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I resti dell'impianto produttivo di Carlino vengono individuati nell'autunno del 1970 a seguito di lavori di sbancamento dell'area per il consolidamento degli argini del fiume Zellina. Il primo scavo viene programmato nel 1971. Secondo quanto riferisce Luisa Bertacchi vengono rinvenute sei fornaci rettangolari (si tratta in realtà di quattro forni di cui due a doppio corridoio), una con orientamento est-ovest e cinque nord-sud. Due fornaci circolari sono state individuate probabilmente nella zona orientale, ma vennero distrutte prima dello scavo. Nello stesso anno si rinvengono anche gli ambienti a sud dei forni e il pavimento a mosaico nella zona sud-occidentale. Nel 1975 lo scavo prosegue in particolare nell'area a est delle fornaci. In questa circostanza si rinviene una serie di strutture quadrate, realizzate con frammenti di tegole (interpretate come basi per pilastri) e, all'estremità nord-orientale della zona di scavo, quello che viene considerato lo scarico dell'ultima fase dell'impianto produttivo; da questo scarico proviene la maggior parte della ceramica invetriata. Nel 1983, con la ripresa delle ricerche, si aprono alcune trincee per indagare più a fondo le strutture precedentemente messe in luce; queste indagini, tuttavia, non aggiungono ulteriori conoscenze relativamente alle diverse componenti strutturali dell'impianto produttivo. Nel corso degli anni '90 il complesso di fornaci viene completamente raso al suolo a seguito della continuazione dei lavori di sbancamento della zona. Dal 2012 al 2015 sono stati realizzati nell'area nuovi saggi di scavo, il cui scopo iniziale era quello di verificare lo stato di conservazione dell'impianto produttivo messo in luce da Luisa Bertacchi per programmare un‘eventuale valorizzazione delle strutture archeologiche conservate. Dal punto di vista scientifico, la finalità principale era quella di rintracciare porzioni intatte di stratigrafia archeologica, che permettessero di recuperare, anche se in modo parziale, tutti i possibili dati per la ricostruzione della sequenza cronologica del sito. Le indagini condottte fino a questo momento hanno riportato alla luce i forni con orientamento nord-sud e, in particolare, le strutture riferibili ai praefurnia (conservate solo a livello fondazionale). E' stato inoltre possibile ritrovare e posizionare precisamente anche parte degli ambienti di lavoro individuati dalla Bertacchi a sud dei forni. Particolarmente interessante è risultato il ritrovamento, tramite la pulizia delle sezioni esposte, delle stratificazioni precedenti alla realizzazione di questa fase costruttiva, stratificazioni che testimoniano la lunga e complessa continuità di vita del sito.
Si tratta di un grosso complesso produttivo collegato a una villa rustica, databile dall'età romana a quella altomedievale. Sulla base delle strutture e dei materiali rinvenuti è stato possibile proporre una sequenza cronologica del complesso produttivo, di cui però, allo stato attuale delle ricerche, risulta pressoché impossibile definire la datazione in maniera più puntuale. Fase I: al primo periodo di frequentazione dell’area si possono assegnare la fornace con orientamento est-ovest e alcune delle strutture messe in luce nelle vicinanze. A questa fase è possibile attribuire, in via ipotetica, una produzione di materiali edilizi in terracotta e, in un periodo leggermente più tardo, di ceramica comune. Fase II: per l’evidente sovrapposizione di parte delle strutture a quelle della fase I, sono attribuibili ad un momento più tardo le tre fornaci con orientamento nord-sud insieme alle relative strutture accessorie, rappresentate dall’area-essiccatoio con pilastri, a est e a nord, dagli ambienti di piccole dimensioni, a sud dello scavo, dai vani pavimentati in cubetti in cotto, a ovest dei forni e dai lacerti di pavimentazione in tegoloni frammentari, conservati in almeno due punti dell’area. Si tratta, con ogni probabilità, di una fase di ristrutturazione degli impianti, cui va con ogni probabilità ricollegata la produzione della ceramica invetriata rinvenuta nello scarico messo in luce nell’area nord-orientale dello scavo. Fase III: ad un’ultima fase di frequentazione del sito produttivo è possibile assegnare un’ulteriore fornace, realizzata all’interno dell’area dei pilastri, quando questa non era più in funzione. La fornace era con ogni probabilità del tipo a catasta e ad essa viene associata la produzione di ceramica con tracce di invetriatura datata, sulla base dei confronti, al V – VI sec. d.C.. Più difficilmente collocabili nell’ambito della sequenza cronologica ipotizzata sono gli ambienti residenziali con mosaico messi in luce nell’area orientale dello scavo, apparentemente privi di rapporti fisici con il resto delle strutture e caratterizzati da un diverso orientamento. In via del tutto ipotetica, essi potrebbero essere ricollegati alla fornace di prima fase che, quindi, si potrebbe interpretare come struttura produttiva di modesta entità, annessa ad un impianto di carattere residenziale e funzionale alle esigenze interne della villa. La ristrutturazione di seconda fase, in cui l’impianto artigianale avrebbe raggiunto una dimensione quasi industriale, a scapito forse di una parte o dell’intero edificio residenziale, potrebbe essere messa in relazione con il declino dell’economia agricola del fondo e con una conseguente riconversione produttiva dell’area.
Bertacchi L., La ceramica invetriata di Carlino, in Milano capitale dell'impero romano, 286 - 402 d.C. Catalogo della Mostra (Milano, Palazzo Reale 24 gennaio - 22 aprile 1990), Milano 1990
Buora M., Una produzione di anfore a Carlino (Udine)?, in Aquileia Nostra, Aquileia (UD) 1988, 59
Bertacchi L., Presenze archeologiche romane nell’area meridionale del territorio di Aquileia, in Antichità Alto Adriatiche, Udine 1979, 15
Bertacchi L., La ceramica invetriata di Carlino, in Aquileia Nostra, Aquileia (UD) 1976, 47
Fornaci Chiamana, Le fornaci della Chiamana. Una fabbrica "di duemila anni fa", Trieste 2016
Magrini C./ Sbarra F., Le ceramiche invetriate di Carlino. Nuovo contributo allo studio di una produzione tardoantica, Firenze 2005