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La santa è rappresentata come una giovane donna con le braccia aperte sollevate e abiti in stile nordico: un vestito con busto, maniche lunghe e grembiule scuri, corsetto con motivo centrale a intreccio e gonna dorata. Analogamente dorati sono anche il collo arricciato, i polsini e la cordicella con due chiavi appese. I capelli bruni sono raccolti e la parte superiore del capo è coperta da una cuffia dorata con motivo a merletto. I piedi divaricati, calzati da stivaletti a punta, poggiano su di uno zoccolo rettangolare dipinto a finto marmo.
Nel 1955 la scultura compariva in copertina della rivista «Sot la nape» con la didascalia "Santa Notburga. Friuli orientale". Secondo Paolo Goi la statua rappresenterebbe una fantesca in costume tirolese e proverrebbe da Gorizia (1991). Casadio (2018) osserva che la santa è "raffigurata con fattezze e abiti della seconda metà del Settecento e modellata con la vivacità e la preziosità di una statuetta in porcellana". Date le misure, la statua potrebbe essere stata collocata in un edificio sacro, ma potrebbe ugualmente avere avuto una destinazione domestica; ne è stata anche ipotizzata la destinazione a un'edicola stradale. Il culto di Santa Notburga, diffuso in Tirolo, Baviera, Svevia, Boemia, Carinzia, Croazia, Istria, Slovenia e a Gorizia, è documentato da diverse rappresentazioni, tra le quali si possono ricordare due quadretti ad olio della parrocchiale di Chiopris, il dipinto della parrocchiale di Valpicetto e il soffitto di quella di Camporosso. Secondo l'iconografia la santa è raffigurata con la falce, con un crocefisso in mano oppure con un mazzo di chiavi appese alla vita, allusione al suo ruolo di cuciniera e quindi custode delle provviste presso il castello di Rottenburg, suo villaggio natio. Ella è considerata patrona dei contadini, delle giovani donne, delle domestiche, dei poveri e protettrice degli animali e da varie infermità. L'iconografia che ebbe più successo fu quella della santa con la falce, in riferimento al miracolo che compì quando, lanciato l'attrezzo in aria per protestare contro il datore di lavoro che voleva far continuare la falciatura del grano anche dopo i Vespri del sabato, questo rimase sospeso a mezz'aria. L'episodio veniva forse ricordato per sottolineare la sopravvivenza della celebrazione sabbatica attestata nel patriarcato di Aquileia da San Paolino nel Concilio di Cividale del 796 (Goi 1991, p. 339). Oltre alla permanenza dei riti sabbatici di ascendenza ebraica, importati ad Aquileia e nell’entroterra da missionari alessandrini ancora legati a tale prassi, il culto della Santa richiamerebbe usanze e credenze arcaici, di carattere estatico. Di tali usanze si è più volte occupato anche Guglielmo Biasutti, nel 1956, nel 1978 e nel 1980. La santificazione di figure femminili fatte oggetto di devozione popolare, in cui vi era qualcosa di tendenzialmente eretico, spiegherebbe il successo dell'iconografia di Santa Nottburga/Sante Sabide (Sibille-Sizia 2001)
Casadio P., Le sculture lignee della donazione Ciceri nel Museo Etnografico del Friulia Udine, in Museo Etnografico del Friuli. Collezioni e percorsi nelle radizioni culturali di un popolo, Udine 2018
Goi P., Santa Nothburga ora pro nobis, in Tarvis, Udine 1991
Sibille Sizia S., Sante del dì di festa nel territorio del Patriarcato di Aquileia, in Ce Fastu?, Udine 2001, a.LXXVII, n.2