Morghen Raffaello, XVIII

Oggetto
stampa
Soggetto
ultima cena
Autore
Morghen Raffaello (1758/ 1833) - incisore
Matteini Teodoro (1754/ 1831) - disegnatore
Leonardo da Vinci (1452/ 1519) - inventore
Editore
De Antoni Niccolò
Cronologia
1797 - 1800
Materia e tecnica
bulino - acquaforte
Misure impressione
mm - altezza 524, larghezza 935
Misure foglio
mm - altezza 584, larghezza 1400
Codice scheda
S_1484
Collocazione
San Giovanni al Natisone (UD)
Villa de Brandis
Museo pinacoteca comunale di Villa de Brandis
Iscrizioni

Tra i dipinti realizzati da Leonardo, l'affresco eseguito tra il 1494 e il1498 su una parete del refettorio del convento dei Domenicani di Santa Maria delle Grazie a Milano è senza dubbio quello che ha avuto più riproduzioni a stampa, fin dal XV secolo. Alla fine del Settecento, prima che Raffaello Morghen terminasse la sua stampa, dell'Ultima cena erano ad esempio in commercio le incisioni di William Ryland (1768) o di Domenico Aspari (1780), ma tutte erano giudicate inadeguate alla comprensione del grande, rovinato affresco di Leonardo. Sollecitato da numerosi artisti fiorentini, ilgranduca di Toscana Ferdinando III d'Asburgo Lorena commissionò nel 1794una nuova riproduzione dell'opera al già affermato incisore Raffaello Morghen, chiamato l'anno prima a Firenze per aprire una scuola d'incisione. Morghen non vide il dipinto originale, ma si affidò al disegno del pittore Teodoro Matteini, con il quale aveva già collaborato a Roma e del quale aveva riprodotto il quadro Angelica e Medoro. Inviato a Milano Matteini preferì prendere a modello non l'affresco originale di Leonardo, molto rovinatoe in parte ridipinto, ma la copia della Cena attribuita ad Andrea Solarioche si trovava nel convento dei Gerolamini di Castellazzo, eseguita versoil 1510-1514, distrutta durante la seconda guerra mondiale (ALBERICI 1984, pp. 51-52). Morghen "tre anni circa impiegò nel grandissimo rame della Cena [.] e lo pubblicò sul principio del 1800" (PALMERINI 1824, pp. 27-28).Il successo della grande incisione fu immediato e iniziò ancora prima chel'opera fosse terminata: il collaudato meccanismo di vendita per associazione o sottoscrizione aveva dato i suoi frutti e all'iniziale prezzo di 56franchi "vedendo il Morghen che questo suo lavoro gli riusciva a perfezione, tempo prima di ultimarlo ne portò il prezzo delle prove pei non associati a fr. 112, ed il duplo per le prove avanti lettere" (VALLARDI 1843, p.142). Il mercato dei collezionisti e amatori di stampe era infatti moltointeressato alle prove d'artista e le ricercava con insistenza e una precisa e accurata descrizione delle diverse fasi di realizzazione è data nel catalogo dell'allievo e agente di Morghen, Nicolò Palmerini, e da Santo Vallardi: "Acqua forte colla testa di un Apostolo finita a bulino. Prova rarissima quasi condotta a metà. Prova come sopra con tutte le figure quasi terminate, eccettuato alcune estremità, e tutta la tovaglia. Di questa provanon si tirarono che quattro soli esemplari [.]. Prima prova colle lettereaperte. Colle lettere chiuse, impressa in carta della Cina. Il Controcalco. [.] Le prime prove con le lettere ombreggiate non devono avere una virgola dopo il vobis nel testo di san Matteo. Di queste ne furono tirate circa cinquecento: in appresso vi fu posta la virgola, e se ne stampò un centinaio: fu quindi cancellata, giudicando facesse mal effetto tra le letteremajuscole del testo. Deve pure mancarvi un punto sotto la R del nome dell'incisore; punto che casualmente si fece nella bollitura del rame che di tempo in tempo si pratica, per levarne la tinta secca rimasta ne' tagli" (PALMERINI 1824, p. 46; VALLARDI 1843, pp. 142-143). La stampa veniva distribuita da Nicolò De Antoni, che aveva bottega a Roma, al n. 84 di Piazza diSpagna.Nonostante l'entusiasmo dimostrato dai contemporanei, tra i qualiil maestro di Morghen, Volpato, che la riteneva "bellissima" tanto "che più bella non può essere", non mancarono i giudizi negativi. Giuseppe Bossiad esempio, che pure possedeva l'intera collezione di 400 stampe di Morghen e pur considerandola "diligentissima", si rammaricava "di non trovarein questa insigne stampa espresso il carattere di Leonardo" (cfr. ALBERICI 1984, p. 51).