INSEDIAMENTO, Castello feudale di seconda generazione

Oggetto
INSEDIAMENTO - castello
Denominazione
castello vecchio di Duino
Localizzazione
Duino Aurisina (TS)
Cronologia
secc. XII-XVIII d.C.
Ambito Culturale
Castello feudale di seconda generazione
Codice scheda
SI_73

Il castello vecchio di Duino, a pianta approssimativamente rettangolare, sorge sullo sperone roccioso soprastante l’omonimo porto. Le strutture sono impostate direttamente sul substrato roccioso, opportunamente adattato attraverso tagli artificiali. L’edificio principale, il mastio quadrangolare , è conservato in altezza per due piani. La struttura, edificata prevalentemente in calcare (con l'accasionale impiego di arenaria nelle coperture a volta e rari innesti in laterizio) con archivolti e imposte angolari di rinforzo, è in parte crollata in corrispondenza del lato Ovest, lasciando scoperta la sezione degli interni: in particolare è ben visibile l’organizzazione dell’ambiente al primo piano con copertura a volta in arenaria, destinato ad ospitare una piccola cappella illuminata da alcune finestre, due delle quali sono visibili anche all’esterno lungo i perimetrali Est e Nord; era decorata con affreschi policromi di cui restano ancora labili tracce e l’ingresso avveniva tramite una porta quadrangolare servita da un’ampia scala esterna impostata sul bastione di Sud-Ovest e appoggiata al perimetrale Sud. Lungo questo perimetrale si nota anche la porzione di un arco attraverso il quale, all’interno di un vano con copertura a volta, passava l’unico accesso al castello. Successivamente alla costruzione della torre è stata edificata la cortina che si addossa al suo angolo Nord-Est. Questa è organizzata con un bastione approssimativamente semicircolare, integrato da un ampio arco di scarico; era accessibile tramite due scale, una appoggiata al perimetrale Est della Torre, l’altra, scavata nella roccia, che saliva dalla corte interna del castello. Al bastione era connessa una muratura fornita di camminamenti interni protetti da merli (in parte restaurati) e attraversata da una piccola apertura che conduce ad un terrazzino sospeso sull’abisso. Il lato Est è scandito da uno stretto bastione fiancheggiato da arcature di restauro che si trovano laddove alcuni elementi superstiti lasciano intravedere l’esistenza di un edificio originario con copertura a volta del pianterreno, un possibile "palatium". Segue, presso l'angolo Sud-Est, un ampio bastione poligonale -edificato sempre in calcare ma con il consistente impiego di arenaria- che come quello di Sud-Ovest doveva essere integrato in un edificio di almeno un piano di altezza. Nel suo substrato roccioso è scavata l’unica cisterna del castello. L’esigua superficie del piazzale interno era in massima parte occupata da un edificio di forma rettangolare con probabili funzioni di servizio. Lungo il percorso che conduce all'accesso, originariamente ricavato sotto il mastio, sulla destra si nota un'area boschiva che termina con una scogliera a precipizio verticale. La vegetazione cela un sistema di terrazzi con originaria destinazione agricola. Il Pichler (1) descrisse inoltre una “borgata munita, che sorgeva presso al castel vecchio”. “La esistenza di quella risulta dal diligente esame fatto sul luogo. Tutta la lunga ed irregolare costiera che dalla parte del mare, cominciando dalla cittadella, va fino al termine dello scoglio sopra il porto, offre tracce di solide murature; e costruzioni non meno ardite si levavano dal lato opposto. Ivi si sono rivenute diverse quantità di monete patriarcali e avanzi infranti di rozze sculture. La ristrettezza medesima del castello fa già supporre da sè, che esso non fosse isolato e che la numerosa famiglia d’uomini d’arme e di servizio, da cui erano circondati quei facinorosi dinasti, se dimorava anche intorno alla torre romana che serve d’appoggio al castello dei Walsee-Torriani, in gran parte dovesse però concentrarsi intorno alla rôcca dei Duinati. Minime porzioni di queste fabbriche sono tutt’ora visibili. 1. PICHLER 1882, p. 83.

