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Paesaggio ideale raffigurante un'ampia scalinata costeggiata da grandi alberi, alla sommità della quale si innalza, sulla destra, una statua monumentale di Minerva, mentre più oltre si scorge un tempietto di forme gotiche. In primo piano sulla sinistra la penombra lascia intravedere una fontana con una sfinge. Alcune figurette di gentiluomini sono distribuite lungo e oltre la scala.
Nell'Inventario del Museo Revoltella il Paesaggio fantastico di Scarabelotto corrisponde al numero 1, posizione che farebbe ritenere quest'opera la più significativa tra quelle lasciate in eredità dal barone per costituire il museo, non solo per il suo valore artistico ma anche perché è verosimile che sia stato il suo primo acquisto. La data del dipinto, infatti, il 1835, coincide con un momento molto importante per Pasquale Revoltella, che, a quarant'anni, apre una sua casa commerciale ed entra decisamente a far parte dei protagonisti del mondo finanziario triestino. Va ad abitare in una casa prestigiosa (la Casa Fontana in via del Pesce) e probabilmente inizia anche la sua collezione d'arte. Nel 1835 Scarabelotto (l'esatta dizione del cognome, abitualmente trascritto come Scarabellotto, così come la ricostruzione della sua vita, per certi aspetti misteriosa, e l'analisi della sua produzione si devono all'ampio lavoro di Sabina Sorrentino) si era appena trasferito a Roma per lavorare come scenografo, ma manteneva contatti, tramite l'amico Giuseppe Gatteri, con il mercato triestino da cui continuava a trarre una fonte di sostentamento. Il Paesaggio fantastico fa parte quasi sicuramente di una serie di dipinti da lui eseguiti a Roma e spediti nell'autunno del 1835 a Trieste (lettera a G. Gatteri del 28 ottobre 1835, cit. da Sorrentino 1997, p. 138), e corrisponde forse a uno dei due quadri senza un destinatario preciso ("li darete a chi vorrete") che "per variare" aveva fatto "per lungo". Uno di questi viene definito sommariamente "un sito solitario nella Villa Borghese" e pare verosimile che si tratti del Paesaggio fantastico. Nello stesso elenco figura anche La piramide di Caio Cestio pure acquistata da Revoltella (inv. n. 3), mentre il terzo Scarabelotto posseduto dal barone è probabilmente dell'anno seguente: il dipinto che porta il numero 2, infatti, Chiaro di luna" Paesaggio che raffigura la morte di Giulietta e Romeo è certamente da collegarsi alle scene eseguite da Scarabelotto nel 1836 per la rappresentazione de I Capuleti e i Montecchi al Teatro Apollo di Roma. I tre dipinti dopo il trasferimento, nel 1858, nella nuova dimora di Palazzo Revoltella, trovarono collocazione nell'anticamera. L'esperienza romana, di cui questi lavori rappresentano l'esordio, fu decisiva per la maturazione del linguaggio di Scarabelotto, ancora permeato del vedutismo settecentesco assimilato dal Bison, e lo indirizzò verso il naturalismo romantico, sia pure condizionato dall'eredità neoclassica e dal gusto per l'effetto scenografico della rovina.
Masau Dan M., Schede, in Il Museo Revoltella di Trieste, Vicenza 2004
Sorrentino S., Lorenzo Scarabelotto scenografie vedute decorazioni, Trieste 1997