in basso a destra: Eugenio Scomparini
La scena è costruita dal basso verso l'alto e di scorcio. Sopra ad una scalinata cosparsa di fiori e ghirlande è seduta l'allegoria della Musica, figura femminile che sorregge in mano una lira. Sotto di lei la scalinata è coperta da un drappo rosso e attraversata da una ghirlanda. Accanto all'allegoria della Musica, vi sono dei putti in diversi atteggiamenti: alcuni con fiori e palme in mano, altri seduti. Colto di schiena e nudo, è ritratto un giovinetto che si poggia su una lira. A sinistra della figura allegorica, vi è un braciere fumante. Si librano nel cielo azzurro solcato da nuvole rosa, il genio alato - figura femminile nuda - con in mano la corona di alloro; un putto con la tromba; due putti che sorreggono un velo rosa. Fungono da quinta alla composizione, a destra il piedistallo della scalinata sormontato da una statua leonina, a sinistra un'architettura porticata.
Il bozzetto apparteneva a Eugenio Berlam, l'architetto che tra il 1897 e il 1899 intervenne con una radicale ristrutturazione in forme neocinquecentesche sull'edificio del Teatro di Società di Gorizia. Fondato nel 1740 dall'esattore dei dazi Giacomo Bandeu, il teatro fu rinnovato da un suo discendente nel 1781-1782, quando fu dotato di tre ordini di palchi. Per la decorazione degli interni fu chiamato l'udinese Francesco Chiarottini (1748-1796), figura protagonista in campo artistico in Friuli e nella Venezia Giulia, che raccoglieva la gloriosa eredità di Giambattista Tiepolo, cui rimarrà fedele soprattutto nelle composizioni da soffitto. Allo scadere del secolo anche Gorizia entrava nel complesso gioco di trasformazioni politiche e sociali conseguenti la discesa in Italia dell'Armata francese. Il nuovo corso degli eventi si rispecchiò, in particolare, nel rinnovamento degli interni del teatro cittadino, luogo privilegiato di incontro della vecchia e nuova società. Cosi, per iniziativa del governatore, maresciallo de Marmont, si dispose di rinnovare la sala teatrale del Bandeu, che in quell'occasione fu trasformato in Teatro di Società. Anche questa volta si richiese l'opera di un artista di grande fama, Giuseppe Bernardino Bison (1762-1844), allora operante a Trieste, città in piena espansione. Al termine dei lavori lo spazio del teatro risultava interamente decorato da Bison, che dipinse anche il sipario, dove campeggiava il nume tutelare di Apollo. Come accade in altri centri, le vicende legate al rinnovamento del teatro danno la misura dei più vasti mutamenti nel campo del gusto e della storia cittadina: la sala del Teatro di Società, dopo un restauro dello stesso Bison nel 1822 - durante un secondo soggiorno dell'artista a Gorizia - fu nuovamente decorata dal friulano Giacomo Lorio nel 1838 e ciò avvenne in coincidenza cronologica con il viaggio in Italia dell'imperatore Ferdinando I, diretto a Venezia e a Milano per essere incoronato re del Lombardo-Veneto. Anche il quarto intervento decorativo nel Teatro di Società a opera di Rocco Pitacco nel 1856 avvenne in occasione del soggiorno in Italia dell'imperatore Francesco Giuseppe I e di Elisabetta Amalia di Baviera, che in quell'anno si recarono a Venezia. Alla visita di Francesco Giuseppe del 1900 è legata anche l'ultima decorazione del Teatro di Società realizzata allo scadere del 1899 da Eugenio Scompanni, che affrescò il soffitto con il Trionfo dell'Arte, di cui rimangono tre frammenti e il bozzetto originale qui considerato (per una più esauriente analisi delle decorazioni del teatro goriziano si rinvia a PAVANELLO 1995, pp. 14-24). La fine del secolo veniva festeggiata a Gorizia con la riapertura del Teatro di Società (novembre 1899), radicalmente ristrutturato negli esterni da Ruggero Berlam, che intervenne anche nella decorazione dei palchi e che affidò a Eugenio Scompanni la grande tela soffittuale. Il progetto di Berlam, datato 1897, includeva precise indicazioni rispetto alla decorazione degli interni: «II quadro centrale che sarebbe affidato al valente pittore Eugenio Scompanni sarebbe dipinto ad olio e rappresenta il Genio che incorona la Musica, putti con allegorie analoghe come richiede lo stile adottato, che arieggia il veneziano di sapore sansovinesco, la parte in rilievo d'incorniciature sarebbe ricca di dorature il che accrescerebbe effetto nel punto più interessante per il quadro che campeggia nel mezzo» (brano riportato in Eugenio Scompanni 1984, p. 54). Il bozzetto di Scomparini venne esposto nelle sale del Circolo Artistico di Trieste prima della collocazione della tela soffittuale nel Teatro di Società di Gorizia. Erede della grande tradizione decorativa veneta, Scomparini realizzò la tela soffittuale del teatro goriziano all'apice della carriera artistica e il modello qui considerato - da valutare più come opera "finita" che non come iniziale e rapida elaborazione del soggetto - restituisce compiutamente la poetica neosettecentesca dell'artista. La scena, costruita con abilità compositiva e gestualità teatrale in un crescendo dal basso verso l'alto, celebra la Musica mentre sta per essere incoronata dal Genio alato che si libra nello spazio vasto e aperto del cielo tra puttini, tra cui quello con la tromba alludente alla Fama, che si staccano e si aggregano tra il fluttuare di serici drappi, come seguissero l'andamento fratto e sinuoso di una rocaille. Sulla scalinata marmorea danzano altri puttini e giovanetti connotati da una sensualità efebica: un inno alla creatività e alla giovinezza immerso nella luce mattinale e cristallina. In quest'opera, Scomparini si rivela un originale interprete dell'allegorismo tiepolesco volto nel sorridente e ottimistico linguaggio della Belle Époque. Allievo di Grigoletti e Molmenti all'Accademia di Venezia, Scomparini ottenne nel 1874 dal Consiglio municipale della città natale un pensionato di tre anni a Roma. Rientrato a Trieste, d'intesa con il compagno di studi Antonio Lonza, divenne promotore di un "movimento coloristico" ispirato a Fortuny. Scomparini svolse un ruolo determinante nella formazione delle nuove generazioni di artisti come professore di disegno presso la neocostituita Scuola Industriale dove insegnò dal 1887 al 1911. Dal 1885, per un decennio, fu anche energico e autorevole presidente del Circolo Artistico. La parte più significativa della sua opera è riferibile alle grandi decorazioni, tra cui il sipario del Politeama Rossetti, il soffitto per il Teatro Fenice di Trieste, per il Teatro di Società di Gorizia, Treviso, Fiume e Spalato in Croazia (opere in gran parte perdute); per il Caffè della Stazione di Trieste (dal 1972 in una sala della galleria d'Arte Antica di Trieste), per il palazzo Scuglievich, per il palazzo Anelli e per la sede della Cassa di Risparmio. (DELNERI 2007, p. 92)Restaurato da Leopoldo Perco di Lucinico dopo i danni subiti nella I Guerra Mondiale tra il 1919 e il 1926. Recuperato da G. Cossar per mezzo del Comando di Piazza di Gorizia nel 1918.
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