SITO PLURISTRATIFICATO

Oggetto
SITO PLURISTRATIFICATO - insediamento abitativo
Denominazione
Monte di Buia
Localizzazione
Buja (UD) Monte
Cronologia
età preistorica - età del Bronzo; età romana - età rinascimentale
Indagini di scavo
Centro regionale di catalogazione e restauro del Friuli Venezia Giulia - 1980/07/16-1987/03/18
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia - 2004/09/20-21
Codice scheda
SI_3

Il Monte di Buia si presenta come un rilievo naturale “a tre punte”, con orientamento E-O. Le più antiche tracce di un insediamento umano si localizzano in località "Pidicuel", un avvallamento sito tra le pendici meridionali del Monte e la collina dei Pravìz. Nel corso dei decenni in questa zona sono stati recuperati, durante lavori agricoli, centinaia di utensili in selce (attrezzi, grattatoi, raschiatoi, bulini, lame, frecce...), frammenti di ceramica e materiali edilizi che rimandano a un insediamento preistorico. Si ha anche notizia di ulteriori ritrovamenti di simili oggetti litici nei terreni arativi presso Buia. Un secondo e più recente stanziamento è stato individuato presso l'estremità occidentale di Monte, in località Vals (da vallum ?), a 277 m slm, in posizione sovrastante la valletta di Pidicuel (MENIS 1982). Qui, tra la fitta vegetazione, si individuano i resti di un castelliere di forma pressappoco quadrangolare (100 metri ca. di lato), delimitato a E e O da un aggere con muri a secco e protetto a S e N dai pendii scoscesi del monte. La tipologia della struttura difensiva, insieme con alcuni reperti provenienti dalle vicinanze (tra i quali un pugnale, ora disperso), collocherebbe il castelliere di Vals nell'età del Bronzo, in attesa di un'eventuale esplorazione archeologica del sito che potrebbe precisarne la cronologia. Riguardo il periodo romano, la presenza umana sul colle è attestata sin da epoca repubblicana da numerosi rinvenimenti sporadici (urne cinerarie, iscrizioni, monete) ma soprattutto dai resti di un abitato rimesso in luce sul colle di San Lorenzo, nel sito della omonima chiesa. Gli scavi archeologici degli anni '80, i cui risultati sono in parte ancora visibili all'interno dell'aula, hanno evidenziato sotto il pavimento cinquecentesco una successione di fasi edilizie che dal periodo romano si protrae fino al XIII secolo (quando, per l’appunto, fu eretta la fabbrica romanica). Sembra che il luogo venisse occupato per la prima volta nella tarda età imperiale da un complesso produttivo-artigianale, comprendente una cisterna in muratura con volticina in cocciopesto e un "focolare”. Queste strutture, situate presso il perimetrale sud della chiesa, erano servite da una stradina lastricata che correva con andamento NO-SE, seguendo il naturale pendio del terreno. In un periodo di poco posteriore al primo impianto, il complesso, che certamente si estendeva oltre il perimetro della chiesa, fu ampliato verso est mediante la costruzione di un vano quadrangolare di incerte dimensioni, con pavimento in cocciopesto, delimitato da un muro in "opus incertum"; al suo esterno si impiantò una fornace, forse funzionale alla fusione di oggetti in bronzo. La presenza all’interno del vano di una vasca di forma leggermente ellittica (68x80 cm), profonda circa 40 cm, con l’imboccatura rivestita da pietre, ha fatto ritenere che l’ambiente avesse assunto, in una fase di posteriore a quella originaria, la funzione di aula di culto, provvista di vasca battesimale. Le aree poste a sud e a sud-est del complesso artigianale e dell’aula quadrangolare ospitarono una necropoli, le cui origini possono essere fissate, in base a scarsi elementi di corredo, intorno alla fine del VI sec. Questo cimitero, dove gli inumati erano deposti in piena terra entro fosse rettangolari talora delimitate da pietre, ha mostrato una continuità di vita fino al IX-X sec., allorché il suo margine orientale fu occupato da una costruzione absidata di modeste dimensioni e mal conservata, forse un’aula di culto, ovvero l’annesso di un più vasto complesso ecclesiastico. A partire da questo periodo, l’occupazione funeraria del sito sembra concentrarsi piuttosto nella zona orientale dell’area di scavo, laddove si è riscontrata una notevole densità di sepolture, con uso prevalente di casse di legno; questi elementi, insieme con gli oggetti di corredo, testimoniano un uso cimiteriale prolungatosi almeno fino al XIII-XIV sec., anche oltre la costruzione della chiesa romanica che inglobò tutte queste preesistenze. Il nuovo edificio cultuale, largo quanto l’attuale ma più corto circa di 20 metri, era concluso a est da un'abside semicircolare, all’esterno del quale si sviluppò un ulteriore nucleo di sepolture. Alla chiesa tardomedievale appartiene un “sacrarium” contenente numerose suppellettili liturgiche, dimesso agli inizi del XVII sec. Delle fortificazioni medievali che inglobarono il Monte di Buja, ricordato già a partire dal X secolo come “castellum”, rimangono pochi resti che, insieme con le fonti documentarie, consentono una sommaria ricostruzione dell’evoluzione del complesso difensivo, le cui origini si vorrebbero far risalire già al periodo romano (Menis). Nella fase di maggiore espansione, nel XIV sec., il “castrum cum suis fortiliciis” si articolava in tre punti strategici, corrispondenti alle tre vette del Monte, collegati fra loro e racchiusi nel perimetro di un’unica cortina (“murus zironi”), ancora testimoniata da ampi tratti di mura, soprattutto sul versante nord, presso il borgo abitato. Il colle orientale ospitava un fortilizio, del quale sussiste il tratto sud-orientale (lungh 40 m ca.; h max 8 m) consistente di un imponente recinto in muratura a sacco dello spessore di 1-1,5 metri, dotato di due porte, una posterla, una scala e feritoie. I colli di san Lorenzo e san Sebastiano, con le relative chiese, possedevano anche una propria cinta muraria. Nel primo caso, essa si conserva ancora lungo i fianchi dell’edificio di culto, pur nella sua ricostruzione cinquecentesca, quando alla facciata della pieve fu addossata anche una massiccia torre pentagonale. Riguardo l’altura maggiore, che costituiva il fulcro dell’intero sistema e conteneva, oltre alla chiesa medievale, anche una torre, un “palacium vetus” e un “palacium novum”, nessuna testimonianza materiale è sopravvissuta alle demolizioni degli inizi del XX secolo per la costruzione di un fortino militare. Fonti d'archivio registrano comunque un progressivo abbandono delle sue strutture già agli inizi del XV secolo, al pari di quelle del fortilizio orientale, con l'unica eccezione della chiesetta mononave, restaurata ancora nel XV secolo e ancora in piedi fino ai primi anni del '900.

