retro: Gemito
Il ragazzo è precariamente rannicchiato sullo scoglio, concentrato nell'intento di trattenere tra le mani serrate il pesce catturato ed insieme di mantenersi in equilibrio sulla stretta striscia di roccia.
Una lettera manoscritta, indirizzata all'allora Conservatore del Museo Alfredo Tominz, datata: Napoli, 9 giugno 1901 (firma illeggibile), che proponeva all'attenzione della Consulta la possibilità di acquistare uno dei 100 esemplari in bronzo del celebre Narciso, firmato dall'artista, a condizioni vantaggiose, porta ad ipotizzare, dato il mancato seguito, un certo disinteresse del Museo a quella data nei confronti di Gemito. Acquisterà invece questo piccolo bronzo nel 1955, al prezzo di 100.000 lire. L'opera è una delle repliche, o una copia di una replica, con varianti, del Pescatorello, riferibile presumibilmente al 1876, commissionato dal prefetto Diomede Marvasi, da cui furono tirati innumerevoli pezzi di cui solo alcuni autografi, ma nella maggior parte fatti eseguire dagli eredi dopo la morte dello scultore. Fra le varie tipologie - se ne conoscono quattro o cinque - più volte indagate dall'artista con materiali diversi, quella qui presentata, rivisitata spesso dall'autore nell'arco di una trentina d'anni, risulta essere la prima in assoluto da lui concepita e precede pure quella del Grande Pescatore (1877, Museo del Bargello, Firenze). Allo stadio attuale della ricerca e in mancanza di altri riscontri, risulta impossibile datare questo pezzo con un minimo di precisione. Altri esemplari dello stesso tipo sono conservati alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, che possiede una cera dove la figura del fanciullo si presenta più allungata e aderente alla roccia, presso la Galleria d'Arte Moderna di Milano che vanta una cera e un bronzo - quest'ultimo con la variante della canna da pesca - assai prossimi alla copia triestina, come pure si può dire del pezzo in bronzo, sempre con canna da pesca, della Galleria d'Arte Moderna di Torino. Il piccolo pescatore è esempio della più tipica produzione di genere dell'artista napoletano, incentrata sulla vita degli "scugnizzi", assolutamente aliena da qualsiasi accento di denuncia sociale, dove l'indagine sul reale interseca lo studio dell'arte ellenistica attraverso una forma plastica che fa sprigionare, a giovani corpi vibranti e tesi, una particolare felicità fisica.
Daffra S., Schede, in Il Museo Revoltella di Trieste, Vicenza 2004