Palazzo de Fin - Patuna, Gradisca d'Isonzo

Localizzazione
Gradisca d'Isonzo (GO)
Oggetto
palazzo
Denominazione
Palazzo de Fin - Patuna
Ambito culturale
maestranze locali
Uso attuale
attività commerciali - casa di civile abitazione
Codice scheda
A_4050
Iscrizioni

Palazzo de Fin – Patuna si colloca nella porzione occidentale di via Ciotti, l’antica contrada di piazza, ed è facilmente riconoscibile per il fastoso prospetto che vi si affaccia. Presenta una pianta sostanzialmente simmetrica, a “C”, frutto di una ricostruzione totale avvenuta nel primo dopoguerra e che racchiude posteriormente un vasto giardino privato. La simmetria planimetrica è ribadita anche in alzato: il prospetto di palazzo De Fin – Patuna è forse uno dei più significativi dell’intero centro storico cittadino, per estensione e per le soluzioni ornamentali adottate. Sono riconoscibili, infatti, un grande elemento centrale – che funge da asse di simmetria per l’intero impaginato del prospetto – e due terminazioni laterali, facilmente individuabili poiché terminanti con elementi curvilinei a una quota maggiore rispetto alla copertura dell’intero edificio. La porzione centrale del prospetto, nella quale si apre il grande portale sormontato dal balcone lapideo, è individuata da due lesene che paiono sorpassare la linea di gronda e terminare con un timpano a vela puramente decorativo. Il portale, cui si accede mediante due bassi gradini in pietra, presenta batacchi metallici con teste leonine e una piccola protome, sempre leonina, sulla sommità. È racchiuso lateralmente dalla sovrapposizione di una lesena e un pilastro, con fusto scanalato con motivi geometrici e culminante con una mensola che funge da capitello, a sua volta decorata da una voluta e da una foglia d’acanto, a supportare il soprastante balcone. Sulle due mensole laterali poggia la piana lapidea, modanata al bordo, del terrazzo, completato da un parapetto lapideo anch’esso modanato. L’accesso al balcone è possibile mediante l’alta porta finestra, individuata da un ricco apparato ornamentale in pietra calcarea: i due piedritti, completati circa a metà da una voluta che raccorda visivamente il foro architettonico con il parapetto, reggono un arco culminante con un mascherone barbuto in chiave, sormontato ancora da un timpano curvilineo con trabeazione modanata e lievemente aggettante nella porzione centrale, in corrispondenza della chiave di volta. Al di sopra di questo un ampio finestrone con cornice in pietra termina idealmente la facciata e tange la cornice sommitale, che curva in corrispondenza dell’elemento centrale e che funge da appoggio per il timpano superiore, caratterizzato da una terminazione a capanna, idealmente retta da due lesene tinteggiate di colore bianco, in contrasto cromatico con le superfici intonacate di colore rosa, completate da capitelli modanati, collegati tra loro da una cornice/trabeazione e che racchiudono il grande oculo cieco centrale. Lateralmente, il timpano si raccorda alla copertura a quota inferiore del resto dell’edificio tramite un profilo curvilineo, che termina a sua volta a contatto con le lesene di ordine gigante, che intercettano il palazzo per l’intera sua altezza, su cui poggiano vasi in pietra. I due corpi laterali, perfettamente simmetrici, sono perimetrati da cantonali a bugne sfalsate, per la maggior parte realizzate con intonaco bianco (in contrasto cromatico con il resto delle superfici intonacate): nella porzione d’angolo a Nord, dove il prospetto termina all’incrocio con la piccola via Doge Mocenigo, quasi tutte le bugne – fino all’imposta dei fori architettonici del piano secondo – sono costituite da veri cantonali in pietra calcarea. Al piano terra si apre una porta, rialzata rispetto alla quota della strada di un gradino, perimetrata da semplice cornice lapidea e sormontata da una trabeazione rettilinea, modanata e lievemente aggettante rispetto al filo facciata. Al di sopra di essa, un finto balconcino riprende i caratteri del terrazzo centrale: la finta balaustrina, i piedritti che terminano con un capitello il cui collarino riprende la trama di un triglifo, la trabeazione ad arco con voluta in chiave di volta, la trabeazione rettilinea modanata ribadiscono in chiave più sobria gli elementi già descritti per la porzione centrale. Infine, all’ultimo livello si apre una finestra con semplice cornice lapidea. Termina idealmente l’elemento angolare una cornice sommitale modanata, sormontata da un timpano curvilineo. Accanto alla porta finestra del primo piano è lasciata a vista la ghiera di un arco in laterizio, a testimonianza di una modifica costruttiva occorsa nel tempo o, con buona probabilità, dell’accorpamento o trasformazione di strutture preesistenti, prassi costruttiva ormai consolidata nel Settecento gradiscano. I restanti fori porta e finestra di palazzo de Fin – Patuna riprendono soluzioni formali analoghe, pur semplificate: cornice lapidea e trabeazione lievemente modanata per i fori dei piani terra e primo, semplice cornice lapidea per i fori finestra quadrati del livello sottotetto. Quest’ultima, inoltre, intercetta la cornice sommitale in stucco, di colore bianco, che insieme al finto basamento (sempre di colore bianco) lega idealmente e visivamente tutte le parti dell’edificio. Completa l’apparato decorativo, nella porzione a Nord del prospetto tra le finestre del primo piano, lo stemma della famiglia Patuna, riconoscibile dalla colomba.

