Casa via Ascoli n. 20, Gorizia

Localizzazione
Gorizia (GO)
Oggetto
casa
Denominazione
Casa via Ascoli n. 20
Ambito culturale
maestranze locali
Uso storico
abitazioni
Uso attuale
abitazioni
Codice scheda
A_2360

La palazzina, sita al civico numero 20 di via Ascoli, è una delle più eleganti costruzioni settecentesche del ghetto ebraico di Gorizia. Collocato a poca distanza dalla sinagoga, l’edificio presenta una facciata dall’andamento che segue il profilo della strada, la quale curva leggermente prima di immettersi sul trasversale largo Pacassi. La via Ascoli, tra l’altro, in questo punto assume una leggera pendenza. Lo stabile, dalla forma planimetrica irregolare ma sostanzialmente assimilabile ad un rettangolo, si sviluppa in altezza per tre piani fuori terra, con l’aggiunta di un livello seminterrato e di un sottotetto. Il prospetto principale si caratterizza per la presenza di due ingressi: quello principale è contraddistinto da un ampio portale ad arco in conci di pietra ed è dotato di un portone a due ante di legno; quello a sinistra è invece più contenuto ed è definito da un arco ribassato in elementi di pietra. Le finestre sono distribuite regolarmente, tutte allineate verticalmente secondo uno schema rigoroso. Nelle aperture della facciata non si riscontrano particolari motivi decorativi. Tutte le finestre presentano una semplice cornice lineare di pietra, priva di modanature. Solo le finestre del primo piano sono dotate di una cimasa rettilinea modanata. Al primo piano, sopra al portale di ingresso, si affaccia un balconcino retto da mensole e protetto da una balaustrata di pietra. Il poggiolo è servito da una trifora ad archetti dal contorno in pietra con fregi, decorazioni e cimasa lineare e modanata. Un altro poggiolo al primo piano, a sinistra di quello centrale, presenta nella ringhiera in ferro battuto un grazioso motivo decorativo. L’apertura posta in corrispondenza del balconcino è contraddistinta dal profilo ad arco incorniciato da profili di pietra. Il portale principale conduce all’androne di ingresso che a sua volta, in fondo a sinistra, immette alle scale di collegamento dei piani superiori, tramite un varco arcuato. Il prospetto retrostante è rivolto verso il giardino di palazzo Attems. Questa facciata, a parte alcune finestre ad arco, non presenta elementi di pregio degni di nota. Da segnalare la presenza di una corte interna quadrangolare.

La casa sita in via Ascoli al civico numero 20, risale probabilmente al XVIII secolo e si trova in quello che fu il ghetto ebraico. La presenza ebraica a Gorizia si consolida a partire dal Cinquecento, quando gli ebrei cominciano a svolgere un ruolo economico sempre più importante, nonostante le limitazioni e gli editti di espulsione. L’antico quartiere ebraico, il primo nucleo in cui risiedono gli ebrei goriziani, è situato alle pendici del castello. Nel 1684, su ordine dell’imperatore Leopoldo I, viene istituito il ghetto, nella “contrada di San Giovanni”, in una zona della città situata verso il torrente Corno. Si tratta di una zona periferica che si adatta bene alla nuova destinazione: chiusa a nord e a ovest dal corso d’acqua e a sud dalla chiesa di San Giovanni. Il trasferimento definitivo delle famiglie ebree avviene nei due anni seguenti. Dalla fine del Settecento, con l’abolizione di ogni sorta di discriminazione religiosa, gli ebrei goriziani diventano pienamente partecipi della vita civile ed economica della città. Possono infatti svolgere liberamente qualunque mestiere, in particolare la produzione di seta e cera, l’oreficeria, la concia delle pelli, il prestito di denaro e il commercio. All’inizio dell’Ottocento, sotto la dominazione francese, il ghetto viene definitivamente abolito con l’estensione agli ebrei di tutti i diritti civili. La via principale del ghetto, intitolata nel 1880 a Graziadio Isaia Ascoli, noto glottologo di origine goriziana, in seguito ai provvedimenti razziali del 1938, nel 1940 viene rinominata via Tunisi. Durante l’occupazione nazista nel novembre del 1943 tutti gli ebrei rimasti in città vengono arrestati e deportati. La via riprende il nome di Ascoli solo nel 1950. La strada principale del ghetto, sviluppatasi a partire dal XVIII secolo, ancora oggi mantiene in gran parte il suo aspetto originario. Le strutture edilizie costituiscono un organismo continuo, dal quale si dipartono dei corpi perpendicolari all’asse stradale. I fronti strada si caratterizzano per le case alte, le cornici in pietra delle aperture, i caratteristici balconi in ferro battuto, il portone d’ingresso sormontato da un arco affiancato dai fori laterali a servizio dei locali a destinazione non abitativa. Al piano terra si trovavano le botteghe e ai piani superiori le abitazioni, mentre l’ultimo piano era la sede del setificio, una delle attività più fiorenti del ghetto, capace di impiegare centinaia di addetti, tra i quali molti cristiani. Nel 1728 – prima fra le altre di Gorizia - la via principale del ghetto viene pavimentata con un manto stradale in ciottoli. Qualche decennio dopo, nel 1756, sempre nel cuore del ghetto, viene costruita la sinagoga di rito ashkenazita, ricavata dall’ampliamento di un oratorio realizzato nel 1699. L’aspetto attuale dell’edificio, con il doppio portale di ingresso, il rosone e le tavole della legge in caratteri ebraici, è frutto del restauro realizzato dall’ingegnere Emilio Luzzatto nel 1894. Negli anni Cinquanta del Novecento, il quartiere viene risanato, a seguito della demolizione di alcuni edifici fatiscenti che sorgevano in aderenza alla sinagoga. Molte delle antiche case di via Ascoli, dopo decenni di abbandono e decadenza, sono state acquisite dall’attuale Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale e sono state oggetto di un accurato restauro. La casa al civico 20 è uno degli immobili più eleganti e ampi costruiti lungo la via Ascoli.

Muratura in pietrame intonacata. Strutture di orizzontamento e di copertura in travi di legno; manto in coppi di laterizio.

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BIBLIOGRAFIA

Roselli A., Il ghetto di Gorizia: edilizia e urbanistica, in Ha-tikvà: la speranza attraverso l'ebraismo goriziano, Monfalcone (GO) 1991

Spangher L., Il ghet, in Sot la Nape, Udine 1975, a. 27, n. 4

Dove si trova