La statua ritrae Napoleone Bonaparte in veste di Marte pacificatore, raffigurandolo nudo, con il capo rivolto verso la spalla destra. Nella mano tenuta discosta dal corpo l'eroe regge una sfera, mentre la sinistra è stretta intorno all'asta sormontata dall'insegna dell'aquila. Dalla spalla sinistra discende lungo il fianco un manto drappeggiato, mentre sull'altro lato accanto alla figura è posto un tronco d'albero.
Il gesso è probabilmente un calco, ricavato da Canova stesso, del modellino in terracotta originale, oggi non più reperibile, per la statua colossale di Napoleone come Marte pacificatore, scolpita da Canova prima in marmo (1803-1806, Londra, Apsley House), quindi fusa in bronzo (1809, Milano, Brera). L'opera originale in marmo, alta quasi tre metri e mezzo, fu eseguita tra il 1803 e il 1806, in seguito alla commissione di un ritratto da parte dell'imperatore (1802). Secondo il Cicognara, Canova trasse ispirazione da un Atleta ellenistico degli Uffizi, ma non è da escludersi un richiamo all'imperatore Augusto, portatore di pace dopo una fase di guerre civili. Il modellino potrebbe essere stato eseguito tra il 1802 e il 1803, dato che il modello grande fu esposto nello studio nel luglio 1803. Quando la statua fu portata a Parigi, nel 1811, Napoleone, che non gradiva di essere raffigurato ignudo, decise di non consentirne l'esposizione al pubblico e di depositarlo nei magazzini del Louvre. Il marmo fu acquistato dal governo inglese nel 1815 e poi donato a Lord Wellington, il vincitore di Waterloo, che lo collocò nella sua casa di Londra. La versione in bronzo fu commissionata a Canova nel 1807 dal viceré d'Italia Eugenio e giunse a Milano nel 1812. Dopo varie vicissitudini nel 1859 trovò collocazione nel cortile dell'Accademia di Belle Arti. Il bozzetto in gesso del Revoltella fu ceduto al museo dagli eredi dell'architetto Pietro Nobile, al quale era passato in proprietà dal barone Angelo Calafati, nominato nel 1813 intendente di Trieste e dell'Istria. Già nell'Ottocento sul gesso venne steso uno strato di pittura color avorio con lo scopo di fare assumere al modellino l'aspetto del marmo e di nascondere le tracce di colore rossastro lasciate dalla terracotta sulla quale era stato eseguito il calco. Anche l'esecuzione di una riproduzione in bronzo (pure nelle collezioni del Museo Revoltella) ha compromesso senz'altro la conservazione del pezzo.
Drigo A., Schede, in Il Museo Revoltella di Trieste, Vicenza 2004