Castello di Gradisca, Gradisca d'Isonzo

Localizzazione
Gradisca d'Isonzo (GO)
Oggetto
castello
Denominazione
Castello di Gradisca
Autore
attr.
Uso storico
abitazione - difensivo
Uso attuale
nessuno
Codice scheda
A_2131
Iscrizioni

Palazzo del Capitano. Coevo all’imponente edificio dell’Arsenale, il Palazzo del Capitano si colloca al centro del complesso del castello in quanto, appunto, edificio rappresentativo della fortezza di Gradisca: realizzato nella seconda metà del Cinquecento, è forse l’edificio meglio conservato dell’intera fortezza, poiché sottoposto a pesanti interventi di restauro negli anni ’80 del secolo scorso (che hanno previsto la demolizione del corpo aggiunto nel secolo XIX, di pari volumetria). A pianta rettangolare con torrette angolari, il fabbricato in origine adibito a residenza per il Capitano di Gradisca si sviluppa per quattro livelli fuori terra (di cui il piano terreno in parte seminterrato) e presenta strutture in elevato in pietra. Solai interpiano e copertura sono stati oggetto di rifacimenti e sostituzioni e di conseguenza ben poco si conserva degli orizzontamenti originari. Privo di elementi decorativi rilevanti, fatta eccezione per la cornice sommitale modanata, il palazzo conserva solo in parte le cornici lapidee originali, in gran parte perdute e/o sostituite nel corso dei restauri prima citati; i fori finestra sono prevalentemente quadrati e di piccole dimensioni (l’edificio fu trasformato in carcere nel corso del XIX secolo), ma divengono più ampi e rettangolari in corrispondenza dei fori porta o dello scalone monumentale, posto centralmente nella parte Ovest del fabbricato. Si rileva, infine, la presenza di uno scudo con stemma arciducale sopra il foro porta centinato a Est.

Caserma La Longa. Presente nel “Catastico del Stato Italiano” del de Buglioni, la caserma detta “La Longa” rappresenta uno dei fabbricati più antichi del complesso, essendo riconducibile al secolo XVII. Essa si colloca sul margine orientale della fortezza, in continuità con le mura della fortezza stessa e al di sopra dell’unica porta di accesso a questa. Con una pianta rettangolare molto sviluppata in senso longitudinale, la caserma si sviluppa per tre livelli fuori terra e presenta strutture in alzato in muratura mista, in pietra e laterizio. Utilizzato fin nel tardo ‘900 come abitazione per i soldati, il fabbricato è stato oggetto di ampliamenti nei primi decenni del secolo scorso e risulta privo di elementi decorativi, fatta eccezione per delle semplici lesene che scandiscono il piccolo avancorpo ad un solo livello nell’angolo Nord della caserma. Insieme al corpo di guardia e alla piccola chiesetta contigua, la caserma “La Longa” è uno degli edifici più gravemente compromessi del castello, con crolli parziali della copertura e dei solai interpiano.

Arsenale. L’edificio dell’Arsenale può dirsi coevo al cinquecentesco Palazzo del Capitano, poiché compare già nelle piante del XVII secolo e, in particolare, nel “Catastico del Stato Italiano” redatto dal de Buglioni nel 1681. Collocato a Ovest del complesso, a ridosso delle mura e del grande bastione angolare, l’edificio ha pianta rettangolare e presenta un avancorpo a Ovest posto in posizione centrale e ospitante corpo scale, servizi igienici e vani accessori. In origine, esso doveva svilupparsi per soli due piani fuori terra, mentre la configurazione attuale – con la sopraelevazione di ulteriori due livelli, è da ricondursi alle modifiche effettuate a cavallo dei secoli XVIII e XIX, quando il complesso del castello fu modificato per ospitare le prigioni di Stato; anche l’avancorpo di cui prima è probabilmente riconducibile a questa fase costruttiva, non essendo tracciato nelle cartografie precedenti. Le strutture verticali sono in muratura mista di pietra e laterizio, come facilmente deducibile dalle superfici ormai prive di strato di finitura. Prevale il laterizio nelle aree più soggette a modifiche, come la porzione terminale dei prospetti o laddove sia stato necessario intervenire per adeguamenti impiantistici. I solai in latero-cemento sono oggetto di sostituzione successiva all’epoca di realizzazione dell’edificio, mentre la copertura lignea con manto di copertura in coppi è stata oggetto di recenti interventi di messa in sicurezza. Si conservano lacerti della cornice sommitale, come visibile dal prospetto Ovest: modanata, era realizzata in stucco dipinto e doveva avere colore bianco crema, come deducibile dalle piccole porzioni rimaste in loco.
I fori finestra, rettangolari, si aprono con dimensioni e cadenza regolari sui prospetti e risultano privi di elementi decorativi, fatta eccezione per la cornice lapidea che perimetra le finestre dei piani terra, primo e secondo. Risultano ben leggibili sulle superfici a vista le piattabande di scarico in laterizio al di sopra di ciascun foro.
Originariamente, l’arsenale era costituito, per ciascun livello, da un unico ambiente libero, successivamente tripartito per necessità di riuso degli spazi. Tale modifica ha comportato l’apertura di tre fori porta sul prospetto principale, rivolto all’interno del complesso. La tripartizione, che si ripete su tutti i livelli, consente l’individuazione di due alloggi per ciascun piano.

