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Il paesaggio, probabilmente ripreso dal vero nelle campagne del goriziano, mostra in primo piano, un muretto basso delimitato da un plinto in pietra bianca a sostegno di un elemento decorativo acroteriale dello stesso materiale. Al di là del muro si erge maestoso un cipresso, stagliato sul cielo lattiginoso e sullo sfondo di una catena montuosa che svapora in lontananza. Una sottile melanconia che pervade l'operetta, suggerita dalla presenza del cipresso, può rimandare a un memento mori, pur nella serenità placida di un angolo. Il pennello indaga tutti i dati di natura, ma si sofferma con particolare cura nella definizione del maestoso albero, forse il vero protagonista della veduta.
Il piccolo olio su cartone incollato su tela, risale al periodo del ritorno di Luigi Comel a Gorizia e si può dunque collocare cronologicamente agli anni immediatamente successivi al 1913, in un lasso temporale relativamente breve tra questa data e lo scoppio della Prima Guerra mondiale che segnerà il trasferimento dell'artista a Vienna. Ritorna, nell'iconografia solare e sospesa, l'attenzione che Luigi Comel nutriva per il dato di paesaggio, indagato sin dal periodo che l'artista trascorse in Trentino.