Schiavi Domenico, XVI/ XVII

Oggetto
stampa di invenzione
Soggetto
episodi del vecchio testamento
Autore
Schiavi Domenico (1718/ 1795) - incisore
Cronologia
1590 ca - 1610 ca
Codice scheda
S_4851
Collocazione
Udine (UD)
Castello di Udine
Civici Musei e Gallerie di Storia e Arte

Dopo gli anni di praticandato a Firenze presso lo Stradano, alla cui bottega fece pratica di cacce e di battaglie, Antonio Tempesta (1555 - Roma 1630) si trasferì a Roma verso il 1575 ove fu chiamato a partecipare alla decorazione della Galleria Geografica in Vaticano, in Palazzo Rospigliosi, in S. Giovanni de' Fiorentini, a Caprarola e a Tivoli. Alla formazione del suo gusto esornativo concorsero in un primo tempo i cartoni del suo maestro accanto allo studio del Bachiacca ma furono importanti per lui anche i cartoni dello Zuccari e dell'Allori. Accanto alle grandi imprese pittoriche, si fa soprattutto notare come incisore e inventore di battaglie, di cacce di animali, di tipici soggetti a serie mitologici o storici, resi con una tecnica non sempre raffinata ma illustrativamente assai efficace, così da far affermare più tardi al Baglione:"Quest'huomo ha arricchito con le sue virtù e co' suoi intagli tutte le parti del mondo e particolarmente la Fiandra, la Francia, la Germania e l'Italia, sì che molti si vagliono delle sue fatiche..." (BAGLIONE 1642, p. 398). Definito dalla maggior parte degli studiosi manierista, certamente avrà risentito di questa temperie culturale e artistica dominante nella Roma del secondo '500, ove l'incisione, dominata da un imperante fine riproduttivo, tendeva a manieratissimi effetti (BORRONI 1950, P. 258). Se ne distacca però, essendo tutta la sua opera tratta dalla sua invenzione, come sottolinea la Borroni, per cui nelle incisioni, nelle piccole serie intimistiche, comprese le scene bibliche, "oltre ad abile disegnatore si palesi ben più sincero e meno 'sbrigativo e manieroso' che non nelle sue pitture". Il Tempesta si differenzia altresì per l'assenza del bizzarro e del concettoso portati all'esagerazione, palesando comunque un orientamento verso i fiamminghi, ma in un modo tutto diverso: in lui il gusto per la decorazione, per l'illustrazione, per l'episodio ha il sopravvento con un nuovo modo di intendere la realtà, più determinato dal gusto fiorentino di esprimere momenti di vita in modo frizzante e macchiettistico. Diversamente dal manierismo, manca in lui la forma serpentinata; ogni elemento intellettualistico è assente nel Tempesta che è altresì lontano da quel realismo frammentario fatto di tanti particolari. Semmai più vicino a lui è il realismo delle ricerche naturalistiche di Santi di Tito anziché il naturalismo veristico dei fiamminghi. Dal punto di vista della tecinica incisoria, molti ne hanno sottolineato una certa asprezza nello stile [una disamina sulla fortuna storico-artistica di Antonio Tempesta in F. BORRONI, "Antonio Tempesta incisore" in "La Bibliofilia" LII (1950), pp. 241-263]. Kristeller giunse ad asserire che il Tempesta si servì bulinisticamente dell'acquaforte per poter più facilmente eseguire il suo lavoro. Così le sue incisioi si presentano con un aspetto 'aspro' come se l'esecuzione fosse stata piuttosto curata nel 'legno', individuando nella fantasia, il motivo dominante e ispiratore e, primo ad osservare, il pathos eroico spesso un po' schematico. Ma il tradizionale taglio di molte composizioni, quello di far avanzare il primo piano con figure in ombra mentre nello sfondo in piena luce si stagliano paesaggi con figurine gli sembrò strano e innaturale anche se atto a colpire lo spettatore" (KRISTELLER 1905, pp. 403-404). De Witt mise in risalto il connubio "fra un certo massiccio manierismo e la rapida agilità dell'attuazione, ... l'intento illustrativo delle sue stampe e la tecnica che si innesta sull'agile eclettismo dei fiamminghi... pur con riallacciamenti al fare ampio e franco carraccesco" (De WITT1938, pp. 166-167). Del Tempesta Bartsch annotò più di 1400 incisioni; la prima stampa datata, annota Michael Bury (BURY 1984, p. 190), risale al 1589, che apre un primo periodo in cui l'artista mantenne sia l'attività pittorica che quella grafica e incisoria, dedicandosi per quest'ultima a soggetti religiosi. Del 1593 è la sua veduta a volo d'uccello di Roma, stampata in dodici fogli. In seguito il Tempesta si interessò alle svariate possibilità offerte dal mercato della stampa a Roma di quel periodo. Inizialmente pubblicò egli stesso le sue incisioni, introducendo a Roma nuovi generi quali quello della caccia e della battaglia. Comparate alle incisioni del Borgianni e del Barocci, quelle del Tempesta rivelano una significativa mancanza di sottigliezza tonale nei loro effetti di sfumato. Progressivamente, il Tempesta andò intensificando una chiara separazione dello sfondo rispetto al secondo piano della composizione e una tendenza a massimizzare un senso di movimento e vitalità. L'isolamento di piccoli gruppi di figure sullo sfondo e la costruzione della composizione in profondità, che si nota nelle deliziose vignette con le Storie dell'Antico e Nuovo Testamento, permettono una visione più estesa delle scene rappresentate, si configura al meglio nelle scene militari per cui il Nostro è giustamente rinomato.

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BIBLIOGRAFIA

Ricci C./ Zucchini G., Guida di Bologna, Bologna 1968