in basso a sinistra: appel '94
Figura maschile nuda ritratta quasi intera colta leggermente di tre quarti verso destra. La mano destra poggia sul fianco, mentre la mano sinistra sorregge l’organo sessuale (genitali) nell’atto di orinare (minzione). La figura è resa in corpose pennellate di colore giallo, viola, rosso e nero e si staglia su un fondale indefinito dato da ampi colpi di pennello blu, viola, nero e beige.
Karel Appel durante la sua lunga carriera declina la sua arte cercando sempre di innovarsi, senza mai prediligere per lungo tempo un unico stile, media o soggetto. Una costante tuttavia sempre presente nella sua variegata ricerca artistica, è la forza espressiva del colore e quell’elementarità di forme proprie dell’arte dei bambini, ma anche dell'arte popolare. Produzioni artistiche che indubbiamente lo hanno stimolato a sviluppare questi suoi interessi, sono state le sculture dipinte della Nuova Guinea olandese conservate nel Colonial Museum di Amsterdam (ora Tropenmuseum) da lui visitato quando era bambino. I primi rudimenti artistici li apprende in seguito dallo zio Karel Chevalier, pittore dilettante, che lo porta a conoscere le opere di van Gogh e Rembrandt nei musei Stedellijk e Rijksmuseum della città, per poi frequentare la Rijksakademie van beeldende kunsten di Amsterdam tra il 1940 e il 1943. Nel 1948 è tra i principali esponenti del gruppo CoBrA, formato da artisti olandesi, belgi e danesi che fanno tesoro della loro provenienza nazionale per rifarsi all’Espressionismo storico, mutuandolo in pura impulsività, disprezzo per la forma, espressione vibrante del colore usato con stratificazioni spesse e materiche. La breve stagione di CoBrA, conclusasi nel 1951, si inserisce in quel clima di gestualità esplosiva dell’Art autre, con riferimenti dichiaratamente figurativi e antropomorfi come del resto erano presenti in una certa arte informale europea e in un certo Espressionismo astratto americano. Ecco perciò che determinanti sono per Appel il trasferimento a Parigi e i frequenti viaggi negli Stati Uniti, dove potrà assorbire quell’arte istintiva e gestuale che lo porterà ad una personale visione della realtà e dell’immaginazione. In quegli anni i suoi lavori diventano sempre più feroci, lui stesso dice: “Dipingere vuol dire distruggere quello che c’era prima. Non cerco mai di fare un dipinto, ma uno scorcio di vita. È un grido, è una notte, è come un bambino, è una tigre dietro le sbarre” e ancora, “Il mio tubetto di colore è come un razzo che traccia la propria orbita. Cerco di rendere possibile l’impossibile. Quello che sta per succedere non posso prevederlo: è una sorpresa. Il dipingere, come passione, è un’emozione carica di verità da cui si diffonde un suono vivo come il ruggito che esce dal petto del leone” (P. Bellew, Karel Appel, Fratelli Fabbri Editori, Milano 1968, pp. 1-6). Queste sue dichiarazioni fatte negli anni Cinquanta si possono tranquillamente trasferire nell’epoca di esecuzione del “Nudo n. 17”, ovvero il 1994 quando Appel, dopo una stagione più pacata, sembra tornare all’impeto e all’aggressività degli anni di CoBrA e alla pittura gestuale appresa dalla conoscenza dell’Espressionismo astratto americano. È proprio nei primi anni Novanta che comincia una serie di nudi irriverenti, erotici, dove gli organi sessuali sono in bella vista, in cui ogni elemento figurativo viene esasperato e deformato dalla materia pittorica talmente densa da creare effetti tridimensionali. Qui il corpo maschile è trattato con colori antinaturalistici in accostamenti stridenti che enfatizzano la sfrontatezza dell’atto della minzione. L’intera composizione è dominata da questa figura gigantesca che occupa quasi tutta la superficie del quadro e che si staglia su un fondale indefinito, anch’esso violento nel colore e nel gesto. È un ritratto a figura intera, verticale, chiuso in uno spazio ristretto quasi claustrofobico che accentua la sensazione di imbarazzo e disagio nell’osservare quell’uomo mentre sta orinando a terra. Questo tipo di composizione lo ritroviamo anche nel pendant femminile “Nudo n.18” (cfr. OA 132387) presente in collezione e acquistato da De Martiis nel 2011 alla Galleria Ulysses di Vienna insieme al nudo maschile, come se il collezionista li avesse uniti insieme in una sorta di dittico. Gran parte dei nudi che Appel esegue nei primi anni Novanta (vedi quelli esposti nel 2019-2020 alla mostra “Late Nudes, 1985 – 1995” nella Galerie Max Hetzler di Berlino), hanno questa impostazione verticale e costretta nello spazio. Pur avendo comunque dipinto anche nudi sdraiati, la postura eretta è prediletta dall’artista in quanto può cogliere nel dinamismo del movimento del modello mentre si posiziona per farsi ritrarre, quell’impeto espressivo che poi tradurrà in pittura impetuosa e immediata. L'opera è identificata col numero di serie X94-037.
Collezione Famiglia De Martiis Cividale, La collezione famiglia De Martiis a Cividale del Friuli, Cividale del Friuli (UD) 2020
Cecchetto S., La collezione De Martiis: un percorso del gusto, in La collezione famiglia De Martiis a Cividale del Friuli, Cividale del Friuli (UD) 2020
Beltrami C., Tempi e modi di una collezione: le scelte di Giancarlo De Martiis, in La collezione famiglia de Martiis a Cividale del Friuli, Cividale del Friuli (UD) 2020
Karel Appel, Karel Appel. I colori della libertà, Milano 2011
Fuchs R., Couplet 5, in Bulletin Stedelijk Museum Amsterdam, Amsterdam 1995, maggio-giugno