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Sorto come impianto per la produzione di cellulosa autarchica ricavata dalla canna gentile da destinare alla produzione di fibre tessili artificiali, fino agli anni ’80 lo stabilimento ha prodotto materie prime per gran parte destinate all’industria tessile, anche nel campo delle fibre sintetiche, a base petrolchimica. Dagli anni ’90 la società decide di dismettere la chimica di base per dedicarsi totalmente alla chimica fine, a più alto valore aggiunto; ma questo non ha scongiurato la crisi.
Il complesso originario è disposto su una doppia fronte di oltre un chilometro, lungo un asse Est-Ovest, ed è chiuso ad Est dalla darsena, più oltre gli estesi impianti del soda-cloro. Gli impianti sorti successivamente hanno occupato l’area a Sud e la propaggine Est. Fino agli anni ’60 i nuovi fabbricati riprendono i motivi estetico-formali degli edifici storici, come il mattone faccia a vista e le finestrature quadrettate; in seguito spesso vengono utilizzati elementi prefabbricati destinati a contenere solo parte degli impianti che, per gran parte, si sviluppano all’esterno. I fabbricati storici hanno strutture orizzontali in c. a.; strutture verticali in muratura di mattoni e ossatura in c. a; copertura piana, a volta e a shed con ossatura portante a travi e capriate in c. a.; quelli successivi vedono un largo impiego di c. a., acciaio e elementi prefabbricati.
Fabbroni F./ Zamò P., La SAICI di Torviscosa (1937-1948). Capitale, Fascismo e movimento operaio, in Storia contemporanea in Friuli, Udine 1973, III, n. 4