Caserma austriaca. L’edificio oggi denominato “Caserma Austriaca” e collocato a Nord del complesso del castello compare nelle planimetrie di fine Settecento conservate all’Österreichisces Staatsarchiv, Kriegsarchiv di Vienna sotto il nome di “alloggio degli ufficiali d’artiglieria”. Anch’esso già presente nel “Catastico” tardo seicentesco del de Buglioni, il fabbricato è stato probabilmente oggetto di sopraelevazione di un livello e di ampliamento verso Nord: lo spazio, in origine occupato dal cortile, risulta oggi saturato da un volume di identica superficie, giustapposto con buona probabilità dopo il 1815 (anno in cui il castello viene trasformato in prigione di Stato). Anche le scale, inizialmente collocate nel corpo di fabbrica rettangolare originario, sono state successivamente spostate nel corpo aggiunto. Ad oggi presenta una pianta pressoché quadrata e si sviluppa per tre livelli fuori terra ed un piano sottotetto. L’edificio è privo di elementi decorativi: si conservano le cornici lapidee dei fori architettonici e la traccia di una probabile cornice marcapiano in stucco (leggibili, ancora, i laterizi sporgenti) tra i piani primo e secondo.
La caserma è stata oggetto di recenti interventi di messa in sicurezza, conclusisi nel 2021, che hanno previsto il rifacimento della copertura e l’applicazione di tirantature provvisionali in acciaio a consolidamento dei solai dei piani secondo e terzo.

Corpo di guardia. Collocato a destra dell’unico accesso alla fortezza interna, il corpo di guardia è costituito da un insieme di tre edifici, modificati con buona probabilità a seguito dell’insediarsi dell’XI Reggimento Bersaglieri nel 1925. Già nelle mappe di fine Settecento conservate all’Österreichisces Staatsarchiv, Kriegsarchiv di Vienna è leggibile un piccolo fabbricato a pianta rettangolare, coincidente grossomodo con la porzione centrale dell’attuale edificio.
Ad oggi il corpo di guardia è uno degli edifici più gravemente danneggiati del complesso, con evidenti problematiche di conservazione e di natura strutturale. Gli edifici più prossimi all’ingresso al complesso sono completamente privi di intonaco, rivelando le murature miste (pietra e laterizio) e una stratigrafia di modifiche avvenute nel tempo molto complessa. I fori porta e finestra, oggi murati, paiono essere il risultato di modifiche di aperture precedenti, ad arco, dal momento che sono ancora leggibili le ghiere ribassate in laterizio. Il fabbricato di testa, invece, conserva tracce di intonaco tinteggiato gravemente compromesso ed una cornice marcapiano in stucco. Gli interni non sono rilevabili, causa il cattivo stato di conservazione delle architetture ed il crollo parziale di coperture e solai interpiano.
Nel cortile individuato a Nord dal corpo di guardia e dai ruderi di altri edifici minori, infine, si colloca una vera da pozzo in pietra calcarea, ornata da un imponente aquila bifronte.

