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Il gruppo scultoreo è formato dalle figure affiancate di Maria e Sant'Anna tra le quali è posto Gesù Bambino. La Vergine ha viso ovale dalla fronte alta incorniciato da lunghi capelli mossi, che le scendono sulle spalle e porta una corona sul capo. Il suo mantello azzurro, allacciato sullo scollo, è decorato da un motivo di stelle dorate ed è profilato nello stesso colore. Anche la veste rossa presenta finiture dorate, come la cintura che la trattiene in vita e i bordi delle maniche. Gesù Bambino, nudo, paffuto e ricciolino, è tenuto in braccio da Maria, appoggia solo la gamba sinistra sul ginocchio materno ed è tutto proteso verso la nonna. Quest'ultima indossa un mantello bruno bordato d'oro e decorato da un motivo floreale stilizzato anch'esso dorato, così come la bordura delle maniche della veste verde sottostante. Il velo che ricopre il capo di sant'Anna, orlato d'oro e movimentato da sottili righe rosse orizzontali parallele, è dello stesso colore chiaro dell’interno del manto. Il viso è incorniciato anche dal soggolo chiaro, mosso da pieghe curvilinee e decorato da quattro righe verticali rosse e dal bordo dello stesso colore. Il panneggio dei mantelli di entrambe le figure è piuttosto rigido. Tutte le figure presentano tratti somatici piccoli e guance rosee.
Il gruppo scultoreo è indubbiamente di scuola nordica - secondo Bergamini proverrebbe dall’area compresa tra Carinzia e Stiria - e, vista la "dimensione" a bassorilievo delle figure femminili, avrebbe fatto parte dello scrigno centrale di un altare ligneo a sportelli (Flügelaltar). Le otto diverse edizioni della policromia individuate dall’intervento di restauro - una cinquecentesca, un’altra settecentesca e le altre ottocentesche -, presuppongono una ininterrotta funzione devozionale. Il gruppo ligneo si distingue per "la pregevole e rara finezza dell'intaglio" e per la "notevole qualità artistica" e l'interesse iconografico (Cecutti 2000, p. 12). La rappresentazione delle tre generazioni, più volte proposta dall'arte tedesca, restituisce a sant'Anna il ruolo di madre e nonna attribuitole dal Protovangelo di Giacomo e dalla Legenda aurea di Jacopo da Varazze. Anche importanti artisti italiani come Masaccio, Leonardo, Raffaello e Andrea Sansovino si cimentarono con questo tema, ma nell’area tedesca l'Immacolata Concezione venne intesa come "concepimento di Maria in seno alla madre Anna" poiché, essendo la Vergine predestinata fin dell’inizio dei tempi a diventare "veicolo per l’incarnazione di Cristo, doveva essere lei stessa immacolata, concepita cioè senza concupiscenza" (Bergamini 1999, p. 187). Già dalla fine del XV secolo nella Germania meridionale si diffuse il culto di sant'Anna, in concomitanza con l'istituzione delle confraternite a lei intitolate e favorito da libretti di preghiere come l'Hortulus animae del 1502, o da inni e trattati come quelli redatti da Johannes Trithemius. Le versioni iconografiche del tema furono diverse: dalla sant'Anna che tiene in braccio Maria e Gesù, entrambi bambini (si ricordino gli esempi scultorei nella chiesa collegiata del Neumunster di Wurzburg, nel Gorenjski Muzej di Kranj e nella Narodna Galerija di Lubiana; oppure gli esempi pittorici nella Niedersachsisches Landesgalerie di Hannover e nell'Alte Pinakotheck di Monaco), alle tre figure inserite entro una struttura piramidale in cui Sant'Anna accoglie Maria e il Bambino sotto l'ampio mantello (ad esempio il dipinto di Masaccio del 1424 conservato agli Uffizi). L'iconografia più popolare è però quella proposta nel gruppo scultoreo in esame. Tali rappresentazioni sono in genere datate ai primi del Cinquecento e il modello era veicolato da incisioni, come quella contenuta nel De imitatione Christi, un libro pubblicato nel 1503 da Thomas Kempis, cui sembra ispirarsi la nostra opera, che in effetti è databile intorno al 1510. Nell'esempio a stampa le due donne, in posizione frontale, figurano sedute una di fianco all’altra, mentre il Bambino, in piedi sopra le ginocchia di Maria e da questa tenuto alla vita, tende le braccia verso la nonna. Il gruppo scultore del Museo Etnografico si distingue per la posa più immediata e affettuosa del Bambino, mentre l'accartocciamento delle vesti sembra ispirarsi ad analoghe soluzioni adottate da Daniel Mauch (ad esempio nel Flugelaltar del 1510 della Cappella di San Francesco Saverio a Bieselbach). Secondo Buora (1995) il gruppo avrebbe "fatto parte di un altarolo privato per uso domestico o di una comunità ristretta". La datazione intorno al 1510 avanzata da Bergamini è stata recentemente confermata da Paolo Casadio (2018). Negli ultimi anni la scultura ha subito due interventi di recupero conservativo: il primo, nel 1985, ha evidenziato diciassette strati di ridipintura; il secondo, eseguito nel 1997 dalla Coop. Esedra (Ud) con contributo dell'International Inner Wheel, è cominciato con saggi di pulitura per mettere in luce le varie campiture di colore e per capire la loro funzione di preparazione, strato pittorico o velatura a vernice. Una volta scoperto che la policromia originale era integra e ben conservata si è deciso di recuperarla utilizzando il bisturi ed il solvente. Il restauro ha rivelato le tecniche usate, tipiche della scultura lignea tedesca o comunque dell’arco alpino, come il lustertechnik, l'uso di foglia d'oro e d'argento, l'incollatura degli impannaggi sulle fessurazioni del legno (operazione, quest'ultima che dimostra come la scultura sia stata prima intagliata e poi fatta stagionare) e l'eliminazione del durame dal corpo dei tronchi usati per il gruppo scultoreo. Le osservazioni compiute durante l'intervento hanno permesso di stabilire che per il supporto sono stati utilizzati tre pezzi di legno di tiglio, un altro è stato impiegato per la figura del Bambino - l’unica intagliata a tutto tondo - e altri più piccoli sono serviti per le mani, fissate con cavicchi.
Casadio P., Le sculture lignee della donazione Ciceri nel Museo Etnografico del Friulia Udine, in Museo Etnografico del Friuli. Collezioni e percorsi nelle radizioni culturali di un popolo, Udine 2018
Scopri Musei Udine, Scopri i tuoi Musei. Acquisizioni, restauri ed attività dei Civici Musei, Udine 2000
Cecutti D., Il restauro di tre sculture lignee dei Civici Musei di Udine, in Udine. Bollettino delle Civiche Istituzioni Culturali, Udine 2000, serie III, n. 6
Bergamini G., Tre sculture lignee del Museo di Udine, in La scultura lignea nell'arco alpino. Storia, stili e tecniche, 1450-1550, Udine 1999
Buora M., La Vergine ritrovata nel gruppo ligneo della donazione Ciceri, in La Domenica del Messaggero, Udine 1995, 11 giugno
Buora M., Un gruppo ligneo tedesco, in Archeo, Novara 1995, a. X, n. 10