in basso a destra: RIGHI
in basso a sinistra: 23/ 50
Tema assai frequente sia nella pittura che nella grafica di Federico Righi è la figura maschile intenta a suonare. Si tratta di personaggi, veri o mitologici, del mondo agreste: contadini e fauni. Come in questa stampa essi sono rappresentati frontalmente, eretti, a mezzo busto, con i gomiti sporgenti e l’espressione concentrata, gonfiando le guance e coprendo con le dita i fori sulla canna. Spesso soli, a volte avvicinati ad una compagna o ad un animale. Intorno nessun riferimento al paesaggio, se non la luna. Federico Righi, pittore autodidatta, iniziò ad esporre negli anni Trenta alle mostre sindacali di Gorizia e Trieste. Dopo la guerra fu ammesso per concorso alla XXIII Biennale di Venezia nel 1942, poi invitato nelle edizioni successive del 1948 e 1950. Frequentò l’ambiente veneziano, ma anche quello romano partecipando alle Quadriennali degli anni Cinquanta. A Milano conobbe il gallerista Ettore Gian Ferrari che nel 1962 gli organizzò una mostra personale accompagnata da un catalogo monografico. Anche se residente a Roma, Righi mantenne i rapporti con Trieste, dove fu impegnato nella decorazione degli interni di navi da crociera e come scenografo in due teatri della città. Lasciò la capitale solo negli anni Settanta quando acquistò, a Saciletto di Ruda (Udine) con la compagna Rosetta Czinner e il fotografo triestino Silvio Baldas, la villa storica Antonini Belgrado per farne un centro internazionale di grafica. Laboratorio, sede espositiva, scuola, luogo d’incontro per artisti, stampatori, giovani incisori, Righi ne fu direttore affiancato da un comitato direttivo e da uno artistico. Alla fine degli anni Settanta il Centro di Saciletto era riconosciuto per la qualità della produzione grafica e per le personalità importanti che in ruoli e momenti diversi lo frequentarono: Emilio Vedova, Armando Pizzinato, Marcello Mascherini, Fred Pittino, Fulvio Monai, Aurelia Gruber Benco, Giorgio De Cillia. Furono inoltre presentate mostre di Picasso, Joan Mirò, Giorgio De Chirico, Afro, Massimo Campigli, Anton Zoran Music, Mario Sironi. Lo stesso Righi espose dipinti, collages, disegni e stampe. Durante gli anni romani infatti aveva approfondito le tecniche dell’incisione e le sue acqueforti e litografie avevano ottenuto successo di critica e mercato. L’attività del Centro Internazionale d’Arte Grafica si ridusse a seguito dei primi problemi di salute dell’artista nel 1983, per poi concludersi definitivamente pochi anni dopo. Questa litografia, tirata in cinquanta copie (qui è la numero 23) rappresenta una figura accompagnata da un ariete. Il busto è coperto dalle dita con le nocche evidenti e dal piffero. Oltre alla firma e al numero di stampa sull’opera non ci sono iscrizioni utili per la datazione o per comprendere attraverso quali vie sia giunta a Elio Bartolini. Da un confronto con opere relative allo stesso soggetto, non prive di riferimenti a modelli picassiani, si può ipotizzare rappresenti il dio Pan, dai capelli e barba ispidi, sempre ritratto con il piffero, che Righi sostituisce al tradizionale flauto a più canne o siringa, e indicare il momento d’esecuzione tra la fine degli anni Sessanta e la prima metà del decennio successivo.
Elio Bartolini Arte, Elio Bartolini. La collezione d'arte della Città di Codroipo, Udine 2011
Federico Righi, Federico Righi nel centenario della nascita, Trieste 2008