Chiesa di San Giuseppe (o dell’Ergastolo). La piccola chiesetta, collocata in corrispondenza del bastione meridionale del complesso del castello, conserva oggi unicamente la facciata ottocentesca, puntellata da opere provvisionali in legno. edificata nel corso del XVIII secolo, è stata poi ampliata verso l’interno del complesso nel 1844, conferendole una pianta quadrangolare irregolare e portando il prospetto in linea con l’adiacente caserma “La Longa”. A navata unica, esso risulta ugualmente tripartito da tre falsi archi racchiusi da lesene con capitello modanato e al cui interno si aprono tre fori porta centinati al piano terreno e tre finestre, centinate anch’esse, al livello superiore. Quest’ultime, come leggibile dalle poche tracce rimaste nel foro centrale, dovevano essere perimetrate da una cornice modanata in stucco: il grave stato di conservazione in cui la chiesa versa non permette di ricostruire pienamente l’apparato decorativo originario, ma le estese lacune dell’intonaco consentono al contrario la lettura della tessitura muraria. Al di sopra, terminano la facciata un timpano triangolare con piccolo oculo centrale (anch’esso in origine dotato di cornici modanate) ed un piccolo campaniletto a vela con decoro a voluta laterale.
Un corpo scala a nord consente l’accesso ai due livelli che ospitano le celle sotterranee, non rilevabili causa i gravi dissesti strutturali dei solai interpiano. Tali ambienti vengono illuminati da dei fori finestra leggibili sulle mura, lato esterno, dove un’ampia nicchia centinata racchiude i fori finestra dei piani interrati delle carceri. Altre finestre strombate si aprono sul lato settentrionale del bastione.