Il castello vecchio di Duino aveva un’importante funzione di controllo sul sistema portuale del Timavo e sulla viabilità ad esso connessa, ramificata tra il Friuli, Trieste e l’Istria. Probabilmente sostituì una precedente fortificazione di matrice romana ma insediata anche in epoca tardoantica e altomedievale nota come "Palazzo d'Attila", situata sull’altura che domina l’attuale Villaggio del Pescatore (vd. scheda 75). Nel corso del Bassomedioevo, l'impotanza strategica di questo settore costiero è testimoniata dalla costruzione da parte veneziana del castello di Belforte in un punto davanti all’imbocco delle foci del Timavo. Il castello era edificato prevalentemente in legno e vi potevano risiedere un centinaio di armigeri, un capitano, un notaio e servitori, assieme a mulini a braccia (1). La struttura rimase abbandonata probabilmente dal 1420 quando Venezia consolidò il proprio dominio sul Friuli; Nel 1493 il veneziano Marin Sanudo (2) descrisse “uno scoglio, sopra dil qual par le vestigie di uno castello che vi foe, over torion tondo e tuto mazìzo, chiamato Belguardo”. Il Degrassi riferisce che l’isola artificiale “ora è coperta in gran parte dall’acqua nelle massime alte maree e nessun vestigio si vede né del faro, né della torre veneziana”. (…) dell’isola non resta più visibile alcuna pietra, neanche quelle che il Kandler assicura d’aver viste, il materiale ò è stato asportato o giace sepolto sotto lo strato di melma” (3). Belforte controllava anche l'approdo legato al castello vecchio di Duino, la baia di Duino che secondo il Pichler (l’autore non da riferimenti cronologici) “dava riparo alle fuste ed ai legni corsari che i duinati facevano venire da Fiume” e che “venne in seguito ampliato con una forte diga; e sotto il provvido governo di Maria Teresa acquistò una certa importanza, dando anche alla dogana imperiale una buona entrata” (4). Di certo nel 1385 esistevano nel territorio di Duino saline e magazzini del sale poiché in quella data il figlio di Ugone IV di un certo Leonardo Vrass rinnovava un accordo con Ugone VI di Duino, rinunciando a tutte le pretensioni del padre e sue sulla rôcca inferiore di Duino, sulle saline, sui magazzini del sale, sugli ulivi e sopra una casa esistente da presso (5). I magazzini sono documentati ancora nel 1830 all’interno del porto (6) che proprio in quegli anni cessava di essere frequentato a favore dei nuovi approdi favoriti dall’apertura del canale della Rosica o Rosega (7) . Un altro settore costiero sensibile posto nelle vicinanze del castello vecchio di Duino era la baia di Sistiana. L’ampia insenatura era particolarmente riparata e, almeno nel XII secolo, è effettivamente attestata l’esistenza di un porto (“de Sistigliano”), da documenti inerenti dispute territoriali tra Trieste e Duino (8) II porto era connesso alla via carraia che proveniva da S. Giovanni del Timavo e avanzava in direzione di Trieste passando per Aurisina, S. Pelagio, S. Croce, Prosecco, Opicina, proseguendo poi per Longeva (9). In un documento datato a prima del 1582 è nominato il “saltarello” del Porto di Ristiano (10) e, riportando le note di una carta cinquecentesca, l’Ubaldini (11) osserva come nella “uallada d(e) sistiano” si trovassero il “saltarello Cap(itane)i” ed il “saltarello Tergestino(rum)”, vale a dire le reti da posta o peschiere del capitano di Duino ad Est, e della città di Trieste ad Ovest. Benché naturalmente ben munito, il porto di Sistiana non ebbe, almeno nel Bassomedioevo, uno sviluppo paragonabile a quello di S. Giovanni del Timavo, e la ragione andrebbe ricercata proprio nella sua posizione politicamente e militarmente insicura, al confine bellicoso tra Trieste e Duino. Nei documenti cinquecenteschi riguardanti il territorio del porto di Sistiana, in effetti, si fa riferimento, oltre alle attività di pesca ed allevamento ittico, alla coltura della vite, all’erbatico, al legnatico e al pascolo, configurando forse un ruolo dello scalo destinato in prevalenza alla distribuzione dei prodotti delle aree circonvicine (12). La situazione della baia di Sistiana nelle epoche precedenti è di difficile lettura e ci si può solo affidare al Kandler che tra numerosi resti d’epoca romana, ricorda “sul colle sovrastante il molo, traccia di munimento e frammenti di