Periferia a Ponte Milvio, dipinto, Omiccioli Giovanni, XX

Oggetto
dipinto
Soggetto
veduta di Roma
Autore
Omiccioli Giovanni (1901/ 1975)
Cronologia
1953
Misure
cm - altezza 80, larghezza 52.5
Codice scheda
OA_53970
Collocazione
Trieste (TS)
Università degli Studi di Trieste
smaTs. Sistema museale dell'ateneo di Trieste. Mostra 1953-1954
Iscrizioni

Coloratissima veduta della periferia romana raffigurante l'incrocio tra due strade, sulla principale delle quali si affacciano un'osteria, con due avventori seduti a un tavolo, un caffè e una tabaccheria.

Nella presentazione dei pittori che esponevano nell’ala destra della mostra universitaria del 1953, Decio Gioseffi si sofferma sulla “pirotecnica e incandescente cromia” della Periferia di Ponte Milvio di Omiccioli ricordando tuttavia come, anche a Trieste, l’artista avesse presentato “opere più riuscite”. Gioseffi allude, in particolare, ad alcuni “orti con steccati” riconducibili alla celebre serie inaugurata dall’artista agli inizi degli anni Quaranta. Ha forse significato, in questo senso, indugiare sulla fortuna di cui Omiccioli ha goduto negli anni dell’immediato dopoguerra nel capoluogo giuliano. Una menzione merita, senza dubbio, la mostra degli artisti romani realizzata presso la Galleria del Circolo della Cultura e delle Arti, in cui Omiccioli ha presentato una “Periferia in Piemonte”; va inoltre registrato l’ingresso nella collezione della Cassa di Risparmio di Trieste di un’altra opera di Omiccioli, proprio della serie degli Orti.
Particolare il percorso artistico di del maestro, che ha cominciato a dipingere solo alla metà degli anni Trenta su sollecitazione degli artisti che, in via Margutta, avevano contatti assidui col padre Abilio, che lì aveva la propria bottega di imballatore. Ad Omiccioli, che a lungo ha goduto di scarso spazio nelle principali mostre italiane, sono stati dedicati approfonditi studi monografici e grandi antologiche solo tra anni Settanta ed Ottanta del Novecento. Formatosi nel clima della Scuola romana, con una costanza da artigiano egli ha sempre rifiutato di adattarsi ai canoni formali più in voga; il lirismo, la poesia del colore delle sue opere non sono mai stati soffocati dall’ansia di aggiornamento stilistico. Un artista, insomma, per cui vale poco indicare i riferimenti visivi (si è parlato di Vlaminck, Utrillo o Dufy, per esempio). “Incandescente cromia”, ha scritto Gioseffi; “fauvismo agreste”, ha suggerito Marcello Venturoli; “fuochi di gioia”, ha aggiunto Fortunato Bellonzi (Omiccioli 1977), fuochi che danno materia e colore alla “amara felicità dei poveri”, che riscattano quanto “nella esistenza è di disordine”, di miseria, portandolo al rango di “allegra fantasmagoria”.
Nulla rimane, nell’opera dell’artista, della retorica degli artisti del realismo socialista. La denuncia della condizione dei diseredati e dei miserabili è in Omiccioli un’operazione di comunione umana. Tale opzione è tenuta viva dall’artista soprattutto nel secondo dopoguerra, quando si risolve a vagare fuori Roma, extra moenia. Entrano allora, nelle sue tele, le prime baracche, i sobborghi urbani e, più in là, documenti catturati in un lungo viaggio in Italia che ha compreso il vercellese, le periferie di Milano, la Calabria con i suoi contadini, Scilla con i suoi pescatori e, infine, Ustica e Marzocca, terra d’origine del padre dell’artista.
Nella Periferia di Ponte Milvio se non fosse per la cupola che, significativamente, fa capolino alle spalle dell’osteria di cui, al centro, si legge l’insegna, scompare la Roma classica, carica di storia dell’architettura prepotentemente protagonista della pittura di Francesco Trombadori. Tale elusione aveva, per Omiccioli, anche il significato di un rifiuto permanente della grandiosità dell’impianto urbanistico fascista che, a Roma, attraverso piani regolatori scellerati, era costato lo sfollamento, la cacciata in periferia di molti residenti, la moltiplicazione di piccole tragedie umane.

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Omiccioli, Omiccioli, S.l. [Roma] 1977

Umana, Umana. Panorama di vita contemporanea, Trieste 1953, a. II, n. 12, dicembre