistica petrosa e memore del ritorno ad una pittura dugentesca e quattrocentesca propugnata dal gruppo sarfattiano di “Novecento”. In realtà, l’artista veronese era soprattutto un talentuoso frescante, motivo che lo portò sin da giovane tra il Veneto ed il Friuli occidentale a decorare grandiosi spazi sacri e, di conseguenza, a trattare la pittura ad olio come fosse la tecnica dell’affresco. Tale è pure il trattamento riservato al Ritratto della signora E.C. (Elide Casarini) presentato all’Esposizione Nazionale di Pittura italiana contemporanea del 1953 che arrivava dopo una proficua stagione caratterizzata da cicli ad affresco. Una pittura che la critica non mancava di annotare “discutibile, ma vera e coerente, da grande artista” che portò Casarini ad una cifra stilistica facilmente distinguibile. In tal senso pare suggestivo mettere a dialogare, idealmente, il presente ritratto con quello di Umberto Saba fatto da Carlo Levi, pure conservato presso le collezioni d’arte dell’Università; il taglio e la posa del soggetto sono infatti molto prossimi, ma la resa pittorica non potrebbe essere più distante. Quanto Casarini persegue un’idea di classicismo e di spazi conchiusi quasi di ordine metafisico, tanto Levi appone pennellate pastose e fluenti per descrivere l’amico poeta. Va segnalato che il pittore in quell’occasione non godeva di buona salute, tanto che si scusò con il rettore Ambrosino per essere dovuto rientrare a Verona poco dopo l’inaugurazione.

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