Il dipinto raffigura un noto episodio della mitologia greca, legato alla guerra di Troia (Ovidio, Metamorfosi, VIII, 183-235). Agamennone, re di Micene, aveva radunato un esercito per combattere contro Troia, ma le navi non riuscivano a salpare dal porto per l'impedimento della dea Diana, adirata per l'uccisione di un cervo a lei sacro. L'indovino Calcante suggerì di sacrificare alla dea, per propiziarsela, la giovane e bella figlia di Agamennone Ifigenia, che accettò per amor di patria tale suggerimento. Il dipinto coglie il momento in cui il sacerdote - un uomo dalla barba bianca, con una lunga veste bruna e con un manto verde che gli copre il capo - sta per immergere il pugnale nel petto della giovinetta, rassegnata e calma, mentre in alto tra nubi compare, invisibile agli astanti, la dea Diana, che secondo alcune varianti della leggenda all'ultimo momento sostituì Ifigenia con un cervo e la fece portare via da una sua sacerdotessa. Alla scena è presente, insieme ad altri dignitari e a soldati, Agamennone, con elmo ed armatura. Tra gli astanti, un gruppo di donne piangenti e sulla sinistra due soldati che indicano le vele delle navi pronte a salpare.
Il dipinto, che proviene da una collezione privata, enfatico, teatrale, vuoto di sentimenti, vive di un colore steso con proprietà, corretto e suadente, ricco di sfumature e di chiaroscuri. L’episodio del Sacrificio di Ifigenia è stato trattato da Giambattista Tiepolo in due vasti affreschi nella villa Corner di Merlengo (210x500 cm) e nella villa Valmarana “ai Nani” presso Vicenza (250x700 cm) oltre che in un dipinto ad olio su tela conservato nella collezione Giustiniani Recanati di Venezia (1728-1730 ca.). Egidio Martini, che per primo ha segnalato il dipinto del Grassi, ha notato come si tratti quasi di una copia del Sacrificio della coll. Giustiniani Recanati. "Il Grassi - scrive - si avvale di una gamma di colori tenui, quasi pastello, e di un chiaroscuro pastoso toccato da leggeri riflessi locali. E' un Tiepolo come lo poteva interpretare il Grassi, realizzato in modi dolci e teneri". Rizzi ipotizza "che le due tele siano coeve e frutto di una simpatica gara di emulazione tra amici" e data quindi il lavoro al 1728 -30, mentre il Martini ritiene più plausibile una datazione al 1735 circa. Il Grassi non è nuovo a "prestiti" di un certo peso, dal Tiepolo e dal Ricci: certo, in questo caso, diventa difficile giudicare quanto di suo ci sia nell'invenzione (la scena è comunque più compatta, meno dilatata di quella del Tiepolo, ma più ricca di personaggi, avendo il Grassi aggiunto alle spalle di Ifigenia un gruppo di soldati che manca nel dipinto del Tiepolo. E’ forse il caso di ipotizzare che il pittore carnico, che recenti studi hanno detto essere stato - così come altri pittori del suo tempo - un abile falsario di dipinti di Paolo Veronese, abbia qui voluto falsificare il quadro del Tiepolo? Benché il dipinto - dopo una prima apparizione alla "Mostra della pittura veneta del Settecento" tenutasi a Esslingen nel 1980 - sia stato esposto alla mostra del Grassi allestita a Tolmezzo nel 1982, l’attribuzione al maestro carnico lascia ancora spazio al dubbio.
Pauletto G., Pitture e sculture del XX secolo, in La Collezione d'arte della Fondazione della Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone. Opere del Novecento, Ginevra/ Milano 2008, 2