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a destra in alto: P. Marussig / 1931
Ritratto a tre quarti di figura di una giovane donna seduta accanto a un tavolino sul quale poggia il gomito sinistro, mentre appoggia sulle gambe un libro nel quale ha infilato un dito per tenere il segno. Il bel volto regolare, incorniciato dal caschetto di capelli ondulati, esprime un sentimento di malinconico ripiegamento intimo. All'elegante abito estivo a fantasia astratta blu su fondo bianco, stretto in vita da una cintura di cuoi nero, si accompagna un girocollo bicolore intrecciato.
L'opera entra a fare parte della collezione del museo dopo la sua comparsa alla VI Esposizione d'arte del Sindacato Regionale Fascista Belle Arti della Venezia Giulia tenutasi a Trieste nell'ottobre 1932. È un momento felice per la vita dell'istituzione, che in meno di un anno si arricchisce di lavori importanti dei maggiori artisti italiani contemporanei: alla Quadriennale del 1931, infatti, era stato acquistato l'olio La finestra di Felice Carena e alla XVIII Biennale di Venezia, nello stesso 1932, erano stati scelti Il pastore di Sironi e la Donna al mare di Carrà. Con l'acquisto della Fanciulla di Marussig, il nuovo direttore, Edgardo Sambo, poteva ben dire di avere costruito un insieme di opere decisamente rappresentativo del Novecento italiano, considerato che dal dopoguerra in poi l'unico acquisto importante era stato il Meriggio di Casorati. A quest'epoca Piero Marussig era assente da Trieste ormai da parecchi anni, essendosi trasferito definitivamente a Milano nel 1920. Prima del '32 aveva partecipato solo alla prima mostra organizzata dal Sindacato fascista, quella del 1927. Nel nuovo ambiente egli aveva abbandonato lo stile degli anni triestini, carico di reminiscenze postimpressioniste e secessioniste, per avvicinarsi sempre più al rigore costruttivo e alla misura classica della poetica novecentista. Colori meno spessi e accesi, linee meno marcate e sfondi più vuoti caratterizzano questa nuova fase. La Fanciulla del Revoltella, colta nel momento in cui interrompe la lettura per lasciarsi andare ai suoi pensieri, si collega alla nutrita serie di ritratti femminili che, dalla metà degli anni venti in poi, segnano questa trasformazione della sua maniera di dipingere. Dalle Donne al caffè del '24 alla Lettrice pensosa dello stesso anno, da Ate del 1926-27 alla Lettrice del 1935 osserviamo, da un lato, il suo interesse crescente per la spiritualità femminile, che traspare dall'espressione intensa e nel contempo malinconica delle modelle, dall'altro un'evidenza plastica delle forme che, forse per quella sua "tendenza a diagonalizzare la scena" rimastagli dagli anni triestini (Mascherpa) non appare inconciliabile con il ritmo della composizione. Sola variante, rispetto agli altri ritratti, in cui le tinte sono per lo più uniformi, l'abito variegato indossato dalla giovane (forse l'Igea presente in altre opere) che richiama i blu e i viola dei dipinti d'anteguerra.
Masau Dan M., Schede, in Il Museo Revoltella di Trieste, Vicenza 2004