Il rilievo raffigura la posa della prima pietra della sede dell'Università degli studi di Trieste alla presenza di Benito Mussolini.
La serie dei quattro pannelli di cui fa parte l'opera in esame costituisce quanto rimane di un più ampio ciclo decorativo commissionato alla fine degli anni trenta dagli architetti dell’Edificio Centrale, Raffaello Fagnoni e Umberto Nordio, a Ugo Carà, cui già era stata affidata la realizzazione dei cartoni per i mosaici pavimentali dell’atrio destro. Allo scultore erano stati richiesti dodici pannelli in pietra destinati a ornare i balconcini posti tra le volte che si affacciano sull’atrio destro: lavori che però non saranno però mai messi in opera, causa probabilmente delle difficoltà incontrate dal cantiere per la carenza di fondi.
Una volta riscoperto il piano originale nell’archivio Fagnoni, i pannelli sono stati negli ultimi anni posizionati finalmente al loro posto. Di questi però solo quattro presentano dei rilievi leggibili, parte di un programma illustrativo sicuramente più vasto e comunque facente riferimento, com’è ovvio, alla più scontata iconografia di regime. Nel pannello in esame, che si può identificare come principale, è schematicamente raccontata la posa della prima pietra della nuova sede dell’Ateneo da parte di Mussolini (la figura centrale con in mano la cazzuola) alla presenza del Rettore e delle Autorità. In un altro rilievo si riconoscono, da sinistra a destra, uno sciatore, un letterato, un pittore, un soldato, una casalinga e un contadino (cfr. scheda OA_135663 - ID 860258). In un terzo pannello si scorgono figure paludate all’antica che alludono probabilmente alle discipline insegnate all’Università: medicina, navigazione (o ingegneria navale), commercio nelle vesti di Mercurio, la Giustizia e la Geografia (cfr. scheda OA_135664 - ID 860259). Nel quarto pannello si riconoscono gruppi di figure che possono essere interpretati come allusivi delle attività fasciste: l’atleta e il soldato, il matrimonio, le adunate (cfr. scheda OA_135665 -ID 860260).
Come in altre occasioni (cfr. M. De Grassi, Arte e committenza pubblica: il caso di Arsia, “Quaderni Giuliani di Storia”, XXXII (2011), 1, pp. 139-151), Carà utilizza per opere commissionate dal regime un linguaggio volutamente semplificato, che esula da certe raffinate ricerche stilistiche che si possono riscontrare, per esempio, nella coeva produzione ritrattistica. Nel caso delle opere in esame occorre poi tener conto dello stato di conservazione non ottimale, visto che i blocchi sono rimasti a lungo esposti alle intemperie, all’incuria e ad atti di vandalismo che hanno infierito soprattutto su alcuni volti.
De Grassi, Massimo, Schede, in "Ricorda e Splendi". Catalogo delle opere d'arte dell'Università degli Studi di Trieste, Trieste 2024