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in basso a destra: E. Sambo. / - ROMA -
La giovane nuda, accosciata sul letto, con le gambe di profilo e il busto girato di tre quarti, stringe al petto una bambola giapponese. Il sole, che illumina a macchie l'incarnato roseo della modella, ne proietta l'ambra sulla parte ricoperta da una vivace tappezzeria a rombi bianchi su fondo arancione.
Nel 1922, poco dopo la ripresa dell'attività interrotta dalla prima guerra mondiale, il Museo Revoltella decide una serie di acquisti finalizzati ad aggiornare la collezione soprattutto per quanto riguarda l'arte contemporanea triestina. Tra questi c'è anche il grande dipinto Macchie di sole di Edgardo Sambo, da poco diventato membro del Curatorio e futuro direttore del museo (dal 1930 al 1959), ma anche pittore già affermato, che in quell'anno stesso partecipa alla Biennale di Venezia. Macchie di sole è un lavoro di dieci anni prima eseguito quando Sambo soggiornava a Roma (1911-1914) con la borsa di studio della Fondazione Rittmeyer. In precedenza, dal 1905 in poi, aveva studiato a Venezia, poi si era trasferito per un anno a Vienna e per tre anni a Monaco, seguendo un percorso abbastanza tipico degli artisti triestini di quegli anni e assimilando il gusto per le raffinatezze cromatiche e le eleganze lineari della Sezession. L'opera in esame, che all'origine si intitolava Bambola, dalla bambolina giapponese che la giovane modella accovacciata sul letto si stringe al seno, nacque in un clima di questo genere e si fece facilmente notare alla prima mostra della Secessione romana (1913), nata per contrapporre una controllata modernità agli eccessi del futurismo, da un lato, e all'accademia dall'altro. Con la sua pennellata sintetica, i colori accesi e un modo nuovo di trattare luce ed ombra, Sambo si inserisce perfettamente in questo filone e la sua opera, col titolo Macchie di sole verrà scelta dalla Commissione Reale per l'esposizione organizzata a San Francisco per l'apertura del Canale di Panama, dove otterrà una medaglia d'argento. La guerra - a cui Sambo partecipò come volontario, meritandosi tre croci al merito - interruppe la sua ben avviata carriera e segnò anche un cambiamento nei suoi modi espressivi. Dal 1920 in poi, smorzati i lampi di luce degli anni romani, lo troviamo su posizioni vicine al Novecento italiano, che influiranno non poco anche nella gestione degli acquisti per il Museo Revoltella.
Masau Dan M., Schede, in Il Museo Revoltella di Trieste, Vicenza 2004