Sebbene il nome di Gradisca compaia già nelle mappe del XIII secolo, la fortezza è indissolubilmente legata alla Repubblica di Venezia. A seguito di contrasti con l’impero ottomano, la Serenissima decise di fondare Gradisca sfruttando il confine naturale dell’Isonzo, lungo il quale già aveva concentrato i propri sforzi realizzando nel 1473 un terrapieno ed una palizzata che dalla Mainizza fino a Fogliano fungessero da protezione all’esercito veneziano. Si trattava, tuttavia, di opere provvisorie e dopo la sconfitta del 1477, il governo veneziano deliberò la costruzione di una fortezza sul “collisello”, una propaggine carsica a strapiombo sul fiume: quattro provveditori (la massima carica del governo veneziano, che rappresenta lo Stato e le sue leggi), Domenico Giorgio, Candiano Bollani, Giovanni Emo e Zaccaria Barbaro vennero inviati sul posto per valutare la costruzione di un presidio permanente. Dal 1479, sotto la direzione degli ingegneri militari Enrico Gallo e Giovanni Borella e dello stesso provveditore Giovanni Emo ebbe inizio la realizzazione del primo nucleo fortificato e del suo borgo, costruito su una maglia regolare sul modello del castrum romano e con fabbricati modulari distribuiti lungo “rughe” ancor oggi esistenti. Marin Sanudo, cronachista e fonte storco-archivista preziosa, testimoniava che nel 1481 la fortezza poteva dirsi conclusa, mentre l’edificazione delle mura circostanti sarebbe durata per molti decenni ancora.
La ventennale tregua stipulata con i turchi scadde nel 1497: ripresero così la costruzione e l’ammodernamento (nel frattempo le tecniche di guerra erano cambiate) delle mura sotto la direzione dell’architetto Giacomo Contrin, il cui compito era quello di portare a compimento il perimetro delle fortificazioni verso Nord con l’edificazione dei due torrioni della Campana e di San Giorgio. Quest’ultimo venne realizzato sul sedime di preesistenti strutture, l’antica Porta di Farra, e il nuovo accesso alle mura, Porta Nuova appunto, fu realizzato lievemente più a Ovest. Si completava così un pentagono irregolare, dotato di sette torri, da Nord Est in ordine: torri di San Giorgio e della Campana (che racchiudono tutt’oggi Porta Nuova), torri del Palazzo (demolita) e della Calcina (che racchiudevano la non più esistente Porta occidentale), torri della Marcella, della Spiritata e del Portello, la più orientale. Sebbene pronta all’assedio, Gradisca non contrastò la nuova avanzata del nemico nel 1499: i soldati, infatti, preferirono non uscire dall’inviolata fortezza.
Il governo veneziano sulla fortezza ebbe tuttavia vita breve. Sconfitta dall’alleanza della Lega di Cambrai, nel 1511 la Serenissima cedette e la cittadella venne conquistata da Massimiliano I d’Asburgo: Gradisca diveniva così un capitanato controllato dalla casa d’Austria. Fu nominato capitano di Gradisca Niccolò II della Torre, dal 1512 al 1557, anno della sua morte: durante il suo governo furono riparati i danni di guerra, realizzate le mura interne attorno al collisello (dove già esistevano una caserma ed un arsenale veneziani) e ammodernate ulteriormente le mura per meglio contrastare le nuove tecniche belliche. Venne così nominato l’architetto Gerolamo Decio, già ispettore per il governo austriaco dei castelli e della Carniola, con lo specifico compito di provvedere alla riparazione dei castelli di Trieste, Gorizia e Gradisca. Mentre gli interventi contingenti sulle mura esterne, visto il timore di nuove incursioni, vennero immediatamente messi in atto, la realizzazione della fortezza interna ebbe inizio molto più tardi: la porta, unica, verso l’Isonzo riporta la data del 1546, mentre nel 1550 venne concluso il lato settentrionale e, nel 1555, completato il bastione angolare verso il centro cittadino.
Alla morte di Niccolò II il nuovo capitano di Gradisca fu Giovanni de Hojos, che diede la precedenza alla “cittadella interna”, completando il Palazzo del Capitano nel 1560: ad oggi non è stato possibile stabilire il nome del progettista di questa architettura, sebbene sia probabile individuarlo in Francesco da Pozzo, forse coadiuvato dal sovrintendente ai castelli imperiali Domenico de Lalio, entrambi presenti a Trieste in quegli anni. Un edificio di soli due piani, insieme ai preesistenti arsenale e magazzini, costituivano la cittadella militare. Poco più tardi il suo successore Giacomo de Attimis completò, invece, la sistemazione delle mura esterne.
Tra il 1615 e il 1617 la rivalità tra gli Asburgo e la Serenissima si riaccese nella “guerra gradiscana”, nel corso della quale – pur Gradisca resistendo all’assedio - gran parte degli edifici del borgo vennero distrutti. A seguito del conflitto la fortezza rimase pressoché immutata, fatta eccezione per la realizzazione nel corso del XVII secolo di un’ulteriore cinta protettiva e di tre rivellini rivolti a Nord-Ovest. Tuttavia i danni erano ingenti. Per far fronte alle ingenti spese della guerra, l’imperatore Ferdinando III d’Asburgo si vide costretto nel 1647 a vendere Gradisca ad un suo creditore, Giovanni Antonio di Eggenberg, che insieme ai suoi eredi la governò fino al 1717, elevandola da Capitanato a “Contea Principesca sovrana ed immediata dell’Impero Germanico”. Gli Eggenberg ne divennero proprietari a tutti gli effetti, con un’unica clausola: tenere in efficienza le fortificazioni, in modo da essere fruibili dalla casa d’Austria in caso di necessità. In questo fiorente periodo vennero promossi importanti interventi urbanistici e di