STRUTTURA DI FORTIFICAZIONE, età comunale

Oggetto
STRUTTURA DI FORTIFICAZIONE - cinta fortificativa
Denominazione
mura del Giardino del Capitano/Orto Lapidario
Localizzazione
Trieste (TS) Centro Antico
Cronologia
età tardoantica - sec. XVII d.C.
Ambito Culturale
età comunale
Indagini di scavo
Soprintendenza Archeologica F.V.G. - 1963/00/00
Codice scheda
SI_259

Questo sistema fortificato è costituito da un tratto di cortina ad angolo di lunghezza di poco superiore ai 200m, intercalato da torri, almeno due poligonali, ed una quadrata. Lungo il prospetto interno sono realizzati dei camminamenti serviti da scale in muratura, in alcuni tratti impostati su arcate cieche. L’analisi archeologico-stratigrafica, effettuata sulla torre quadrata e sui tratti di cortina ad essa adiacente, ha permesso di identificare alcune fasi storico-architettoniche che permettono di inquadrare l'evoluzione del complesso monumentale. Fase 1, isolata lungo il tratto di cortina immediatamente a destra della torre quadrata, è costituita da porzioni di una muratura in opera isodoma realizzata in conci in calcare riconducibili ad un edificio probabilmente di età tardoantica. Sono infatti riconoscibili alcuni elementi architettonici di reimpiego di epoca classica, tra i quali almeno un’epigrafe erasa. Su un concio si nota la data 1517, associata ad un bassorilievo raffigurante forse un volatile. La data è con ogni probabilità riferibile ad un intervento di restauro o di riedificazione del perimetro fortificato. La disposizione dei conci superstiti sembra introdurre all’esistenza di un’originaria apertura, forse una porta urbica. Fase 2: l'ipotetica l'apertura di Fase 1 è obliterata da un breve tratto di muratura, composto principalmente da elementi di reimpiego, in prevalenza calcarei. Fase 3: le strutture preesistenti (Fasi 1 ,2) vengono inglobate da un nuovo sistema difensivoi in arenaria, probabilmente di epoca medievale, del quale si conservano limitate porzioni murarie riconoscibili lungo il prospetto nord della torre quadrata. Sono realizzate in conci di modulo rettangolare, disposti su filari orizzontali. Fase 4: le strutture di Fase 3, evidentemente diroccate, vengono integrate in un nuovo sistema difensivo realizzato probabilmente in epoca post-medievale. Viene mantenuta la forma quadrata della torre, di matrice medievale, rinforzata con contrafforti e la cortina è integrata superiormente da feritoie aperte lungo la porzione superiore, distribuite ad intervalli regolari. La tecnica costruttiva è meno accurata di quella della fase precedente, con conci e bozze in arenaria, di dimensioni variabili, distribuite in filari sub-orizzontali, con l'impiego frequente di zeppe litiche e l'occasionale inserimento di conci in calcare.

