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NR: R. Rovan
Busto ritratto in marmo poggiante su base in bronzo raffigurante in bassorilievo allegorie del dolore e della vita dell'uomo. Il capo della donna è piegato leggermente all'indietro, sicché ella guarda di sottecchi in basso davanti a sé, mentre tutto il volto è illuminato da un sorriso leggero.
Realizzato nel 1910 a Trieste, Il Sorriso è uno dei più importanti busti femminili della produzione giovanile dello scultore Ruggero Rovan, noto e apprezzato soprattutto come ritrattista. Dell'intera e copiosa produzione questa è l'unica opera di cui è possibile conoscere il valore ideologico attribuitogli dall'artista ancora leggibile sul recto di una fotografia d'epoca della scultura, attualmente conservata presso l'archivio dell'artista al Museo Revoltella. La base figurata di gusto classico presenta ai quattro angoli "quattro figure come a rappresentare il dolore che sta ai punti cardinali della vita. Tra questi dolori da un estremo all'altro" ai lati della base" c'è l'amore e la fecondità degli uomini e degli animali. In mezzo "sul davanti della base" si agitano le passioni, anch'esse chiuse tra le figure del dolore. In fine "sul di dietro della base" è la morte anch'essa tra i dolori come tutti gli elementi fondamentali della vita". In contrapposizione a queste si eleva “lo spirito rappresentato dalla faccia femminile la cui espressione si concentra nel sorriso che vuol significare, con la sua serenità, la elevazione oltre le passioni, "Oltre le nebbie" della vita”. Nel 1910, mentre a Venezia si dedicava un'intera sala della Biennale agli artisti triestini, Rovan era impegnato nell'organizzazione della Prima Mostra Provinciale di Capodistria, di cui era insieme a Ugo Flumiani e all'architetto Berlam uno "dei delegati a ordinatori del padiglione dell'arte". Partecipò alla mostra con successo presentando Profilo di colle, Torso per la sfinge e Il Sorriso, versione in "gesso originale", come la definisce lo scultore nell'autobiografia, e fu premiato con la medaglia d'oro e il diploma d'onore, primo riconoscimento importante della lunga carriera. Nel 1915 l'opera fu esposta alla Permanente di Trieste dove secondo un anonimo giornalista, forse Benco, "la scultura è rappresentata di solito con molta parsimonia e opere plastiche dalla bellezza superiore non vi sono frequenti. [...] La testa di donna è concepita in uno dei periodi più felici del Rovan: veramente essa sorride, non per la bocca soltanto, ma tutto il volto, ma l'anima: e l'intima ricerca dell'espressione vi è tanto amorevole quanto la finitezza del modellare delicato e palpitante. Il contorno della bocca, il mento, hanno una non comune bellezza". Non altrettanto fortunata fu la scelta di inviare la versione in marmo alla Biennale di Venezia del 1920, la prima dell'era Pica, ricordata soprattutto per la presenza dei polimaterici dello scultore-pittore russo Alexander Archipenko. L'opera di gusto tardo ottocentesco, che non venne quasi notata dalla critica locale, non sfuggì a Francesco Sapori, il quale sulle pagine di "Emporium" inserì quella di Rovan nell'elenco di "cose sulle quali è caritevole tacere". Esposto nel 1947, a quasi quarant'anni dalla prima ideazione, alla seconda personale dello scultore, il marmo, rimasto sempre di proprietà dell'autore, è entrato nella collezione del Museo Revoltella nel 1965.
Coslovich B., Schede, in Il Museo Revoltella di Trieste, Vicenza 2004