Il Monte di Buia, al centro di una fertile pianura, fu occupato sin dalla preistoria. Il primitivo abitato del Pidicuel, localizzato alle falde meridionale del monte, sarebbe stato abbandonato intorno al 2000-1000 a.C. per una sede più eminente e sicura, dando vita alla costruzione del prospiciente castelliere di Vals (MENIS 1982; MENIS 1984). Gli scavi della pieve di San Lorenzo hanno fornito l'unica documentazione puntuale circa il periodo romano. Secondo la ricostruzione del Menis (MENIS 1982; MENIS 1995), durante l'età imperiale, non oltre il V sec., il pianoro situato subito a ovest della sommità del colle di San Lorenzo fu occupato per la prima volta da un complesso d’uso abitativo – artigianale. Tra il VII e l’VIII sec., sfruttando in parte le strutture preesistenti, si installarono nell’area un edificio di culto a aula unica anabside, dotato di fonte battesimale e una necropoli a cielo aperto. In un periodo genericamente collocato tra IX e X secolo, la primitiva "ecclesia baptismalis" fu abbandonata, forse a causa di un incendio, a favore di un nuovo edificio costruito pochi metri più a sud, presso il quale andò sviluppandosi un secondo sepocreto. L’intera area occupata da queste evidenze venne poi inglobata nel perimetro dell’edificio romanico, successivamente ampliato agli inizi del '500 con la costruzione di un nuovo presbiterio.

BIBLIOGRAFIA

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