Il nucleo è composto da sei tavolette. Le decorazioni sono costituite da figure umane, animali, vegetali e da una iscrizione, tutte inserite al di sotto di una archeggiata.
Le tavolette, oggi in collezione privata, sono databili, sia per considerazioni iconografiche e stilistiche sia per caratteristiche tecniche, alla prima metà del Quattrocento. Non è stato possibile identificare il palazzo di provenienza, circostanza che avrebbe potuto portare elementi utili per individuarne la committenza che, in questo caso, non trova possibili indizi nemmeno nella decorazione, vista l’assenza di elementi araldici, piuttosto comuni nella produzione delle tavolette da soffitto. Una pettenella presenta dimensioni minori rispetto alle altre, dovute probabilmente a una riduzione in opera: circostanza che trova una plausibile spiegazione nell’ipotesi che le tavolette siano state applicate a un soffitto trecentesco già esistente, operazione forse dovuta a un abbellimento – avvenuto in epoca successiva – di un soffitto costituito da travi di pezzatura in sorte e disposte a intervalli non regolari. Se forma e dimensioni rientrano nella norma per questa tipologia di manufatti, la scelta della specie legnosa, il castagno, si discosta invece dalla consuetudine, costituita dall’uso di materiali meno pregiati e, soprattutto, di più facile e rapida lavorazione, quali l’abete. Solo gli elementi principali della composizione, figure e fiori, sono stati realizzati su strato preparatorio, secondo una modalità operativa già riscontrata, per esempio, nel soffitto cividalese di casa Bront, risalente al terzo decennio del XV secolo, dove buona parte del supporto rimane a vista. La pittura è gestita su una gamma di colori piuttosto ridotta, con prevalenza di verdi, azzurri, grigi, bruni e rossi. Il registro cromatico risulta oggi nel suo complesso ancor più appiattito sia a causa dell’accumulo di polvere e fuliggine, sia per l’applicazione, in epoca moderna, di uno strato di vernice che ha notevolmente scurito l’insieme. Le figure principali della composizione sono delineate, come di consueto, mediante una spessa linea nera di contorno, così da facilitarne la visione a distanza, tratto reso ancor più evidente dalle indagini all’infrarosso, dalle quali si evince l’assenza di disegno preparatorio e di segni di pentimento: tutti indizi che suggeriscono la presenza di un artefice capace. Sulla superficie di alcune tavolette è ancora possibile osservare lungo i quattro lati le linee incise utilizzate come guida per circoscrivere lo spazio da dipingere e le diagonali per centrarne il soggetto. La presenza di segni incisi lungo i lati corti va spiegata con la necessità di lasciare uno spazio sufficiente tra il campo destinato a essere decorato e la linea di taglio della pettenella: in quest’area non era necessario dipingere giacché al momento della posa in opera della tavoletta sarebbe stata opportunamente coperta da una cantinella, oggi non più presente, seguendo una prassi finora non documentata in ambito friulano ma che si riscontra spesso in area lombarda. Ipotesi che trova conferma anche dai fori dei chiodi utilizzati per fissare le cantinelle alle pettenelle. Nelle pettenelle in esame è presente un’archeggiata dipinta, realizzata tramite l’uso di una mascherina e costituita da una sequenza di quattro archetti trilobi tra i quali si inserisce un motivo a traforo, che limita solo il margine superiore della tavoletta, lasciando ‘aperti’ i due lati corti che sarebbero stati ‘chiusi’ poi da due cantinelle. Nella prima pettenella l’intero spazio è decorato solo con un prato fiorito, unico protagonista della composizione. Difficile giudicare il motivo di questa scelta, che in un ciclo a carattere narrativo potrebbe essere interpretata come una cesura del racconto. Pure se talvolta il fondale può essere esso stesso portatore di significato, come nel soffitto di palazzo Cavalcabò a Viadana (Mn), nel quale il melograno si ripete insistentemente, nel caso in esame è tuttavia impossibile riconoscere il tipo di specie floreale e con esso l’eventuale messaggio. In un’altra tavoletta è rappresentato un uomo d’arme di profilo che impugna con la mano sinistra uno scudo a mandorla scapezzato mentre con la destra regge un giavellotto, arma inastata da lancio, pronto per essere scagliato. Nella produzione di tavolette da soffitto, la raffigurazione di uomini in arme si riscontra in particolare nella prima metà del XV secolo, rivestendo un ruolo privilegiato per la rappresentazione degli ideali cortesi propri del mondo aristocratico cui i committenti molto spesso appartenevano o del quale desideravano partecipare. La pettenella nella quale è rappresentato un volto di profilo dai tratti maschili risulta invece di difficile interpretazione: sarebbe da escludere l’ipotesi di un ritratto celebrativo essendo praticamente assente ogni caratterizzazione. Nella quarta pettenella trova spazio una creatura fantastica di probabile ispirazione miniatoria, ibrido in questo caso costituito da un corpo di uccello con coda e grandi ali e in cui a una prima testa antropomorfa se ne innesta, su lungo collo crestato, un’altra con corna, teste entrambe caratterizzate da orecchie caprine. La rappresentazione di animali fantastici costituisce un motivo piuttosto comune nella decorazione di tavolette da soffitto: sia in cicli a carattere narrativo, si veda per esempio le pettenelle del Museo civico di Pordenone, sia in quelli a scene isolate (palazzi Vanni degli Onesti e Manin a Udine). Talvolta costituisce l’unico soggetto di interi soffitti, in particolare d’ambito lombardo, emiliano-romagnolo e francese. Segue una tavoletta con una balena semi- emersa dall’acqua, interessante in quanto la fauna acquatica costituisce un motivo non comune nella decorazione di pettenelle. L’ultima tavoletta presenta la scritta “domino” costruita utilizzando un alfabeto misto, con alcuni caratteri propri delle scritture umanistiche, tanto maiuscoli che minuscoli. Pure se poche sono le pettenelle superstiti, è evidente tuttavia l’eterogeneità nella scelta dei soggetti che animano il soffitto in esame. Infatti, presupponendo un’iterazione tipologica degli unica pervenuti, a scene reali avrebbero fatto da contrappunto figure fantastiche o esotiche, teste, scritte, secondo una modalità che ricorre non solo in altri soffitti lignei policromi ma anche nella decorazione parietale ad affresco, testimoni del gusto tipico del tardo gotico per la contrapposizione tra naturale e meraviglioso.
Fratta de Tomas F., Soffitti lignei in Friuli fra Medioevo e Rinascimento, Cinisello Balsamo (MI) 2019
Fratta de Tomas F., Di prati in fiore, balene "et altre maraviglie": un inedito soffitto dipinto cividalese della prima metà del Quattrocento., in Un Medioevo in lungo e in largo. Da Bisanzio all'Occidente (VI-XVI secolo). Studi per Valentino Pace, Pisa 2014