Il pastore, dipinto, Sironi Mario, XX

Oggetto
dipinto
Soggetto
pastore
Autore
Sironi Mario (1885/ 1961)
Cronologia
1932 ca.
Misure
cm - altezza 90.5, larghezza 80.5
Codice scheda
OA_131770
Collocazione
Trieste (TS)
Palazzo Revoltella
Civico museo Revoltella
Iscrizioni

Monumentale figura maschile seduta, pressoché nuda, salvo per un perizoma intono ai fianchi, e con un cappello floscio sul capo. Monti di forme semplificate e di scala sottodimensionata completano la composizione, tutta giocata su variazioni di toni grigi e marroni.

Acquistato alla XVIII biennale veneziana assieme al quadro di Carlo Carrà, il Pastore di Sironi occupava, con altre sei opere dello stesso autore, una parete della sala 2. dell'esposizione internazionale del 1932. In quella occasione, accanto a due quadri di soggetto vedutistico (Cupola) e paesaggistico (Eremo), Sironi presentava opere come La famiglia, l'Incontro, Meriggio e La Pesca che, assieme alla possente figura del pastore del Museo Revoltella, costituiscono l'esempio della nuova interpretazione data dall'artista alla figura umana, a partire dagli inizi degli anni trenta. Infatti, il "gigantismo", per così dire, di questo pastore, idealmente inscritto in una figura piramidale e posto tra montagne a lui simili per conformazione geometrica e cupa colorazione, preconizza l'inclinazione alla monumentalità delle opere decorative che, proprio a partire dal 1930, Sironi andava progettando. Appare evidente che il pittore ha qui perlomeno accantonato il concetto che sottende la composizione "da cavalletto" e, prescindendo da "considerazioni mercantili", aspira alla "grandiosità" e ad una "specifica organizzazione dello spazio". "Non più il riquadro conchiuso - spiega a tale proposito Baldacci - ma uno spazio ritmico in cui le figure e gli elementi decorativi possono dispiegarsi con una liricità nuova. […] ovunque vi sarà il segno di quello squartare e organizzare gli spazi, di quel pietrificare ogni cosa e tutto rendere solenne e calmamente tragico, che contraddistingue la sua nostalgia di una grandiosa monumentalità, la sua ambizione di farsi "storia" e "rovina". (Baldacci 1984, s.p.) E riguardo ai mutamenti stilistici delle opere degli anni trenta Benzi esprime queste parole in occasione della mostra antologica romana del 1993 e specificamente indirizzate all'opera in esame: "Esposto nel 1932 alla Biennale di Venezia, mostra l'evoluzione avvenuta nel corso di pochi mesi: alla Quadriennale del 1931 le ultime opere erano marcate nella materia e nei contorni da una "turbolenza degna di un Rouault, [… da] un'enfasi chiaroscurale secentesca" (Pallucchini, 1931). Nel gruppo di opere presentate alla Biennale compare una solidificazione dei contorni e dei chiaroscuri, un pacarsi delle paste pittoriche che da tumultuose e materiche diventano più levigate, trasparenti e modulate nelle tonalità. Tutto ciò va legato con i nascenti impegni monumentali di Sironi, e con la sua consapevolezza che l'espressionismo gestuale sviluppato tra il 1930 e il 1931 non poteva attagliarsi alle esigenze intrinseche allo sviluppo in grande dimensione: sia in senso tecnico, sia espressivo." E conclude così: "Seppure il picassismo alla base di questo massivo personaggio è evidente, tuttavia l'interpretazione sironiana è completamente trasfigurante, e il mito del classico diviene in lui da termine estetico un presupposto etico, caricato di contenuti poetici e culturali" (Benzi 1993, pp. 226, 227).

BIBLIOGRAFIA

Gregorat S., Schede, in Il Museo Revoltella di Trieste, Vicenza 2004

Benzi F., Catalogo delle opere, in Mario Sironi 1885-1961, Milano 1993

Baldacci P., Teoria e metodo di Mario Sironi, in Mario Sironi. Metodo e tecnica, Milano 1984