edilizia pubblica, in particolare sotto il governo di Francesco Ulderico della Torre, capitano dal 1656 al 1695 a Gradisca: vennero realizzati la Loggia dei Mercanti, il Palazzo del Monte di Pietà e il Palazzo Torriani, allora residenza dei della Torre e oggi sede del municipio. Verso la fine del secolo, verosimilmente, vennero compiute le case de’ Portis, de’ Salamanca, Wassermann e la fastosa residenza dei de’ Comelli-Stuckenfeld, che arricchirono il centro cittadino di residenze nobiliari di pregio. Non solo: fece redigere nel 1681 il primo “Catastico del Stato di Gradisca”, fatto compilare da Guglielmo de Buglioni, la prima vera ed attendibile descrizione della città. È possibile identificare, infatti, gli edifici all’interno della cittadella: il Palazzo del Capitano al centro, il vecchio arsenale, la caserma “la Longa”, a sud dell’ingresso e altri edifici accessori.
Alla morte dell’ultimo erede Eggenberg, Gradisca tornò sotto il governo degli Asburgo e, nel 1754, venne riunificata alla contea di Gorizia. Pochi furono gli investimenti, se non per un rinforzo degli argini, mentre la fortezza venne in parte trasformata in carceri. Dal 1780, con le riforme introdotte da Maria Teresa, si prevedeva il miglioramento dell’apparato difensivo imperiale: è da ascriversi a questi anni, infatti, la sopraelevazione di due livelli e l’ammodernamento di Palazzo del Capitano. Alla fine del XVIII secolo, la fortezza era completa della Cappella di San Giuseppe e di tutti gli edifici già tracciati dal de Buglioni, adatta ad accogliere fino a cinquecento uomini.
Gradisca, messa sotto assedio dall’armata napoleonica del generale Bernadotte il 19 marzo 1797, fu fortemente danneggiata e presto conquistata. Dal 1805 passò così, per una breve parentesi temporale, sotto il dominio francese, sotto il quale venne realizzata nel 1809 una nuova caserma all’interno della fortezza, mentre “la Longa” fu adibita a castello. Non si registrò tuttavia nessuno sviluppo urbanistico significativo, e la città perse progressivamente la sua funzione strategico militare per diventare, infine, un centro amministrativo minore sotto il governo austriaco restaurato nel 1814. L’anno successivo l’imperatore Francesco I trasformò il castello in prigione di Stato che, verso la metà del secolo, venne ampliato in senso longitudinale per meglio sopperire alle nuove esigenze: nel 1868 il Palazzo del Capitano poteva ospitare fino a settecento prigionieri.
Si dovrà attendere la metà del XIX secolo per assistere alle prime, significative trasformazioni del centro storico. Tra il 1854 e il 1863 su ordine del generale Radetzky venne abbattuto il tratto di mura verso Ovest, demolendo la porta ed il Torrione del Palazzo, favorendo così uno sviluppo edilizio extra-moenia: in questo periodo, infatti, fu realizzato il parco cittadino e nuove ville che si affacciavano su di esso.
Il borgo fortificato venne, infine, fortemente danneggiato nel corso della Grande Guerra: nella ritirata di Caporetto dell’Ottobre 1917 del nobile palazzo settecentesco dei de’ Fin-Patuna rimase intatta solo la facciata anteriore mentre tutte le strutture retrostanti dovettero essere oggetto di una ricostruzione successiva; stessa sorte per la caserma sopra la Porta Nuova, ricostruita e trasformata in residenza negli anni ’30 del Novecento, così come per buona parte degli edifici del centro storico. Nell’immediato dopoguerra, più precisamente nel 1919, fu tolta l’epigrafe che dal 1555 troneggiava sulla porta del castello, mentre nel 1925 tornò ad essere caserma, ospitando l’11° Reggimento Bersaglieri dell’esercito italiano. In questa fase vennero rimossi l’intonaco giallo, simbolo asburgico, sbarramenti e cancelli, nonché si provvide alla pulitura delle mura e alla creazione di un camminamento nei pressi del Torrione della Marcella. Il Palazzo del Capitano sarebbe stato nuovamente utilizzato come carcere nel corso del secondo conflitto mondiale, quando ben ottocentocinquanta prigionieri vennero rinchiusi al suo interno.
Tornato al demanio militare nel secondo dopoguerra, il complesso del Castello venne adeguato in modo ospitare un reparto di Polizia, la Guardia di Finanza ed alcune residenze. Il grave stato manutentivo portò alla necessità di agire con urgenza, sul solo Palazzo del Capitano, che venne sottoposto a pesanti interventi di restauro tra il 1978 ed il 1984. Nel 2021, infine, è stato completato il ripristino di parte delle mura del “collisello”, rendendo possibile una passeggiata e la visita del parco interno.

Il complesso presenta strutture in elevato prevalentemente in muratura di pietra (Palazzo del Capitano, caserma austriaca, polveriera veneta) o in muratura mista (Arsenale, caserma "La Longa", corpo di guardia, chiesa di San Giuseppe). I solai interpiano degli edifici sono a prevalente struttura lignea, ad eccezione dei piani terreni dei principali fabbricati (Palazzo del Capitano e Arsenale), voltati, e dei piani superiori del Palazzo del Capitano, sostituiti in epoca recente con solai in laterocemento. Le coperture presentano perlopiù struttura lignea, con tavelle e manto di copertura in coppi, in laterizio.

BIBLIOGRAFIA

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GRADISCA, Gradisca : città fortezza, città giardino, Monfalcone (GO) 1999

VENEZIA NON GUERRA, "Venezia non è da guerra." L'Isontino, la società friulana e la Serenissima nella guerra di Gradisca (1615-1617), Udine 2008

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