Ascrivibile pienamente al XVIII secolo, palazzo de Fin – Patuna rappresenta uno degli ultimi interventi architettonici degni di nota all’interno del centro storico cittadino. Eretto come fastosa residenza, il palazzo fu fatto costruire dalla famiglia de Fin, di origine tedesca, la cui presenza a Gradisca si attesta fin dal 1615: Giulio de Fin, luogotenente alla fortezza nel corso della guerra gradiscana, fu nominato nel 1643 dall’imperatore Ferdinando III “barone dell’Impero” per i suoi meriti militari. Un suo discendente, l’omonimo Giulio de Fin, divenne vicecapitano accanto a Francesco Ulderico della Torre nella seconda metà del Seicento, sotto il governo degli Eggenberg. Estintasi la casata, fu Alessandro de Fin, capitano di Gradisca dal 1744 al 1754, a garantire circa un ventennio di autonomia di Gradisca prima che fosse definitivamente accorpata alla Contea di Gorizia. Per le soluzioni formali adottate, Palazzo de Fin è riconducibile alla prima metà del Settecento: sebbene non si conoscano il nome né del progettista, né del committente, è chiaro che si tratti della residenza di una famiglia molto in vista all’interno dell’enclave nobiliare gradiscana. Nel 1790 il suo salone fu ulteriormente arricchito da affreschi che portano la firma di Matteo Furlanetto, conservatisi oggi solo in parte. Il palazzo, inoltre, fu scelto da Napoleone Bonaparte come residenza per trascorrervi la notte del 20 marzo 1797, dopo aver conquistato la fortezza di Gradisca. Nel 1809 Palazzo de Fin fu acquistato da Bartolomeo Patunà, medico, giunto a Gradisca nel 1769 per esercitare la propria professione. La famiglia Patunà, poi divenuta Patuna (da cui il nome del palazzo), divenne proprietaria del granaio cittadino, trasformandolo in teatro dal 1811. Appartengono alla famiglia Valentino, proprietario della drogheria aperta nel 1877, Ettore, fondatore della Farmacia “Alla Quercia” nel 1919 (oggi spostata nell’attiguo palazzo de’ Brumatti), fratelli, entrambi appassionati di storia e profondi conoscitori delle vicende gradiscane, e Bruno, fondatore dell’Enoteca all’interno dell’antico Palazzo dei provveditori Veneti e della Galleria Spazzapan, in un’ala del monumentale Palazzo Torriani. Nel corso della ritirata di Caporetto dell’ottobre 1917, Palazzo de Fin – Patuna fu duramente colpito, come oltre la metà degli edifici del centro storico cittadino. Soltanto la facciata principale e poche altre strutture ressero all’incendio, così come soltanto una parte dell’affresco del salone al primo piano poté essere recuperato. La configurazione oggi visibile è dunque frutto della ricostruzione avvenuta nel primo dopoguerra, a partire dal 1922.

L'edificio, distribuito su due livelli e piano sottotetto, presenta strutture in elevato in muratura continua mista, in laterizio e pietra, intonacata e tinteggiata di colore rosa. Il prospetto principale termina con timpani laterali curvilinei e centrale a capanna, a vela.

BIBLIOGRAFIA

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