embrici” (13). Nell’immediato entroterra, lungo la via carraia, si trovava il castello di Sistiana, demolito completamente durante la Prima Guerra Mondiale. La struttura, come si deduce da alcune piante catastali e da una fotografia degli inizi del Novecento, aveva pianta rettangolare, con torri d’angolo e tipologicamente parrebbe inquadrabile tra il XVI e il XVII secolo. Molto probabilmente doveva essere il castello daziario tra il territorio di Trieste e quello di Duino (14). Dopo Sistiana, un altro approdo medievale era Canovella degli Zoppoli (15). E’ nominata costantemente assieme a Sistiana nelle dispute territoriali tra Trieste e la signoria di Duino ed il toponimo, ossia “cantinetta”, rivela la vocazione primaria della contrada alla vinicoltura, una delle fonti di reddito, assieme al sale, del territorio triestino. Nella zona di declivio alle spalle dell’attuale porticciolo sono in effetti conservati complessi sistemi di terrazzamento. Nel 1540 Mattia Hofer spinse i propri contadini a piantare vigneti in questa località, accampando precisi diritti territoriali fondati sull’esistenza di un confine con Trieste voluto presso la cosiddetta “Gran Creppa”, vale a dire il ciglione roccioso a Sud-Est di Canovella, inteso da parte duinate quale confine con Trieste; nel 1541 le vigne furono distrutte da cittadini triestini armati. La coltivazione tuttavia riprese ed una nuova incursione triestina si registra nel 1545, nella stessa circostanza in cui fu saccheggiato il porto del Timavo (vd. scheda 74). In una situazione confinaria che restava fluida e che l’intervento imperiale non contribuiva in alcun modo a chiarificare, nel 1558 e nel 1582 i triestini fecero eseguire ai villici duinati vendemmie forzate in Canovella, portando i vini a Trieste (16). Canovella era collegata con l’altipiano carsico e con il centro abitato di Aurisina, da una serie di sentieri indicati in carte del Cinquecento come tractori(um) sistian(um)e sbigo (17). 1 = JOPPI 1884. 2 = Itinerario di Marin Sanudo per la Terraferma Veneziana nell’anno MCCCCLXXXIII, Padova 1847. 3 = DEGRASSI 1925-26, p. 31, citando 5KANDLER 1885, p. 258; KANDLER 1864, p. 34. 4 = PICHLER 1882, p. 85. 5 = PICHLER 1882, p. 84. 6 = SCHMID 1992, p. 31: “(...) il già menzionato commissario Vittori, (...), registrava che il porto di Duino era “capace di 20 legni ciascheduno della portata di 600 staja di grano” e che “desso viene speso frequentato da barche cariche con merci per Gorizia, da pescatori, e da quelle cariche di sale, il quale viene sbarcato e riposto in un apposito fabbricato magazzeno, fabbricato tutto prossimo al detto porto per conto del fondo erariale”. 7 = SCHMID 1992, passim. 8 = Si fa riferimento alla sentenza del vescovo Dietemaro del 1139 -disponibile in una copia del XV secolo e quindi di dubbia autenticità-, nella lite tra Trieste e Dittalmo di Duino KANDLER CDI, n. 133: 1139, 20 giugno, Indizione II, Trieste. Confinazione fra il Comune di Trieste e li Signori di Duino; UBALDINI 1987, p. 12. La disputa confinaria si protrasse per lunghissimo tempo e, ancora nel 1583, in un decreto dell’arciduca Carlo di Stiria –che aveva riconosciuto il confine preteso dai triestini- si fa riferimento al “portus Sistiliani seu Cisiliani” (KANDLER 1861-64; vd. inoltre: TAMARO 1933, p. 21) e anche in documento riportato dall’Ubaldini (1987, pp. 15-19) e databile a prima del 1582, si specifica come “Il confine fra Trieste e Duino, è la strada carrizada che ua al porto di Sistiano sin’al Mare, e si distende p(er) il monte uerso di Longara”. 9 = UBALDINI 1987, p. 12. 10 = UBALDINI 1987, p. 16. 11 = UBALDINI 1987, passim. 12 = UBALDINI 1987, passim. 13 = KANDLER, SFORZI, Esplorazioni, n. 2, “Estratto dal Giornale di esplorazioni antiquarie”, p. 4. 14 = FOSCAN, VECCHIET 2000, pp. 157-159. 15 = UBALDINI 1987, p. 12, nota 10: il nome “Canovella” deriverebbe da canova o cavana, dal latino canipa, ossia cella vinaria. L’epiteto “de’ Zoppoli” “è recentissimo ed è stato aggiunto in ricordo del rinvenimento in loco di un esemplare di quelle imbarcazioni monoxili dette zoppoli, in uso sino ai primi decenni di questo secolo”. 16 = UBALDINI 1987, pp. 73-75. 17 = UBALDINI 1987, pp. 38, 49, Fig. 36.

BIBLIOGRAFIA

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