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Il bozzetto raffigura il fregio posto sulla parete dx della piscina olimpionica. Rappresenta da sinistra Apollo, l'auriga con tre cavalli rivolti verso sinistra, di cui quello posto all'estremità sinistra rampante verso l'alto. Nel mezzo, sotto una Minerva volante con scudo e lancia, stanno le figure di Ercole seduto e di Venere; a destra, in simmetria con il precedente gruppo equestre, tre cavalli marini condotti da un auriga e rivolti verso destra. All'estremità destra del fregio si dispone il gruppo delle Tre muse. La zoccolatura sotto il fregio è costituita da marmo bardiglio, su cui si aprono due porte. Sul fondo grigio le figure sono campite con colori bianchi, neri, ocra e pochi tratti blu che riprendono il colore della piscina.
Il bozzetto colorato si riferisce al fregio della parete dx della piscina olimpionica raffigurante divinità mitologiche greche alludenti alla forza, all'intelligenza, alle arti e ai numi protettori delle acque. Nell'elaborazione del fregio, posto a metà circa della parete a destra dell'ingresso, l'unica non forata da finestre, si susseguivano gruppi di figure mitologiche disposte con criteri rigidamente simmetrici. Dalla destra alla sinistra si distinguono infatti la figura di Apollo, un gruppo di cavalli con auriga, Ercole, una Minerva volante, Venere, un gruppo di cavalli marini con auriga, il gruppo delle Muse. I "murali" di Sironi, Cagli e Funi furono i modelli di Canevari, che però nel fregio seppe ricreare il classicismo monumentale grazie alla resa plastica e alla disposizione paratattica. Il cartone rappresenta la prima versione del fregio che, durante i lavori protrattisi dal 1935 al 1937, subì alcune modifiche in corso d'opera. La più notevole fu la sostituzione della figura di Ercole seduto con quella di Nettuno con il tridente come si evince dalla relazione tecnica del febbraio 19 36 e da una lettera di Alfio Tambosso dove scrive di attendere Ercole, cioè Nettuno (ASM, b. 70, part. 57, Lettera di A. Tambosso a A. Baldini, Roma 4 marzo 1936). Le parti più complesse della decorazione della piscina risultarono il fregio della parete principale e le figure di atleti su quelle laterali, su cartoni di Angelo Canevari, che in questo lavoro aveva impegnato molto della sua reputazione artistica (lettera di A. Cane vari a A. Baldini, Roma 28 dicembre 1934). I mosaici parietali, eseguiti con tessere colorate a smalto, occupavano gli angoli della piscina e la parete alla destra dell'ingresso. Le parti centrali delle pareti lunghe erano infatti occupate dalla tribuna e dalle ampie porte finestre, una pare te corta era finestrata e quindi il fregio fu posto su quella opposta. Le vicende della decorazione delle piscine sono esaurientemente documentate nell'archivio della scuola, permettendone una puntuale ricostruzione (pe r esse si rimanda al la scheda n. 19). Relativamente al fregio del bozzetto schedato, Canevari scrive che la superficie da ricoprire era di mq 1.127 e comprendeva "il rivestimento di fondo in marmo in un'enorme sfumatura di toni grigi-bianchi, sul quale verranno incastrate le figure in smalto colorate, una 50ina (si c) in tutto di m 3.50 di altezza massima". La quantità enorme di lavoro doveva essere completata entro il 21 aprile 1935 in occasione dei Littoriali e il 23 novembre sera Renato Ricci aveva incaricato Canevari di informare Baldini del lavoro acciocché la scuola si potesse organizzare per un lavoro "a rotazione tra consegna dei cartoni, lavorazione e messa in opera". Nell'offrire alla scuola di Spilimbergo l'opportunità del lavoro Canevari sottolineava: "Questa è la volta, caro Baldini, che la scuola di Spilimbergo passerà alla Storia, e se ciò gli costerà qualche sacrificio, pensi al valore morale e alla rinomanza mondiale che potete ottenere". In un primo m omento Baldini ritenne impossibile assumere la commessa poiché il tempo a disposizione era insufficiente e la scuola era già impegnata nei lavori al la Casa delle Armi. Per vincerne le resistenze Canevari esercitò tutte le sue doti di convincimento. Invitò Baldini " a fare l'impossibile" (part. 56, lettera di A. Canevari a A. Baldini, Rom a 27 novembre 1934) per non dividere l'incarico tra la scuola di Spilimbergo e altre scuole di mosaico, evidenziò il suo affiatamento con Baldini tanto che il ricominciare di nuovo con qualche altro mosaicista avrebbe nuociuto all'opera. Fece appello "al le prove magnifiche di celerità e di devozione" già offerte a R. Ricci, che comunque non aveva saldato le pendenze con Spilimbergo. Affermò di avere già pronti i bozzetti di massima e assicurò (proprio lui sempre in ritardo!) di fornire entro gennaio 1936 la metà dei cartoni al vero; nello stesso giorno avrebbe spedito "i lucidi d ei bozzetti così che lei possa fare approssimativamente un calcolo e si renda conto del lavoro un po' meno vagamente che a parole". Baldini continuò a nicchiare, probabilmente per ottenere alcune concessioni, scrisse in fatti a Canevari che dopo aver ricevuto i lucidi "sono avvilito più di lei poiché tutta la mia volontà cozza contro una barriera insormontabile" (part. 56, Lettera di A. Baldini a A. Canevari, Spilimbergo 29 novembre 1934) costituita dai termini di tempo troppo stretti. Nella missiva infatti, egli tende a dilazionare i termini di appalto dei lavori. Baldini scrisse che non erano stati calcolati i tempi della posa in opera e che la fornitura degli smalti aveva dei tempi tecnici non restringibili. (segue in OSS)
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