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Il dipinto della Fondazione Crup raffigura un noto episodio della storia antica riportato da Luciano (Erodoto, 4-6), relativo alle nozze del re macedone Alessandro Magno con Rossana, figlia del satrapo della Battriana, uno dei territori asiatici da lui conquistati (oggi Uzbekistan). Alessandro aveva visto per la prima volta Rossana danzare in un girotondo durante un banchetto e se ne era subito innamorato: fu questa anzi “la sola passione – scrive Plutarco (33, 47) – dalla quale egli, il più moderato degli uomini, fu vinto”. Nel dipinto i due personaggi in posizione centrale dominano l’affollata e concitata composizione: Rossana è figura luminosa per il morbido icarnato e l’abbigliamento nei colori bianco, giallo e azzurro, mentre Alessandro, con elmo piumato e manto rosso, si appoggia al grande scudo con testa leonina al centro. Sulla destra, i compagni di Alessandro, due guerrieri ed un vecchio con capelli e folta barba bianca, a sinistra, due guerrieri della tribù di Rossana armati ma a torso nudo. In secondo piano, il profilo di una nave con persone a destra e la tenda con il talamo nuziale a sinistra.
Il dipinto, acquistato dalla Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone nel 1989, proviene dal castello di Colloredo di Monte Albano, dove era collocato sulla parete di fondo della sala con caminetto della cosiddetta”Ala Nievo” (dal nome dello scrittore Ippolito Nievo, che nel castello a lungo abitò in quanto discendente in linea femminile dal casato dei conti di Colloredo Mels): lo si vede in una vecchia fotografia (il castello è semicrollato durante il terremoto del 1976) pubblicata a pag. 75 del volume di G.C. Custoza, Colloredo. Una famiglia e un castello nella soria europea, Udine 2003. E’ doveroso qui ricordare che nel corso dei secoli i proprietari del castello di Colloredo, appartenenti ad una delle più illustri famiglie nobiliari d’Europa, commissionarono straordinarie opere d’arte ad artisti di prima grandezza, da Giovanni da Udine, che decorò lo studiolo con affreschi memori dell’esperienza romana, a Francesco Guardi, incaricato di dipingere i quattro deliziosi Capricci che decoravano un salotto dell’ala ovest e che, malauratamente venduti all’inizio del Novecento, sono oggi esposti al Metropolitan Museum di New York. Per la vicina chiesa parrocchiale, la famiglia Colloredo ordinò, tra l’altro, tra Sei e Settecento, una pala d’altare a Giulio Quaglio e un’Annunciazione a Gaspare Diziani. Nella scheda di acquisto il dipinto porta l’attribuzione al pittore Antonio Bellucci, un veneto (Pieve di Soligo 1654-1726) che fu attivo non solo in patria ma anche a Vienna, Düsseldorf, Londra (dove soggiornò per ben sei anni), L’attribuzione non è condivisa dalla Minozzi che non vede riferimenti stringenti con le opere certe del Bellucci, anche se riconosce che il quadro “sembra comunque da porre in relazione con il clima artistico gravitante intorno al pittore, protagonista del passaggio dalla fase barocca dell’arte veneta a quella del Settecento, con una particolar einclinazione al classicismo derivato dalla pittura emiliana”. Affermazione nel complesso condivisibile, anche se in realtà non mancano punti di contatto tra il dipinto della Fondazione Crup e opere del periodo giovanile del Bellucci, quando la sua pennellata non era ancora così fresca e vivace, né il tocco rapido e intriso di luce. In particolare i quadri di storia conservati nel Museo Civico di Vicenza, La famiglia di Dario davanti ad Alessandro e La continenza di Scipione, databili al 1681-82 (F. Magani, Antonio Bellucci, Rimini 1995, pp. 76-77) mostrano personaggi maschili con simili profili. Non sufficienti, tuttavia, a confermare il Bellucci quale autore del dipinto.
Bergamini G., Dipinti, sculture, incisioni dal Quattrocento all'Ottocento, in La Collezione d'arte della Fondazione Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone. Opere d'arte antica, Ginevra/ Milano 2008, 1