Secondo un’interpretazione diffusa le strutture fortificate del Giardino del Capitano furono realizzate da Federico III negli ultimi anni del 1400; la nota epigrafe di Federico III che ricorda i lavori di restauro delle mura medievali (SCUSSA 1863, p. 21; Inscriptiones Italiae, Volumen X, Regio X, Fasciculus IV, Tergeste, nr. 21, Roma 1951) è stata interpretata in relazione all'ampliamento del Giardino del Capitano (il suo testo è uniformato a quello dell'epigrafe augustea del 33-32 d.C.: VISINTINI 1989, pp. 22-23). Secondo questa interpretazione il complesso dovrebbe quindi essere pensato come un ampliamento della cinta muraria originale che seguiva il percorso di contrada della Cattedrale. Tuttavia, l'analisi stratigrafica ha dimostrato come la sequenza costruttiva sia in realtà molto articolata, estesa probabilmente già a partire dal Tardoantico. Ireneo della Croce affermò che nell'area del Giardino del Capitano si trovavano “molte vestigia di memorie antiche fra l'altre, nella muraglia che riguardava il forte di S. Vito, poco distante dal terreno, appariva un cornicione di pietra bianca lungo più di 40 passi geometrici e largo tre piedi e mezzo, di bellissima fattura, indizio evidente che fosse in quel sito anticamente qualche magnifico edifizio e fabbrica sontuosa” (DELLA CROCE 1698, p. 272). Il cornicione è tutt’ora visibile, al di sopra del terrapieno addossato al perimetro del muro di cinta lungo via S. Lorenzo. Non è però riconducibile a preesistenze strutturali; si tratta piuttosto di un’operazione di reimpiego di elementi architettonici di pregio di epoca romana finalizzato al livellamento in fase di cantiere della porzione inferiore della muratura, con lo scopo di garantire una più solida base fondazionale ed un più regolare sviluppo verticale della cortina. I tratti di muratura ancora visibili al di sotto del cornicione non paiono diversi da quelli su di esso impostati; inoltre, lungo il lato Est della cortina gli elementi di cornicione sono sostituiti da altre componenti di reimpiego: semplici conci squadrati e semicolonne inserite di taglio nel prospetto murario. Tuttavia, quando Piero Sticotti seguì gli interventi di scavo diretti alla definizione del percorso di via S. Lorenzo ed alla costruzione degli edifici compresi tra essa e via S. Michele e di quelli che affiancano le due torri del lato Sud del Giardino del Capitano, isolò al di sotto della cortina conservata in alzato strutture di epoca romana che interpretò come mura urbiche. Queste erano realizzate in “corsi regolari d'arenaria. Lo zoccolo posava sul crostello ed era coronato da un cordone o cornicione di sagoma semplice ma robusta, alto m. 0,28 e composto di un listello di m. 0,08, di una gola di m. 0,135 e di un secondo listello inferiore di m 0,075, con un aggetto di 0,125. I singoli conci di questa cornice erano connessi colle superfici combacianti e lavorate a martellina lungo gli orli. Sopra il cordone si alzava il corpo principale del muro, del quale però, almeno nel tratto in vista, non v'è traccia. Le nuove mura sarebbero state quindi erette sullo zoccolo romano. Ciò sarà avvenuto anche per le torri”. Lo Sticotti asserisce che le mura romane furono realizzate nella tecnica a sacco ed è quindi probabile che in origine non furono edificate contro terra ma che sorgessero isolate rispetto al rilievo retrostante. Tornando all’Ireneo, questi sostenne inoltre che “fuori dalla porta del borgo di S. Lorenzo era eretta la statua di Fabio Severo (..) vicino a qual porta, nell'occasione che l'illustrissimo Sig Gio: Gregorio Co: di Herbestain capitano della città l'anno 1640 fece riedificare le diroccate mura di tal giardino dalla volontà del tempo atterrate e distrutte, si scoprissero moltissime pietre bianche tutte lavorate, di grandezza non ordinaria, quali, un'altra volta rimasero ricoperte dalla nuova muraglia privando l'avarizia dei muratori, non solo la città, ma noi altri insieme d'un prezioso tesoro, come sono le vestigia d'un antichità tanto celebre" (DELLA CROCE 1698, p. 272). Il Kandler (1829) riprese in parte l’interpretazione dell’Ireneo sostenendo che il muro del Giardino del Capitano, un’opera che sa di “alquanto d'antico, sebbene imperfetto lavoro”, ingloba strutture preesistenti ed in particolare, presso la torre quadrata “nel lato della muraglia verso mezzogiorno e propriamente nella direzione della via romana che in oggi porta a S. Giacomo e Zaule, vedesi una porta murata gli stipiti della quale di bianca pietra e di rilevante masso, sembrano indicare una porta di città. Sparse per la muraglia veggonsi pietre che facilmente si riconoscono del tempo romano e forse monumentali”. “Quella prima porta è senza dubbio quella di cui fece menzione l'Ireneo e da cui sospettata quella che nei tempi di mezzo denominata di S. Lorenzo era aperta; e con ragione poiché l'enumerazione delle antiche porte della nostra città che fanno i preziosi Statuti MS del nostro Civico Archivio convalida tale opinione”. Oltre alla base del monumento di Fabio Severo il Kandler (1829) cita il ritrovamento nell’area di “un monumento in parte inedito della gente Trosia (...) che nel costruire recentemente una casa in quella prossimità, venne a giorno un tronco di colonna e un capitello e che le fondamenta di quella casa medesima posavano su macerie di antichi monumenti, quali facilmente avrebbesi potuto ricuperare; e che un monumento della gente Gallonia ancora vi si conserva assieme ad altri pezzi di antichità”.Le strutture medievali sono in rapporto ai resti tardoromani e costituiscono l'imposta per le evoluzioni strutturali dell'epoca del dominio veneziano e asburgico.

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